Sull’ultima assemblea dell’ONU

La 61esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite andata in scena il 19 settembre al Palazzo di Vetro di New York, ha dato nettamente il senso di quanto le acque siano in movimento in un mondo caratterizzato dalla baraonda e dagli intrighi della classe borghese. Vale a dire di una classe dominante che per tentare di dare una risposta alla sua crisi economica deve esprimersi con sempre maggiore intensità sul piano della violenza in una sorta di guerra permanente.

Questo dato fondamentale spiega perché il 2006 si caratterizzerà come l’anno in cui sarà battuto il record delle spese militari, superando l’astronomica cifra di mille miliardi di dollari.

La situazione attuale che vede in formazione il costituirsi di nuove centrali imperialiste e il momentaneo stallo del predone dominante, gli Stati Uniti d’America, in difficoltà In Iraq e in Afghanistan, permette ad alcuni personaggi di alzare la voce, in una specie di singolare rappresentazione moderna di Davide contro Golia.

Tanto sfrontatamente il presidente del Venezuela Chavez si è riferito a Bush intervenuto all’assemblea il giorno precedente, dicendo di lui, facendosi il segno della croce:

Qui ancora si sente l’odore dello zolfo, il diavolo era qui giusto ieri.

Inoltre:

Il diavolo si è riferito, nel suo discorso, ai popoli di Iraq, Iran, Libano, Palestina e Afghanistan. Ma cosa gli direbbero questi popoli se potessero parlare? Direbbero Yankee go home.

Più o meno negli stessi toni si è espresso l’altro personaggio tanto inviso alla Casa Bianca, il presidente iraniano Ahmadinejad. Egli oltre a smentire di volere sviluppare il nucleare a scopi militari, ha contrattaccato riferendosi agli Usa a tal proposito affermando che le armi nucleari sono una minaccia:

Soprattutto nelle mani di chi ha il lugubre precedente di averle utilizzate contro l’umanità.

Inoltre, gli americani con vari pretesti occupano patrie altrui per i loro interessi petroliferi, e utilizzano l’Assemblea generale e il Consiglio di Sicurezza a loro piacimento:

Se hanno divergenze con una nazione o uno stato, lo portano di fronte al Consiglio di Sicurezza e vogliono essere magistrati, giudici ed esecutori della condanna.

Naturalmente tanta veemenza contro Washington, anche se tali sacrosante verità stonano in bocca al capo di un paese dove comanda una ultra reazionaria borghesia pretesca, così come l’atteggiamento dello stesso Chavez alla testa di una nazione situata in un’area geografica sino a poco tempo fa considerata il giardino di casa degli Stati uniti, non sarebbero stati possibili se ai problemi del momento dell’amministrazione Bush non si sommassero a loro vantaggio potenti coperture e controten-denze alla dittatura imperiale americana.

Grattando appena in superficie si capisce che dietro a tanta “sfacciataggine” ci sono le manovre dei concorrenti del brigante numero uno, di coloro che stanchi del suo dominio aspirano a contrastarne il primato assoluto. In primo luogo l’Europa, che prima con il presidente francese Chirac e poi col capo del governo italiano Prodi, tra l’altro, guarda caso, leader dei due paesi principali partner commerciali di Teheran, ha chiaramente fatto capire che di sanzioni non se ne parla, in questo appoggiata da Russia e Cina.

L’Unione europea contrappone il multilateralismo e la centralità dell’Onu all’unilateralismo di Washington e un ruolo politicamente più consono al prestigio e alle proprie potenzialità, in qualità di maggiore area economica mondiale. Tanto per togliere qualsiasi scusante americana contro l’Iran, l’iniziativa europea attraverso il proprio responsabile alla politica estera Solana, punta a trovare un accordo con gli iraniani sulla sospensione dell’attività di arricchimento dell’uranio, trattativa già a buon punto come rimarcato dallo stesso Ahmadinejad.

Sostanzialmente sta emergendo con sempre maggiore evidenza la volontà di contrastare lo strapotere degli Stati uniti per quanto riguarda il controllo delle principali materie prime, petrolio in testa, e il loro dominio finanziario attraverso il primato del dollaro, che in poche parole significa avere il privilegio di drenare risorse dal mondo intero imponendo un tributo, o meglio ancora una specie di pizzo che tutti devono pagare.

L’Europa sta cercando di attrezzarsi alla contesa con sempre maggiore convinzione, così come pure la Russia e la Cina, a questi centri di maggiore rilevanza si vanno aggregando una miriade di realtà minori stanche delle interminabili prepotenze di Washington. Naturalmente tanta concitazione interimperialistica ubbidisce alla dinamica crisi-guerra che contraddistingue l’attuale fase del capitalismo.

I bassi tassi di crescita nel cuore strategico e più avanzato del capitalismo internazionale sono alla base, oramai da lungo tempo, delle difficoltà del processo di accumulazione del capitale di svolgersi senza intoppi. Il rimescola-mento delle carte determina la ricomposizione dei blocchi economici e uno scontro interimperialistico che si preannuncia sempre più duro.

cg

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.