Razzismo e gioventù proletaria

Forse i giovani d’oggi leggono pochi libri... comunque ne leggono senz’altro meno dei giovani di qualche generazione fa. Bisogna anche aggiungere che i giovani proletari leggono ancora meno dei loro coetanei borghesi. Se i giovani proletari che lavorano hanno meno tempo da dedicare allo svago e alla lettura rispetto a chi è mantenuto dai genitori, i giovani meno abbienti che ancora studiano, e che alle superiori frequentano per lo più scuole tecniche e professionali, sono in massima parte assuefatti dalla “cultura” a buon mercato che spacciano i mass media e che riecheggia in famiglia e nelle chiacchiere da bar.

“Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti”, affermò già qualcuno. E aggiunse anche che

la rivoluzione non è necessaria soltanto perché la classe dominante non può essere abbattuta in nessun’altra maniera, ma anche perché la classe che l’abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società.

Marx-Engels. da L’ideologia tedesca

E oggi, forse, è ancora più vero di centocinquant’anni fa, vista la dittatura ideologica dei mezzi d’informazione di massa. 1984 di Orwell sembra scritto ieri.

È insomma davvero un peccato che la quasi totalità dei giovani proletari non conosca nemmeno l’esistenza del libro di Guido Barbujani L’invenzione delle razze. Se infatti non bastasse il buon senso a capire che tutti i popoli del mondo appartengono a un’unica specie, cioè a quella umana, il libro di Barbujani, che insegna Genetica all’Università di Ferrara, potrebbe essere un buon antidoto contro il perbenismo che ammorba sempre di più la nostra società, secondo cui “lo slavo è infido”, “il cinese è furbo” e “il meridionale è disonesto”.

Razzismo e nazionalismo, imbellettati con i cosmetici della superiorità culturale e della missione di civiltà, fanno da sempre parte dell’arsenale propagandistico attraverso cui il capitale mitizza la patria e giustifica le sue guerre imperialiste. Ancora più grave è quando il razzismo inizia a diffondersi e a radicarsi tra i giovani proletari, cioè tra coloro che dovrebbero essere i primi a riconoscere nell’immigrato che vive nelle loro stesse condizioni economiche e sociali, non un avversario ma un alleato.

Ora, nelle scuole professionali italiane, soprattutto al Nord, gli studenti immigrati o figli di immigrati sono in continua crescita e nelle classi raggiungono percentuali davvero alte, arrivando fino al cinquanta per cento e oltre. Ma chi studia o lavora in questo tipo di scuole - che possiamo definire proletarie - sa anche come sia in crescita un razzismo più nascosto che rappresenta senza dubbio un ulteriore ostacolo sulla strada della coscienza di classe. Con l’aumentare della crisi e quindi di un disagio complessivo che affiora in modo sempre più evidente in ogni campo della vita sociale, la ricerca di un capro espiatorio su cui scaricare le colpe di ogni male è sempre dietro l’angolo. Ricordiamoci che lo scorso autunno, a Roma, l'intervento razzista contro i rumeni non lo ha ordinato un sindaco neofascista, ma Veltroni.

La gioventù proletaria è il nostro futuro. Nelle scuole, nelle piazze, sul lavoro, nell’agitazione rivoluzionaria di tutti i giorni, ribadiamo dunque la nostra parola d’ordine più antica e oggi più che mai attuale: proletari di tutti i paesi, unitevi! E rispediamo al mittente il divide et impera della borghesia.

GS

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.