Il killer è sempre a piede libero

6 lavoratori morti - un portuale a Genova e 5 altri in Puglia - in pochissimi giorni alla ribalta dei media nazionali.

Il solito blabla istituzionale sempre uguale a se stesso, come la predica della messa domenicale. Un po’ d’indignazione e parecchia rassegnazione; in piena campagna elettorale.

Mai come oggi, probabilmente, nella storia dell’Italietta repubblicana appare così distante la retorica della “politica ufficiale” dalla vita reale della grande maggioranza dei lavoratori; non ci dispiace affatto, anzi! Potrebbe essere il primo passo nella giusta direzione se si accompagna all’idea della necessità di fare da sé da parte dei lavoratori, di organizzare cioè i propri, autonomi, strumenti di lotta (intanto per difendersi, almeno) nel momento stesso in cui si rifiuta la delega in bianco ai servi di lorsignori (sindacati: si parla di voi!); se, invece di cadere nel qualunquismo o nella trappola del politicantismo “nuovista”, favorisce la non facile saldatura con le sparute avanguardie autenticamente comuniste.

Il nodo è banalmente economico, di classe nel linguaggio marxista; la struttura produttiva italiana è da sempre caratterizzata dalle piccole dimensioni produttive dove, di conseguenza, ci sono minori investimenti nel cosiddetto capitale costante (macchinari, ambienti, magari meno pericolosi, ecc.). Di conseguenza, la pressione padronale per la ricerca di profitti deve scaricarsi in misura maggiore che altrove sulla cosiddetta parte variabile del capitale, ossia sul salario, cioè sui lavoratori. Nella realtà più grandi o strutturate si ovvia al “problema” assumendo (e così frammentandoli) lavoratori con una pluralità di contratti diversi, oltre al classico ricorso allo straordinario, rovescio della medaglia dei cronici bassi salari. Se a questo si aggiunge la precarietà (che significa anche minore esperienza dei e sui pericoli legati al processo di lavoro) è facile intuire come i livelli di sicurezza siano estremamente bassi.

È utopico aspettarsi oggi una inversione di questa tendenza senza lotte generalizzate; la fame di profitti costringe e costringerà sempre più aziende grandi e piccole ad infischiarsene - esattamente come oggi - delle nuove leggi eventualmente (se e quando..) approvate dai Parlamenti. Pena la perdita di “competitività” della “Azienda Italia”.

Solo la lotta di classe potrebbe farle eventualmente rispettare.

Chiedere il rispetto delle norme di sicurezza non è solo e tanto un problema morale o civile: vuol dire mettere in discussione il cuore stesso su cui si regge tutto l’apparato produttivo. Il capitalismo nostrano, cioè. Calcando un po’ la mano - ma poi non così tanto, viste le cronache - vuol dire “uccidere” Lui, prima che Lui uccida Noi.

Alternative, noi comunisti, non ne vediamo. O, meglio, una forse c’è e la conosciamo già: conta quotidiana dei caduti - sì, come nel linguaggio bellico, dato che è una guerra - retorica e rassegnazione. Che noi rifiutiamo e disprezziamo.

Fogli operai

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