La riforma del Tfr vera truffa per i lavoratori

Si sta per consumare sulle spalle dei proletari la solita stangata padronale

Premettiamo che parlare di questo può risultare quasi strambo in un mercato del lavoro che sempre più difficilmente permetterà alle nuove generazioni di avere i 35-40 anni di contributi necessari per arrivare alla pensione.

Entro il 30/6 i lavoratori dipendenti devono decidere se conferire il loro Tfr, ossia salario indiretto, in un fondo pensione oppure lasciarlo nella propria azienda.

Intanto parliamo della torta: 21 miliardi di Euro annui è l’importo del Tfr maturato ogni anno dai lavoratori dipendenti in Italia (circa 12 milioni).

Come già denunciato anche dal sindacalismo di base vi è più di un motivo per parlare di truffa anche senza entrare in tecnicismi legali di cui già la stampa borghese dà notizia; il meccanismo del silenzio-assenso, per cui se un lavoratore non dichiara nulla al proprio datore di lavoro entro il 30/6, il suo Tfr va automaticamente al fondo pensione della categoria di appartenenza, il fatto che non si possa mai più recedere dai fondi una volta sottoscritti (anche in caso di licenziamento spetta il 50% del proprio Tfr solo dopo 1 anno di disoccupazione ed il restante dopo altri 3 sempre se si è ancora disoccuppati). Per non parlare che si basano sull’aspettativa di vita, più lunga per le donne le quali perciò percepiranno un assegno mensile minore. Per non parlare delle rendite sbandierate dai promoters (e gestori pure se in condominio) cui va sempre ricordato di applicarvi l’interesse composto e non semplice; ossia +50% e -50% dà come risultato un pareggio nell’ipotetico capitale investito e soggetto alle fluttuazioni del mercato mentre in realtà il ns gruzzoletto - pari inizialmente a 1000 poniamo - è divenuto alla fine 750 (1000 - 50% = 500. 500 + 50% = 750). E i 1000 miliardi di dollari bruciati in un sol giorno alla borsa di Shangai nelle scorse settimane sono indicativi.

A dispetto dei signori di cui sopra che soffiano sui bassi sentimenti bottegai e speculatori dei lavoratori come il Gatto e la Volpe della novella (“con noi il tuo Tfr renderà di più, guadagnerai di più...potrai comprarti x e y...”).

Lasciare tutto come è ora sembra quindi la scelta più ragionevole dato che il Tfr resta di proprietà del lavoratore e ha un rendimento piccolo ma “certo” di circa il 2% annuo (1,5% di rivalutazione +0,75% dell’inflazione annua). Se l’azienda ha più di 50 dipendenti esso verrà amministrato dall’Inps in un fondo apposito.

Ma anche qui c’è l’inghippo; i soldi di tale fondo potranno essere usati e...lo saranno - c’è da starne certi - per opere di cosiddetta pubblica utilità che tutti sanno già essere nuove Tav, Ponti sullo Stretto, finanziamenti alle missioni militari italiane all’estero (esplicitamente citate nel testo di legge) etc.

I lavoratori sono spaventati ad arte con l’idea che la pensione Inps calcolata col sistema contributivo - a cui i promoters confederali hanno contribuito non poco... - sarà al max il 50% dello stipendio per cui... “qualcosa di concreto bisognerà pur fare per non morire di fame” si sente dire nelle assemblee da lavoratori anche in buona fede.

Già, che fare? Beh intanto mobilitazioni vere contro straordinari e lavoro precario, per salari più alti contro la logica del (presunto) meno peggio, del “ormai è così, non ci possiamo far più nulla”, “meglio di così non si può fare, è impossibile” etc, per costringere il padronato bisognoso di risorse per tenere in piedi il suo sistema ad intaccare, invece dei salari, i 40 miliardi annui di evasione fiscale della piccola borghesia (stime GdF) ed i suoi lauti profitti. Serve rimboccarsi le maniche per mettere in piedi un movimento - coordinamenti di lavoratori etc. - che almeno provi a difendere realmente le condizioni di lavoro e recuperare il potere d’acquisto perso dai salari negli ultimi anni. Cosa che nei fatti si pone già fuori e contro il sindacato come istituzione. Non basta certo inveire in dette assemblee contro questo e quello e poi aspettare ed auspicare rassegnati qualcheduno che, dall’alto , ci possa aiutare. Nel capitalismo via d’uscita non ce sono; dovunque ti giri ti mettono le unghie addosso.

Occorre cioè recuperare il senso ed il gusto della militanza quotidiana di classe. Questo è stato detto in tali contesti con le nostre sempre troppo esili forze.

Dette lotte oltretutto sarebbero l’indispensabile palestra e fucina di militanti rivoluzionari in vista delle scadenze storiche per le quali il prossimo futuro - sappiamo - ci presenterà il conto.

ds

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.