Can che abbaia… quando morderà?

Volantino per la manifestazione del 9 novembre 2007, indetta dal sindacalismo di base

È doveroso scioperare contro l’ultimo accordo sul welfare voluto da Padroni e Governo col consenso dei Confederali, ma allo stesso tempo va denunciata apertamente la natura anti-operaia di Governo e Triplice, ossia il loro essere armi e bagagli irrimediabilmente contro di noi e non illudersi circa presunti “oppositori interni” quali Fiom o Rete 28 Aprile (paura di perder tessere ?!...).

A esser maligni, potrebbe sembrare una manovra ben congegnata in anticipo per far sì che il malcontento dei lavoratori non straripi oltre le sacre sponde confederali: non sia mai!

Lavoro precario, caro-casa scandaloso, salari più bassi di tutta l’Unione Europea (in compenso al primo posto per infortuni e morti) e perdita di potere d’acquisto evidente anche ai ciechi: è arrivato il momento di iniziare reagire o no?!

Passività e rassegnazione dilaganti tra i lavoratori oggi sono generate anche dal sapere già in anticipo che tutte le mobilitazioni, come avviene da 30 anni in qua, avranno la sola conseguenza di farci perdere un tot di ore di lavoro in busta paga a fine mese...

Ma siamo noi che andiamo a fare la spesa, paghiamo i mutui, le bollette e la benzina coi nostri salari, quindi siamo noi a dover imporre alle nostre controparti (non solo il padrone ma anche governo e sindacato come è sempre più evidente) paghe e condizioni adeguate; ma questo, ci viene detto da tutte le parti, è incompatibile coi “conti dell’azienda, del Paese etc. etc. “.

Allora quale migliore conferma che tutto il loro sistema è oramai marcio e da mandare in soffitta? Reagire significa:

  • porre apertamente la necessità dell’anticapitalismo in tutte le lotte, grandi e piccole;
  • autorganizzarci in reti territoriali di lavoratori responsabili solo di fronte alle Assemblee sovrane che li delegano, al fine di rompere l’isolamento aziendale e di categoria e porre richieste che ci unifichino tutti (siamo tutti uguali al supermercato, in banca etc...) secondo questi principi:
  1. rifiuto della precarietà - es. stabilizzazione dei precari;
  2. forti aumenti salariali per tutti e maggiori per i livelli più bassi (es. 3o metalmeccanico) per recuperare quanto perso negli ultimi anni;
  3. rispetto tassativo delle norme sulla sicurezza;
  4. riduzione dell’orario di lavoro.

Ovvio, però, che anche solo per porre queste rivendicazioni non servono scioperi dichiarati un mese prima, magari locali, categoriali (in cui è maestra la Triplice) e nel rispetto delle nostrane fasciste leggi antisciopero, bensì totali e selvaggi (“selvaggi” per chi? Di sicuro per chi attacca gli interessi dei lavoratori).

Padroni e governo rispettano la forza che riusciamo ad esprimere, non certo la nostra rassegnata debolezza. Soprattutto in questa epoca, in cui il padronato - in Italia e altrove - porta un attacco globale alle condizioni di lavoro (e perciò di esistenza) dei lavoratori, per rianimare saggi del profitto insufficienti al processo complessivo di accumulazione capitalistica.

Ridistribuire i redditi, parola d’ordine del sindacalismo di base che oggi ha indetto la manifestazione, era un’idea del socialismo utopistico già confutata da Marx un secolo e mezzo fa, dimostrando che la distribuzione del reddito e delle merci dipende dai rapporti di produzione (Salario vs Capitale) e che sono solo questi ultimi a poter e dover essere aggrediti e modificati.

Una tale parola d’ordine è dunque fuorviante ancora oggi, dopo un secolo di riformismo che ha ridistribuito solo briciole, chiacchiere e brucianti illusioni, e quando la metà della popolazione mondiale vive con meno di due dollari al giorno, cosicché noi lavoratori “occidentali” siamo messi in quotidiana concorrenza coi nostri compagni di ogni angolo del pianeta da un capitalismo in crisi che produce solo disastri e ha bisogno di rimangiarsi salari, pensioni e servizi sociali.

Oggi l’unica parola d’ordine plausibile è perciò l’anticapitalismo senza condizioni!

È in questa direzione che noi lavoratori internazionalisti vogliamo muoverci per tornare a mordere.

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