Ricordando Acquaviva - A sessant'anni dal vile assassinio del nostro Mario

A poco più di tre mesi dall'assassinio di Fausto Atti, da noi ricordato nel precedente numero di Battaglia, un altro militante del nostro partito cadeva, sessant'anni fa, in un vile agguato sotto i colpi del nazional-comunismo e dello stalinismo.

Era l'11 luglio 1945 quando, a Casale Monferrato, Mario rientrava a casa dal lavoro dopo le 18 (era direttore della Società Prodotti Chimici Tazzetti). Improvvisamente veniva avvicinato da uno sconosciuto in bicicletta che gli sparava contro a bruciapelo sei colpi di rivoltella, tre dei quali all'addome. L'assassino fuggiva gridando: "Al fascista, al fascista!". Gravemente ferito, Mario fu portato in ospedale dove, sempre cosciente e sereno, spirava in serata circondato dalla moglie e da alcuni compagni che avevano immediatamente saputo del tragico agguato.

Mario Acquaviva (i compagni lo chiamavano Paolo) era nato nel 1900 ad Acquapendente (Viterbo) da una antica famiglia napoletana. Entrato nella Federazione giovanile comunista a Livorno nel 1921, era poi passato nel P.C.d'Italia e per le sue non comuni qualità gli fu affidato il comando della Federazione comunista di Asti, in piena reazione fascista. Con pochi altri giovani e con un lavoro tenace e paziente, creò nell'Astigiano una organizzazione agguerrita ed efficiente. Fu arrestato nel 1926 e nel settembre del 1927 fu condannato dal Tribunale Speciale a otto anni e sei mesi di prigionia. La sua incrollabile fermezza d'animo e la sua serenità morale gli fecero rifiutare ogni domanda di grazia. Passò così sei anni in diverse patrie galere (Avellino, Finalborgo, Saluzzo e Pallanza) e uscì dal carcere solo con l'Amnistia del Decennale (ottobre 1932). Mario ricordava quegli anni come il periodo della sua maturazione ideologica e della sua presa di posizione politica contro la degenerazione centrista che aveva colpito irrimediabilmente il Partito, prima con Gramsci e poi con Togliatti. Nel 1931, ancora detenuto nel carcere di Pallanza, aveva dato le dimissioni da quello che non poteva più considerare come il partito della classe operaia nella lotta per il comunismo. Più che mai battagliero e intransigente, Mario uscì dal carcere ricominciando un paziente lavoro clandestino di propaganda, di chiarificazione teorica e politica, nonostante il clima avvelenato del fronte-popolarismo picista. Costituì un piccolo nucleo di compagni preparati e saldi sulle posizioni della Sinistra comunista, convinto che il cerchio del completo isolamento si sarebbe presto rotto. Nel gennaio 1943, finalmente, avvennero i suoi primi contatti con i compagni internazionalisti e quindi la sua totale adesione al Partito comunista internazionalista che si andava costituendo nel Settentrione. La storia di Mario Acquaviva in quegli ultimi due anni e mezzo di vita è strettamente confusa con quella stessa del nostro Partito. È chiamato a far parte del Comitato Centrale; è nominato Segretario regionale per il Piemonte; è l'anima oltre che della Federazione astigiana e della Sezione Casalese, di tutto il movimento comunista internazionalista nel Piemonte e, in generale, dell'Alta Italia. Durante il periodo repubblichino fascista Mario viene di nuovo arrestato con alcuni esponenti dell'antifascismo ufficiale e in seguito rilasciato assieme agli altri. Dall'ottobre 1944 al 25 aprile 1945 fu costretto a darsi alla macchia perché nuovamente ricercato.

Ma la sua attività di propagandista e organizzatore continuò instancabilmente, viaggiando fra Torino, Asti, Casale, Milano e Piombino. La sua energia, la sua ferma volontà di lottare senza alcun compromesso opportunistico, soltanto ed unicamente rivolto alla causa del comunismo, e soprattutto la sua chiarezza ideologica, attirarono su di lui la rabbiosa reazione del Pci.

Ingiurie, calunnie e minacce di rappresaglia con sollecitazioni a "rientrare" nel Partito di Togliatti, si alternavano nel più puro stile stalinista e fascista. Sempre e comunque definendolo una "canaglia fascista" e una "spia al soldo dei nazifascisti": come tale era stato denunciato ai lavoratori in un volantino picista dell'estate 1944 e nello stesso tempo, indirettamente, segnalato alla polizia. Infine, pochi giorni prima dell'assassinio, nella sezione casalese del Pci, gli veniva ricordato che stava "infangando il nome di comunista" e che il Partito di Togliatti aveva i propri Tribunali ed elementi pronti a fargli la pelle!

Una tale campagna di denigrazioni, di minacce e di istigazioni ebbe la sua conclusione tecnica in quella sera dell'11 luglio 1945, quando scattò l'esecuzione capitale del comunista internazionalista Mario Acquaviva. Era la tecnica della eliminazione fisica dell'avversario politico, tecnica che sempre ha caratterizzato l'azione delle forze controrivoluzionarie, tanto in vesti socialdemocratiche quanto staliniste.

Mario Acquaviva, Fausto Atti e molti altri comunisti internazionalisti sono caduti sul fronte della lotta di classe, vittime della rappresaglia borghese di stampo fascista e stalinista; in questo per mano dei servi più pericolosi del dominio capitalistico.

Tutti sono morti da militanti rivoluzionari e restano un esempio per tutti noi. "Continuate a lavorare, a lavorare...": furono queste le ultime parole di Acquaviva. E noi, compagni di ieri e di oggi, abbiamo continuato e continueremo a lavorare lungo la via che Mario e gli altri martiri del comunismo ci hanno indicato col sacrificio della loro stessa vita.

  • -- Nel Quaderno n.7 delle Edizioni Prometeo, "Lo scontro degli internazionalisti con lo stalinismo e le sue vittime" sono raccolte testimonianze e documenti tratti da numeri dell'epoca di Battaglia comunista che - iniziando la sua pubblicazione il 27 giugno 1945 - compie anch'essa 60 anni di ininterrotta presenza quale voce della Sinistra comunista italiana e organo del Partito comunista internazionalista.
dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.