Il mercato mondiale del gas in subbuglio

Si ridisegnano i nuovi scenari per la commercializzazione del gas

Nella prospettiva dei continui aumenti di prezzo e delle difficoltà di rifornimento del petrolio, il piano energetico del governo americano ha posto la propria attenzione sulla produzione e commercializzazione interna del gas. Gli Usa possiedono grandi riserve nel loro sottosuolo, in parte trascurate fino ad oggi per i forti investimenti necessari al loro sfruttamento e per gli alti costi finali. Nella graduatoria mondiale sono preceduti da Iran, Russia, Qatar, Arabia Saudita e, potenzialmente, dall’Iraq. Ma dopo che negli ultimi due anni anche il prezzo di mercato del gas americano è salito di quasi il 50%, la sua vendita si è resa appetibile richiamando la sopita attenzione delle maggiori compagnie statunitensi. Siamo arrivati a più di 6 dollari/Mbtu, l’unità di misura che a una quotazione del petrolio Nymex attorno ai 50-55 dollari al barile fa corrispondere un costo del gas a 8-9 dollari. A questo punto, prevedendo un balzo in avanti della domanda di gas, le compagnie statunitensi, canadesi e messicane (Exxon Mobil, Chevron Texano, Royal Dutch/Shell, Conoco Phillips, Bp Usa, ecc.) si stanno concentrando sulla possibilità di sfruttamento dei giacimenti nelle aree federali protette (fra cui parchi, riserve indiane e aree artiche). Prende sempre più piede anche la commercia-lizzazione del gas proveniente dall’estero, con forti investimenti per impianti di liquefazione e rigassificazione a terra, per navi di trasporto del gnl (gas naturale liquido). Le zone interessate dalle importazioni sono in molti casi quelle già investite dalle attenzioni petrolifere, specie nel Sud Est asiatico: Malaysia, Indonesia, Australia, Mare di Timor, Qatar e Nigeria. Le importazioni di gnl per via mare cresceranno vertiginosamente, e per gli impianti di ricezione e per i terminali sulle coste americane si è aperta una frenetica corsa di progetti e finanziamenti. Intanto, anche le vicende politiche boliviane sono condizionate dalle riserve di gas presenti nel paese, le seconde dell’America Latina, stimate in circa 49 trilioni di piedi cubici (e 480 milioni di barili di petrolio). Attorno alle decine di miliardi di dollari che esse rappresentano, non mollano la loro presa le compagnie transnazio-nali che hanno siglato nel 1996 col governo boliviano 72 contratti capestro che dovrebbero scadere nel 2036, ad esaurimento delle riserve. Un aumento delle imposte sulla produzione in bocca di pozzo, una revisione dei contratti o una nazionalizzazione del gas, sono minacce sufficienti a scatenare scontri senza esclusione di colpi (compresi interventi mafiosi) fra le fazioni borghesi boliviane e gli inglesi (British Petroleum e British Gas) i francesi (Total) i nord-americani (Mobil ed Enron), gli spagnoli (Repsol) e la brasiliana Petrobas del presidente Lula. Tutti schierati a tutela degli interessi dei propri azionisti...

Non solo per il petrolio, dunque, ma anche per il gas la dipendenza energe-tica americana è destinata a crescere ed a farsi cruciale. Lo stesso sta accadendo anche per le altre maggiori potenze, dalla Russia alla Cina. Nelle ultime vicende ucraine, col nuovo governo che guarda alla Germania senza le intermediazioni di Mosca, le manovre attorno al commercio del gas sono evidenti. Il mercato russo si rivolge anche a Cina e Giappone, mentre la Gazprom russa guarda ad una redditizia fornitura verso la costa orientale dell’America, mentre già fornisce un quarto del fabbisogno di gas in Europa. Recente è l’accordo tra Mosca e Berlino per lo sviluppo del gasdotto del Baltico che trasporterà in Germania il gas dei giacimenti siberiani, sfruttando le acque internazionali e tagliando fuori Bielo-russia, Ucraina, Polonia e Repubbliche Baltiche. Il gasdotto, che sfrutterà il fondale del Mar Baltico, è cofinanziato da Gazprom e dalla società tedesca Wintershall che fa parte del colosso chimico Basf. Costo dell’operazione: circa 10 miliardi di dollari.

In Italia l’Eni ha ceduto a Gazprom la possibilità di vendere direttamente due miliardi di metri cubi di gas. L’amicizia fra Putin e Berlusconi da buoni frutti. Infine, un terminale di rigassificazione dovrebbe essere costruito a Brindisi dove già sono presenti grandi impianti energetici: due megacentrali a carbone (a Cerano e a Costa Morena), oltre all’insediamento del petrolchimico Enel. Sulla base di un vecchio accordo stipulato fra governo italiano e British gas, il gnl verrebbe trasportato dall’Egitto e dal Medio Oriente; a Brindisi si procederebbe allo stoccaggio e alla rigassificazione per circa 6 milioni di tonnellate annue. La costruzione dei terminali di ricezione, stoccaggio e vaporizzazione ha sollevato forti proteste dagli abitanti della zona, manifestazioni e denunce con alla testa il governatore della regione e il sindaco della città. L’attracco delle navi, che trasportano in media fra 70 e 140mila metri cubi di gas, richiede una gettata di un migliaio di metri cubi di cemento sul mare con un avanzamento della costa di circa 150mila metri quadrati e un inquinamento ambientale di forte gravità. Ma i profitti, manco a dirlo, saranno notevoli...

dc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.