In Cina centinaia di proteste al giorno contro il super sfruttamento del capitale

Il boom economico accentua le differenze di classe nel grande paese asiatico

Un morto e 60 feriti: questo il bilancio degli scontri verificatisi tra il 10 e il 12 marzo nella Cina centrale. La protesta, che ha coinvolto oltre 20 mila dimostranti, fronteggiati da migliaia di poliziotti e militari, è stata causata da episodi di corruzione e soprattutto dal raddoppio dei prezzi dei biglietti dei bus, applicato a cavallo del capodanno cinese. (1)

Martedì 13 l’intera area è stata delimitata con posti di blocco. Le poche note che filtrano riportano che i militari ora...

controllano la zona palmo a palmo: interrogano i cittadini e chiedono che chi ha scatenato la protesta si consegni alle autorità.

Nel frattempo, il governo locale ha revocato l’appalto dei trasporti pubblici alla società Anda, che aveva arbitrariamente alzato il costo del biglietto fino a 1,90 $, scatenando la violenza della popolazione. Ora il costo è stato fissato a circa 0,65 $.

Le autorità locali hanno minimizzato l’accaduto, parlando ufficialmente di “una semplice protesta come ne capitano tante”, ma è significativo che un deputato dell’Assemblea Nazionale del Popolo, riunitasi nei giorni scorsi a Pechino, abbia chiesto ai colleghi dell’Hunan:

Come è possibile che accadano incidenti di questa portata?

Violente proteste si sono verificate anche a Guixi, nella provincia Jiangxi, contro la decisione del governo di fondere due città, con conseguente riduzione di salari e indennità. Migliaia di manifestanti si sono raccolti nei pressi della stazione e hanno bloccato per sei ore tutte le linee ferroviarie, compresa la principale linea tra Shanghai e le provincie orientali. Foto mostrano migliaia di dimostranti che lanciano pietre contro le forze di polizia e un’auto incendiata. Sarebbero almeno 40 le persone ferite negli scontri.

Probabilmente ed erroneamente inferita dall’assenza di sindacati indipendenti, è assai diffusa la credenza che in Cina non ci siano conflitti sociali. Al contrario, le proteste paiono in costante aumento in tutto l’Impero di Mezzo. Negli ultimi anni abbiamo a più riprese documentato sulle pagine di Battaglia Comunista le dure e coraggiose lotte della classe operaia cinese, a partire dalle rivolte che nel 2002 hanno coinvolto decine di migliaia di operai del bacino petrolifero di Daqing. Secondo i dati riportati nel 2005, con preoccupazione, dal ministro della pubblica sicurezza, Zhou Youkang:

# Il numero si è evidentemente accresciuto e l’ambito si è allargato. Dagli oltre 10 000 incidenti di massa del 1994 agli oltre 74 000 nel 2004, l’aumento è stato pari a sei volte. Il numero di partecipanti è aumentato dalle 730 000 persone del 1994 ai 3 760 000 del 2004, un numero più di quattro volte superiore.
# L’ambito si è espanso. Gli incidenti di massa si verificano in città, villaggi rurali, imprese, amministrazioni pubbliche, scuole e vari domini e settori e si verificano in tutte le province, regioni autonome e municipalità.
# I partecipanti in “incidenti di massa” sono maggiormente diversificati, e includono lavoratori licenziati, agricoltori, abitanti di città, proprietari d’azienda, insegnanti e persone da vari strati sociali.
# I metodi sono estremi, compresi l’assedio e l’attacco di uffici del partito e del governo, il blocco di strade pubbliche, il blocco di treni e altre situazioni.
# La tendenza è verso una maggiore organizzazione. A volte ci sono anche organizzazioni che emergono spontaneamente, con certi capi.

Questi dati sono chiaramente da prendere con le pinze, facilmente manipolabili e basati su una definizione di “incidente di massa” quanto meno vaga, che comprende episodi eterogenei come manifestazioni pacifiche e rivolte violente. (2) Nondimeno le dichiarazioni sono significative e lasciano trasparire una notevole preoccupazione del governo, su cui la dice lunga anche la recente proposta di impiegare per motivi di ordine pubblico non più la polizia ma l’esercito!

La crescenti proteste seguono passo a passo il cosiddetto “miracolo” dello sviluppo economico cinese, caratterizzato da livelli di sfruttamento ai limiti della resistenza umana e da una larghissima forbice sociale, cui il partito sedicente “comunista” ha recentemente dato più chiara e adeguata espressione sovrastrutturale tramite la nuova legge sulla proprietà privata. Anche il manifesto (9 marzo) mette in evidenza come:

l’ossimoro "economia socialista di mercato" si amplia a dismisura negli equilibrismi verbali secondo i quali "la legge è resa necessaria dalla necessità di rafforzare le basi del sistema economico socialista" in uno Stato "al primo stadio del socialismo", dove "la proprietà pubblica resta dominante ma le altre forme di proprietà si sviluppano e operano fianco a fianco".

La legge attuale ha avuto una lunga gestazione, ed era stata preparata dalla modifica apportata alla costituzione nel 2004, secondo cui:

la proprietà privata legale dei cittadini è inviolabile.

Non è stato quindi il primo passo, e di certo non sarà neanche l’ultimo, in direzione di una sempre più spinta concentrazione e centralizzazione dei capitali, sia che questa si realizzi a vantaggio dei funzionari e dell’apparato statale, che degli imprenditori privati.

Il prossimo passo, ampiamente preannunciato, riguarderà la privatizzazione dei terreni agricoli. Se oggi si è preferito non intaccare quella che è la base di sostentamento principale per circa 800 milioni di persone (“Chi sfamerà la Cina”, Continente Cina, RaiNews24), la stessa cosa sicuramente non sarà possibile tra poco tempo, quando l’industrializzazione, le delocalizzazioni, l’urbanizzazione e il sistema dei trasporti richiederanno ulteriore spazio, sulla spinta di una spasmodica e disperata ricerca di profitti. Nel frattempo l’ultima riforma ha esteso fino a cinquant’anni la durata dei contratti di possesso delle terre.

Si è preso atto - ha spiegato chiaramente il vice presidente Wang - che non si è ancora stabilita nelle nostre campagne una rete di sicurezza sociale.

I dirigenti cinesi sanno molto bene quale sia l’importanza dei terreni agricoli come strumento di contenimento delle tensioni sociali: una larga parte degli episodi di protesta riguarda proprio gli espropri delle terre, che avvengono in base all’arbitrio dei corrotti funzionari locali e lasciano ai contadini degli indennizzi irrisori. (3) Ma gli espropri di certo procederanno e si moltiplicheranno. Proprio in quest’ottica il premier Wen Jiabao ha annunciato la spostamento di risorse verso le "nuove campagne socialiste": sanità, scuole, sussidi di sopravvivenza... ed esercito.

Il proletariato cinese ha davanti a sé un futuro non facile. Ma le coraggiose lotte portate avanti in questi anni, sia pur scomposte e disarticolate, mostrano che la classe operaia ha ancora la possibilità e la capacità di rappresentare un’alternativa - l’unica - alle sempre più stridenti contraddizioni di un sistema capace di offrire solo super-sfruttamento.

Mic

(1) I primi dimostranti hanno iniziato a radunarsi attorno ad un edificio governativo a Zhushan, un villaggio nella provincia di Hunan, già venerdì 9. La protesta si è poi ampliata durante tutto il week-end.

I manager della ditta che gestisce il trasporto pubblico hanno risposto inviando quattro pullman carichi di teppisti, con il compito di intimidire la folla; la polizia locale sembrava dalla loro parte,

secondo un’attivista presente sul posto.

Lunedì le autorità provinciali hanno disposto l’invio nel villaggio di 20 camion dell’esercito, per dare manforte ai circa 1.700 poliziotti locali. Secondo le testimonianze, i soldati avrebbero immediatamente cominciato a caricare la folla con bastoni elettrici e manganelli, appena scesi; “hanno picchiato chiunque, compresi anziani, donne, bambini e passanti”. La folla ha risposto con il lancio di mattoni e sassi; nove automezzi sarebbero stati dati alle fiamme. Gli scontri sono durati circa cinque ore; gli uffici del governo sono rimasti circondati fino alle 8 di sera, prima che la folla si disperdesse. Il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post riferisce di una vittima: uno studente che, ricoverato domenica a seguito delle ferite riportate negli scontri, sarebbe morto lunedì.

(2) Il vice ministro per la sicurezza sociale, Liu Jinguo, aveva affrontato l’argomento all’inizio di gennaio, sostenendo che l’anno scorso gli incidenti di massa sarebbero diminuiti del 16,5 % rispetto agli 87 000 del 2005. In realtà questa inversione di tendenza pare imputabile ad un banale imbroglio, un cambio di denominazione grazie a cui numerose proteste restano ora escluse dalle statistiche.

(3) Secondo la testimonianza di un contadino dello Zheijiang, raccolta l’anno scorso da RaiNews24:

Nel nostro villaggio ogni persona ha a disposizione circa 1 mu (1/15 di ettaro), che se coltivato può fruttare 30 mila yuan l’anno (circa 3 mila euro). Ma l’indennizzo previsto è di soli 40 mila yuan.

Il ministro per il lavoro e la sicurezza sociale, Tian Chengping, ha dichiarato che si prevede lo spostamento dalle campagne alle città di 24 milioni di persone nel corso del 2007. Tuttavia le previsioni più rosse del governo non superano i 12 milioni di nuovi posti di lavoro, per cui almeno 12 milioni di ex-contadini andranno ad infoltire ancora le file dei disoccupati.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.