Il problema è il capitalismo

La soluzione è nelle mani della classe operaia internazionale

Siamo già nella più profonda recessione dopo la Seconda Guerra Mondiale ed anche i più grandi difensori del capitalismo prevedono che peggiorerà. Nel frattempo stanno facendo tutto ciò che possono per nascondere la reale causa di questa crisi. Sui media gli “esperti” di economia accusano gli avidi banchieri, i poveri detentori di mutui, le agenzie di valutazione del credito e i regolatori del governo. Accusano pure “tutti noi” per aver assunto troppi debiti. Faranno tutto pur di non ammettere la reale verità, ossia che è il sistema stesso ad essere arrivato al disastro.

Basta guardare a quello che i nostri leader offrono come “soluzione”. Per risolvere una crisi fatta esplodere dagli enormi debiti di enti e istituzioni private, non solo ne hanno spostato il peso sullo stato, ma hanno anche tentato di attuare massicci programmi di stimolo che hanno ulteriormente aggravato quel debito. Ci dicono che se tutti tireremo la cinghia per alcuni mesi o al massimo due anni, poi tutto andrà bene e “il sistema” potrà tornare alla normalità. Al riguardo, ci sono solo due cose sbagliate. La prima è che si tratta di una menzogna. La seconda è che la loro “normalità” non è stata tale per chi crea realmente la ricchezza - la classe lavoratrice.

L’esplosione della bolla speculative nel 2007 non è stata una sorpresa per noi internazionalisti. La sorpresa è stata semmai il fatto che ci abbia messo così tanto. Ma non facciamoci abbindolare dalla storia secondo cui si tratta di una crisi puramente bancaria, iniziata l’anno scorso. La bolla speculativa è venuta a galla perché tutto il sistema capitalista mondiale è entrato nella fase terminale di una crisi cominciata più di trent'anni fa.

La mostruosa speculazione finanziaria è il risultato di una crisi più profonda cominciata negli anni 1970. Questa crisi è causata dalla “caduta tendenziale del saggio medio del profitto” cui è soggetta l’accumulazione capitalista. Nel 1945, un mondo devastato ripartiva da zero e cominciava ad accumulare rapidamente partendo da una bassa soglia di capitale. Furono realizzati massicci profitti mentre il mondo veniva ricostruito e i lavoratori “non se l’erano mai passata bene come allora” Macmillan, 1959). Tuttavia, nei primi anni 1970, il più grande boom della storia del capitalismo stava per giungere a termine. I tassi di profitto stavano puntavano verso il basso e ciò portava ad un declino negli investimenti, che, a sua volta, spingeva verso il taglio dei salari affinché gli investimenti stessi fossero profittevoli. Ciò fu fatto non solo con attacchi diretti ai livelli salariali, ma anche attraverso l'intervento degli stati che stampavano moneta per far fronte alla mancanza di investimenti. Il risultato fu una massiccia inflazione a scala globale.

La prima fase

Da Buenos Aires a Barcellona, da Glasgow a Gdansk, i lavoratori risposero con la lotta e a migliaia in tutto il mondo iniziarono a scioperare. Per oltre un decennio i lavoratori lottarono per difendere le loro condizioni di vita ma alla fine furono battuti. La disoccupazione prima distrusse la coesione della forza lavoro e rese facile ai padroni imporre limiti (cioè tagli) ai salari. Poi arrivò la globalizzazione, che comportò la disfatta della classe operaia nei vecchi centri capitalisti e il super-sfruttamento dei lavoratori nei cosiddetti “mercati emergenti”. L’industria manifatturiera, struttura portante di ogni reale potenza imperialista, veniva ora trasferita dalle economie dei G7 e di altri stati, caratterizzati da salari più alti, alle zone economiche speciali di Asia e America Latina. Nei paesi ricchi i salari della classe operaia sono stati abbassati così rapidamente che le famiglie, mentre prima, specialmente negli USA, potevano far quadrare il bilancio con un solo salario, ora non possono riuscirci senza contare su due stipendi. Ed anche in questo caso, la classe lavoratrice può sopravvivere solo sulla base dei prodotti economici ottenuti con l’ultra-sfruttamento del lavoro a basso costo dei “mercati emergenti” (alcuni dei quali, come il Brasile, ormai sono “emergenti” da 200 anni!). Ma la contraddizione centrale del sistema capitalista permane. La caduta tendenziale del saggio medio del profitto obbliga il capitalista ad investire per mantenere un più alto tasso di profitto rispetto ai concorrenti. Perché i capitalisti continuino ad investire, devono spingere verso il basso la quota dei salari dei lavoratori. Ma nel farlo, essi riducono la capacità dei lavoratori di comprare le merci prodotte. E, come notò Marx, quando i capitalisti ritengono che non valga più la pena di investire in nuove capacità produttive, allora si rivolgono sempre più alla speculazione.

La seconda fase

Con la classe operaia dei principali paesi capitalisti falciata e sconfitta, quella delle economie spremuta fino al midollo, i capitalisti neo-liberali hanno creduto di poter affermare trionfalmente che “il libero mercato” funziona. Il crollo delle economie dei paesi a capitalismo di stato del vecchio impero sovietico pareva confermare con la forza dell'evidenza questo messaggio. La partita che si giocava ora aveva il nome di “deregolamentazione”.

La massiccia speculazione sui capitali cominciò a svilupparsi gradualmente nei centri finanziari come New York e Londra. Non passava un anno in cui non si smantellasse qualche elemento della vecchia regolamentazione statale del sistema finanziario, creata dopo il crollo di Wall St. del 1929. Negli USA l’ultimo baluardo contro l’uso dei depositi ordinari per la speculazione commerciale fu rimosso nel 1999, quando fu cancellato il Glass-Steagall Act del 1933. Ora questo permetteva alle banche commerciali ordinarie di creare dei bracci di investimento. Ciò su cui esse investivano era il debito. Nonostante una serie di scandali (dal crollo di Savings and Loans alla bolla dot.com, alla Enron e a molti altri casi), che avrebbero dovuto allertare il mondo sulla natura irreale di questi “investimenti”, invece gli strumenti del capitale fittizio non hanno smesso di moltiplicarsi. Dopo il 1999 sono cresciuti esponenzialmente. Il tutto è basato su una inflazione di asset e su un debito che richiederebbe 250 anni dell’intera produzione mondiale per essere ripagato. Come noi (e altri) abbiamo evidenziato per anni, la situazione era insostenibile. Il crollo era inevitabile e nel 2009 si vedrà ancora di peggio.

Conseguenze per la classe operaia

Nell’estate del 2008, quando scoppiò la bolla speculativa delle abitazioni in USA e in alcune parti d’Europa, quale fu la risposta degli speculatori? Quella di spostare la speculazione sul prezzo futuro delle materie prime di base, come petrolio e frumento. Il risultato? Massicci rincari dei prezzi al punto che anche il Food Programme delle Nazioni Unite è rimasto senza soldi e ancora oggi si trova con 18 milioni di tonnellate di cibo in meno rispetto ai suoi programmi di sostegno. Ma non saranno solo i poveri emarginati del mondo a soffrire. La classe operaia, dovunque, è già sotto massiccio attacco. In alcuni posti i lavoratori immigrati sono semplicemente sbattuti fuori dal lavoro, con i salari non pagati. In Cina i lavoratori rurali non hanno diritti di alcun tipo nelle città dove lavorano così che stanno venendo espulsi in massa. Lo stesso si può dire dei lavoratori immigrati, ovunque. Il cancro della disoccupazione sta corrodendo la classe operaia in tutto il mondo. Milioni di persone perderanno il lavoro nei prossimi mesi. Nei paesi “avanzati” i lavoratori hanno visto le loro pensioni depredate e lo spettro della mancanza/perdita di una casa aleggia su un numero di persone ancora più grande delle migliaia che già abitano nelle “tendopoli”, le nuove “Hooverville” degli USA. Anche in Giappone, che ha appena assistito al più grosso crollo del PIL nella sua storia post-bellica, le persone stanno montando tende nelle strade. In questi paesi, le “riforme” dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione sono tese a tagliare il “salario sociale”, mentre i tagli ai salari reali sono già ampiamente diffusi. E quando la disoccupazione, le difficoltà economiche, la mancanza di una casa e i tagli salariali imposti ai proletari non ravvivano la profittabilità, la “soluzione finale” offerta dal capitalismo è il macello di massa della guerra imperialista. Distruggendo enormi quantità di valore (assieme ai lavoratori che l’hanno prodotto) il capitalismo può ricominciare ad accumulare (sempre assumendo che il pianeta sopravviva alla prossima guerra imperialista).

La vera soluzione è nella classe operaia internazionale

Contro la follia del capitalismo, raggiungere una società basata sui reali bisogni umani non sarà un aggiustamento veloce. Ma può essere raggiunto solo se guidato dalla classe operaia, in quanto sola classe produttrice collettiva internazionale. Sono già passati 161 anni da quando il Manifesto Comunista annunciò la prima volta che il capitalismo non era “la fine della storia”, non era la forma finalmente scoperta di creazione della ricchezza. Durante tutta la sua storia, dalle Giornate di Giugno del 1848, attraverso la Comune di Parigi del 1871, all’onda di insurrezioni e rivoluzioni che si diffusero attorno alla fine della Prima Guerra Mondiale, la classe operaia si è mostrata pronta a combattere per un mondo migliore. Questi sforzi sono stati sconfitti e ripetutamente deviati nei vicoli ciechi keynesiani della social-democrazia e sui binari morti del capitalismo di stato stalinista. In nessun luogo sono stati ancora rovesciati i rapporti fondamentali di sfruttamento del sistema capitalista, ma questa nuova crisi, senza precedenti storici, ancora una volta richiede una risposta.

E lentamente la risposta di lotta sta già cominciando. Le rivolte per il cibo e gli scioperi della scorsa estate in Egitto sono state seguite da una poderosa resistenza dei lavoratori in Cina. E la recente risposta dei lavoratori e studenti greci all’uccisione di Alexandros Grigoropoulos, da parte della forza statale, è solo una ulteriore risposta ad un sistema che non ha futuro. Sulla piccola isola di Guadalupe lo stato francese (cui appartiene) ha già sparato ad un dimostrante dopo uno sciopero generale di cinque settimane contro le riduzioni salariali e il carovita.

Tuttavia il sistema può sopravvivere a proteste e anche scioperi e rivolte isolate. Quello che i capitalisti temono davvero è un movimento organizzato e cosciente dei creatori di ricchezza: la classe operaia. Questo è il motivo per cui farà enormi sforzi per impedire che un tale movimento appaia ed abbiamo già visto la deliberata creazione di false “soluzioni” alla crisi per tentare di sviarci ancora una volta. I partiti della sinistra capitalista, i sindacati di sinistra ed anche i finti rivoluzionari, tutti hanno proposto schemi che alla fine sono tesi al salvataggio del capitalismo. La nazionalizzazione è solo lo scambio di un padrone privato con un padrone statale, ma il nostro sfruttamento continua. La nazionalizzazione serve oggi a preservare il capitale nazionale (che noi abbiamo creato) nelle mani dei banchieri che lo hanno dissolto. I sindacati, sempre pronti a dimostrare il loro “senso di responsabilità”, si sono già offerti di accettare tagli salariali “per salvare posti di lavoro” ma tali “nobili sacrifici” (che naturalmente non riguardano i funzionari sindacali) hanno solo posticipato di alcune settimane i tagli di posti di lavoro. Ci vogliono far credere che i tagli delle tasse aumenteranno il nostro potere d’acquisto, invece significheranno ulteriori tagli ai servizi pubblici. Anche più sinistri sono i politicanti della sinistra del capitale (attorno a Barack Obama) che chiedono dazi, sussidi e guerre monetarie. Tali politiche negli anni 1930 portarono al declino puro e semplice del commercio e - ancor peggio - a guerre commerciali che aprirono la strada a guerre vere e proprie. Tutto ciò sottolinea che il capitalismo non ha nessuna soluzione economica da offrire, ma solo miseria crescente e barbarie.

La sola soluzione per l’umanità

La sola soluzione per l’umanità risiede nella classe operaia mondiale. Le nostre lotte precedenti hanno dimostrato che solo la classe operaia, una classe senza alcuna forma di proprietà da difendere, può liberare l’umanità dalla barbarie del moderno capitalismo decadente. Come disse Lenin ai lavoratori in diverse occasioni nel 1918, “nessun altro può farlo per voi”. La nostra storia dice anche come possiamo farlo. Noi possiamo organizzare le nostre lotte solo con la creazione di comitati sciopero revocabili e con mandati precisi, eletti da assemblee di massa di tutti i lavoratori di una zona o di una unità produttiva. Questi comitati hanno non solo il compito di guidare le singole lotte, ma anche di unire tutte le lotte a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale. Questi sono i forum della nostra “democrazia”.

Ma tali organizzazioni sono ancora aperte a degenerazioni ad opera di capitalisti che si atteggiano ad amici dei lavoratori, come accadde durante la Rivoluzione Tedesca del 1918-19. I lavoratori non saranno in grado di trasformare la società se non apprenderanno le lezioni fondamentali del loro stesso passato, le lezioni delle cocenti sconfitte come delle temporanee vittorie. Tali lezioni devono essere presentate alle assemblee di massa inserite in un programma. Un tale programma deve contenere la visione di una società diversa che abolisca classi, nazioni, stati, eserciti permanenti, denaro, capitale e rapporti di sfruttamento del lavoro salariato. Promuoverà invece una società di “produttori liberamente associati” che lavorano per i bisogni umani e non per i profitti di plutocrati. Questo programma non cadrà dal cielo, ma dallo sforzo cosciente di esseri umani, e in particolare di quella sezione della classe operaia che si sforza di capire il reale significato di tutte le nostre lotte passate. Tali individui devono raggrupparsi a livello internazionale per formare un partito che si batta per il socialismo all’interno delle organizzazioni di massa. Questo partito non è un partito di governo ma un partito di agitazione, di direzione politica della lotta contro il capitalismo, sulla base di quel programma. Il partito non si sostituisce alla classe, ne è la guida politica. Solo se la classe, i suoi settori più avanzati, si riconosceranno nella direzione politica del partito, il percorso rivoluzionario si metterà sui giusti binari. Organismi di lotta e di potere proletario come quelli più su indicati, più il partito: questa è la “ricetta” per il superamento rivoluzionario (l'unico possibile) della barbarie capitalista. Infatti, il socialismo non può essere istituito dall’alto, per decreto, ma deve essere costruito dalla massa della classe. Questo è il solo fondamento per una nuova società in cui la reale uguaglianza sia la base della nostra emancipazione.

Documento del BIPR, 20 febbraio 2009

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.