La strage di ferragosto a Duisburg

È la borghesia criminale la responsabile dell’ esecuzione dei sei calabresi in Germania

Non c’è che dire. Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i tre cavalieri spagnoli che la tradizione malavitosa indica come gli antenati fondatori di mafia, camorra e ‘ndrangheta, possono ritenersi più che soddisfatti, visti i grandi successi ottenuti dai loro intraprendenti successori.

La mattanza di Duisburg, ossia la strage dello scorso Ferragosto costata la vita a sei persone di cui tre sotto i vent’anni, è solo l’ultimo esempio della ferocia e della violenza militare che da sempre contraddistingue le suddette organizzazioni. 16, 18, 19, 21, 25 e 38: sono le età delle vittime, mentre settanta è il numero delle pallottole che gli hanno sparato addosso. La morte di queste sei persone, cinque giovanissime, tutte vicine al clan ‘ndranghetista Vottari-Pelle di S. Luca, dai killer era stata prevista, non c’è stato alcun errore o casualità. Chi ha sparato aveva un obiettivo preciso: eliminarli tutti. Nella tasca dei pantaloni del ragazzo che aveva appena compiuto diciotto anni c’era un santino bruciato, il simbolo di un rituale della ‘ndrangheta - la copiata - che sancisce l’ingresso nel clan della nuova recluta. Quella sera si stava probabilmente festeggiando un’affiliazione.

La giovane età delle vittime può far salire il sangue alla testa, ma perché stupirsi? È quella l’età in cui i ragazzi nati in Aspromonte e nella fascia costiera compresa fra Gioia Tauro e Locri decidono cosa fare del proprio futuro. Sì, perché se nasci nella zona più povera della regione più povera d’Italia se non d’Europa (in gara con le altre regioni italiane del sud), è meglio decidere in fretta. Spesso, per i giovani proletari di questa terra disperata, non si hanno più di tre soluzioni:

  1. entri nell’esercito o nelle forze dell’ordine (se hai un’ottima raccomandazione);
  2. emigri;
  3. entri nella ‘ndrina (famiglia della ‘ndrangheta) del tuo paese, o cerchi comunque di averne la protezione per lavorare e affinché “mettano una buona parola” sul tuo conto.

Le statistiche ci raccontano come in Calabria il rapporto tra affiliati ai clan e la popolazione sia oggi pari al 27 per cento, contro il 12 della Campania, il 10 dieci della Sicilia e il 2 della Puglia (vedi A. Badolati, ‘ndrangheta eversiva, 2007). La ‘ndrangheta si nutre della secolare miseria della Calabria ed è ricchissima: ha un giro d’affari di 36 miliardi di euro derivanti da traffico di droga, appalti pubblici, compartecipazione in imprese, estorsioni, armi e prostituzione (vedi Gratteri e Nicaso, Fratelli di sangue, 2007). Dati sconvolgenti, terribili. Ma ancora una volta: perché stupirsi? Il lusso dei pochi che scaturisce dalla fame dei molti è il sale del capitalismo.

E poi la cosiddetta “questione meridionale” esiste fin dall’unità d’Italia, e cosa è cambiato per i giovani proletari del sud in questi centocin-quant’anni? Assolutamente nulla. Emigrare emigrare emigrare, ecco la parola d’ordine che continua a risuonare senza soluzione di continuità in ogni angolo del meridione. Nei cantieri e nelle industrie del nord, o all’estero. Oggi come ieri, a casa non c’è futuro.

Ma per il capitalismo nostrano è proprio così che doveva essere. Nel dopoguerra bisognava fornire le industrie del nord di manodopera a basso costo, aumentare la concorrenza fra gli operai e così via... la disperazione del sud cadeva a pennello. Poi c’erano le grandi lotte per la terra, contro il latifondo, era quindi necessario sparare sui braccianti (ci pensava lo stato) e ammazzare i sindacalisti più combattivi (ci pensava la mafia). Poi ci fu il 1970, il golpe Borghese, i moti di Reggio, quando la ‘ndrangheta fece un salto di qualità e iniziò a tessere legami con la destra eversiva e gli apparati dello stato legati alla cosiddetta massoneria deviata, in funzione anticomunista.

Insomma, le lacrime dei benpensanti, dei difensori dello stato e della legalità borghese di fronte a tutta questa efferatezza, sono davvero rubate ai coccodrilli.

gek

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.