Prima di Hiroshima e Nagasaki - A sessanta anni dal barbaro attacco atomico sul Giappone

Anche il 60° anniversario del tragico 6 agosto 1945 quando su Hiroshima fu sganciata la prima bomba atomica, seguita dopo tre giorni dalla seconda su Nagasaki, è stato ufficialmente ricordato con la consueta dose di lacrimevole ipocrisia e di falso giustificazionismo storico. Le atomiche (little boy fu battezzata la prima da quei buontemponi di americani e fat man - il ciccione - la seconda...) sarebbero state usate per salvare le vite di almeno 500mila soldati statunitensi, tanti i morti stimati per invadere il Giappone. Meglio quindi massacrare il maggior numero possibile di inermi civili giapponesi: “mors tua, vita mea” e sorvolando sul fatto che la resa incondizionata del Giappone - prima del 15 agosto - dipendeva solo dai termini imposti dagli Usa. E in seguito il generalissimo Mac Arthur (il “nuovo Cesare del Pacifico”), entusiasta per i risultati ottenuti, proporrà di sganciare altre atomiche sulla Corea del Nord e sulla Cina... Silenzio invece sui bombardamenti terroristici, quattro mesi prima, contro Tokyo e altre città del Giappone. Terroristici poiché il loro principale obiettivo era quello di costringere alla resa il nemico, sì, ma attraverso il massacro delle popolazioni civili. All’inizio della guerra, i giapponesi erano sicuri di estendere su tutto il Pacifico e buona parte dell’Asia la “sfera di prosperità comune di una più grande Asia orientale”. Questa certezza di vittoria era però praticamente svanita con una situazione militare disperata quando il 10 marzo 1945, dalla mezzanotte alle 2,40, 30 kmq di Tokyo furono rasi al suolo sotto una coltre ribollente di fiamme e di fumo, un torrente di fuoco rovesciato da 334 fortezze volanti B-29. Dopo poche ore di un vero e proprio inferno, in un deserto di cenere dal quale si alzava un insopportabile puzzo di carne bruciata, i morti ufficialmente accertati dalle autorità governative saranno 84mila (quasi 250mila per le autorità municipali); i dispersi tra 50 e 100mila. Passò addirittura in secondo piano quell’uragano di fuoco che si era già abbattuto in Germania su Amburgo, il 27 luglio 1943, quando alla periferia della città si sviluppò un calore di oltre 800 gradi: a Tokyo si superarono i 1.000 gradi. Migliaia di spezzoni M-47 al napalm furono lanciati sul centro della capitale giapponese, assieme a grappoli di migliaia di bombe da 50 chili dagli effetti disastrosi e migliaia di bombe di 250 chili, che esplodevano a trenta metri dal suolo scagliando spezzoni al napalm in tutte le direzioni. Tokio, con interi quartieri costruiti in legno, fu trasformata in un enorme altoforno; sulle zone attaccate - là dove si ammassavano fino a 140mila abitanti - vennero scagliate almeno 25 tonnellate (8.333 bombe) di magnesio per miglio quadrato. Le nove superfortezze colpite dai giapponesi, schiantandosi al suolo erano come bombe di sessanta tonnellate di metallo, magnesio, olio e migliaia di litri di benzina ad alto numero di ottani, e uccisero a loro volta migliaia di disgraziati. Le raffiche di aria rovente che si alzavano dall’inferno di Tokyo capovolsero a 2.000 metri di quota molti B-29; quelli che si trovavano a 1.500 metri di altezza vennero scagliati a 2.500/3.000 metri, dove ancora negli aerei si insinuava una strana nebbiolina color rosso sangue, un puzzo dolciastro di carne bruciata. Il 40% della città, 30 kmq, fu distrutto completamente dalle fiamme, lasciando una distesa di carboni ardenti e ceneri. I documenti fotografici esistenti sono sconvolgenti, scioccanti nelle riprese delle cataste di resti umani bruciati. I sopravissuti descrissero scene apocalittiche, esseri terrorizzati in fuga e divorati dalle fiamme in un cataclisma di orrore, con migliaia di corpi di uomini, donne e bambini fusi, carbonizzati o fatti a pezzi, avvolti in un denso fumo dal fetore nauseabondo, pesante e dolciastro; migliaia di corpi lessati vivi furono ripescati nei canali e nei fiumi dalle acque in ebollizione. Dove il fuoco non era arrivato, carni a brandelli e viscere sparse...

Alla fine di luglio altre 4 grandi città sono distrutte in proporzioni dal 40 al 65%: Nagoya, Osaka, Kobe, Yokohama, tutte incendiate dal 60 all’80%. I bombardamenti complessivamente incendiarono e rasero al suolo oltre 50 kmq di zone urbane e industriali sotto una pioggia di 10mila tonnellate di bombe. Gli aerei di scorta alle super-fortezze, non avendo avversari da abbattere, mitragliavano la folla che fuggiva per le strade. Il numero totale delle vittime raggiunse il milione. Nella notte del 13 aprile dello stesso anno (1945), 327 aerei B-29 tornarono a sorvolare Tokyo distruggendo altri 20 kmq della città; poi di nuovo, il mattino del 24 maggio, 520 aerei rovesciarono 3.646 tonnellate di bombe e, 48 ore dopo, altre 3.252 tonnellate di bombe M-77 del peso di 250 chili ciascuna: combinando la violenza esplosiva con quella incendiaria completarono la distruzione della città per altri 35 kmq. Un totale di sette grandi bombardamenti con il lancio complessivo di 11.836 tonnellate di bombe incendiarie. In seguito gli attacchi incendiari si rivolsero contro una sessantina di città minori, con popolazioni dalle 100mila alle 350mila unità e poi contro quelle con meno di 100mila.

Alla vigilia del lancio delle due atomiche, le superfortezze americane avevano distrutto in tutto 285 kmq di 69 città, lasciando senza tetto almeno 20 milioni di persone. Hiroshima e Nagasaki - che contribuirono per meno del 3% alla devastazione totale - arrivarono dopo 6 mesi di attacchi incendiari sulle città giapponesi, che provocarono tra l’inerme popolazione civile più del doppio di tutte le vittime subite dai militari giapponesi in 45 mesi di guerra. L’orrenda carneficina si concludeva così con altri 250mila morti (Hiroshima) e 170mila (Nagasaki). I vincitori, americani e inglesi, si ergeranno a giudici di quali fossero i “crimini contro l’umanità” e i diretti responsabili, dopo aver svolto la loro parte in quello sterminio di massa e di distruzione che fu la seconda guerra imperialista.

cd

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.