Tensioni imperialistiche in Georgia

Alla vigilia delle controverse esercitazioni della Nato in Georgia, iniziate il 6 maggio, il governo georgiano ha dato notizia della repressione di una rivolta militare scoppiata nella base di Mukhrovani, situata a circa 20 km da Tbilisi e ospitante un battaglione con carri armati. Pare che l’ammutinamento sia stato represso nel tardo pomeriggio del 5 maggio dalle forze al comando del ministero della difesa, che si è precipitato a convogliare carri armati e truppe sul posto. A seguito della fallita sollevazione sono stati arrestati 13 civili e 7 militari, tra cui alcuni ufficiali di alto grado. Sono ricercati anche alcuni capi del reggimento di stanza a Ortachala, un sobborgo di Tbilisi. (1)

In un discorso televisivo, Saakashvili ha identificato proprio le esercitazioni della Nato come la motivazione chiave del complotto, citando anche i crescenti legami con l’Unione Europea, che sarebbero dimostrati dalla sua presenza a Praga, all’incontro del 6-8 maggio del Consiglio Europeo.

Alcuni leader dell’opposizione hanno accusato invece il ministro dell’interno di aver inscenato l’intera vicenda nel tentativo di riaffermare l’autorità di Saakashvili, in difficoltà a causa delle prolungate proteste di migliaia di cittadini che presidiano da decine di giorni alcune delle arterie stradali della capitale, chiedendo le dimissioni del presidente a seguito dei disastrosi risultati della guerra contro la Russia.

In realtà, senza dar cieco credito ai proclami dell’opposizione, né tanto meno a quelli del governo, bisogna distinguere le dilettantesche macchinazioni e le spacconerie a cui ci ha abituato Saakashvili, dalle ciniche manovre russe; ma soprattutto bisogna inserire gli avvenimenti odierni nel loro contesto internazionale, che vede il Caucaso Meridionale al centro di uno scontro inter-imperialistico, che si svolge senza esclusione di colpi per il controllo delle risorse energetiche del bacino del Caspio.

A seguito della guerra in Georgia dello scorso agosto, la Russia ha lasciato di stanza il suo esercito nelle regioni georgiane separatiste di Abkazia e Ossezia del Sud, di cui ha anche riconosciuto l’indipendenza formale. Ma pur avendo ritirato le sue truppe del resto del territorio georgiano, la Russia non ha mai fatto mistero di pretendere la destituzione di Saakashvili, sostenitore di una politica estera completamente filo-occidentale, orientata all’integrazione della Georgia nell’Unione Europea e nella Nato. Ma le dimostrazioni di piazza invocate dagli oppositori di Saakashvili, alcuni dei quali con noti legami con la Russia, non hanno finora trovato né l’unità di intenti tra i vari leader, né il forte sostegno che questi si aspettavano da parte della popolazione, ormai delusa dai politicanti che invocano “rivoluzioni” di colori diversi, tutte accomunate dall’assoluta estraneità rispetto agli interessi della classe lavoratrice.

La Russia - come da prassi - ha negato ogni collegamento con la rivolta. Ma il ministro degli esteri russo Lavrov ha notificato alla Nato il ritiro da un incontro del Consiglio Nato-Russia programmato da lungo tempo, che si sarebbe dovuto tenere il 19 maggio a Bruxelles. La mossa è una protesta contro le esercitazioni in Georgia che, sia pure coinvolgendo in forma dimessa meno di 1000 militari, vengono avvertite dalla Russia come una inaccettabile provocazione, a meno di un anno dal conflitto dell’agosto 2008, in cui Mosca ritiene di aver asserito chiaramente la sua supremazia nella regione. Il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, esprimendo con frasi di rito rammarico per la decisione e auspicando che l’incontro sia riprogrammato subito, ha ribadito che le esercitazioni si sarebbero svolte come da programma. Rogozin, rappresentante russo presso la Nato che già l’anno scorso si era distinto come “falco” per i suoi proclami sciovinisti, ha avvertito che le esercitazioni potrebbero “danneggiare significativamente la stabilità dell’intero Caucaso Meridionale”.

Rispetto alla scorsa estate, la situazione dell’economia russa è assai meno florida e più incerta, in misura della contrazione della economia globale e del deprezzamento di gas e petrolio. (2) Inoltre i maggiori giacimenti di gas dell'epoca sovietica non sono più in grado di garantire i livelli produttivi attesi. (3) Mosca spera di riuscire a compensare questo calo produttivo con lo sviluppo dei nuovi giganteschi giacimenti della Penisola Jamal e di Stokman. Ma la crisi finanziaria internazionale limita i nuovi investimenti.

Dunque per la Russia, che deve affrontare la doppia sfida di un difficile ulteriore sfruttamento dei giacimenti interni e di una dura competizione internazionale (4), risulta di fondamentale importanza assicurarsi il controllo esclusivo delle fonti energetiche centrasiatiche. Per quanto riguarda la Georgia, in particolare, occorre bloccare lo sviluppo delle pipeline che la attraversano e che potrebbero trasportare gas e petrolio in Europa aggirando il territorio russo. (5) Questo controllo è tanto più importante, quanto più l’economia mondiale si dimostra basata sulla ipertrofica sfera finanziaria e in particolare sulla possibilità di imporre una certa moneta quale strumento di contrattazione delle materie prime sul mercato mondiale (ad esempio... il rublo anziché il dollaro).

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Dall’altro lato Saakashvili è sempre più isolato a livello internazionale. Sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea hanno dimostrato chiaramente già l’anno scorso che il loro sostegno non va oltre gli incerti sforzi diplomatici. Per ora il processo di integrazione nelle istituzioni euro-atlantiche resta di fatto accantonato, non solo e non tanto per l’avventurismo del presidente georgiano, quanto per le difficoltà economiche e militari delle potenze che lo hanno messo al potere. Per quanto riguarda la situazione interna, la tenuta del governo è legata più all’assenza di una qualsiasi alternativa praticabile, che alla fiducia dell’elettorato e delle forze politiche della borghesia nazionale. I proclami nazionalistici, le false ostentazioni di forza (6), gli improbabili obiettivi internazionali, pur assai poco credibili, sono tuttavia una assoluta necessità per la sopravvivenza del governo.

Quanto alla classe lavoratrice, le cui sorti e le cui dinamiche ci importano naturalmente in misura maggiore, possiamo registrare quindi al momento una apparente disaffezione rispetto alle variegate sirene nazionaliste e imperialiste. Ma la classe lavoratrice è ancora lontanissima dal proporsi sulla scena politica in maniera anche solo minimamente unita e forte, per la autonoma difesa dei suoi interessi. In queste condizioni è inevitabile che essa venga prima o poi tragicamente attratta da uno o l’altro dei fronti imperialisti, che nella regione sono pronti a darsi battaglia con tutti i mezzi, se necessario fino ad incendiarla nella guerra generalizzata.

Supplemento web a Battaglia Comunista 6/2009

Mic

(1) In un video montato e diffuso dal ministero dell’interno, Gia Ghvaladze, ex-comandante delle forze speciali al comando del ministero della difesa, appare discutere dei piani del complotto con due altri uomini. Nel video l’ex-comandante parla di due reggimenti militari georgiani pronti ad occupare la capitale ed uccidere il presidente Saakashvili, il sindaco di Tbilisi, alcuni ministri, membri del governo e del parlamento, varie figure politiche di rilievo. L’azione sarebbe stata sostenuta da 5mila soldati russi pronti ad unirsi ai ribelli a partire dalla provincia separatista dell’Ossezia del Sud. Le forze militari avrebbero dovuto occupare i principali centri del potere, a partire dal palazzo presidenziale e dal ministero degli interni, per distruggere poi la stazione della televisione governativa Rustavi-2 e la principale stazione ferroviaria. Nello stesso video, si fa riferimento a nuove elezioni da indire subito dopo il colpo di stato, per arrivare ad un governo che abbandonasse le aspirazioni georgiane all’integrazione nella Nato e nell’Unione Europea e che riportasse il paese nella Comunità degli Stati Indipendenti, sotto la direzione di Mosca. In un secondo video, Ghvaladze parla di finanziamenti russi per svariati milioni di dollari, citando come persone coinvolte nel complotto ufficiali dell’esercito che ricoprivano posizioni prominenti sotto il presidente Shevardnadze, oltre all’ex-ministro della difesa, Tevzadze, e all’ex-ministro della sicurezza, Gakhokidze.

A svelare il tentativo di rivolta pare esser stato il generale Gia Karkarashvili, sostenitore di uno dei leader dell’opposizione, che ha reso pubblico un video in cui viene invitato a partecipare all’ammutinamento. Karkarashvili ha ricevuto anche i ringraziamenti pubblici del ministro degli interni, per aver evitato il suo omicidio.

(2) Gazprom prevede per il gas esportato in Europa un prezzo di 257,9 dollari per mille mc, contro i 409 del 2008. Con questi prezzi, il quotidiano russo Vedomosti stima che nel 2009 i proventi per le esportazioni di gas saranno di 44 miliardi contro i 73 dell'anno scorso.

(3) Secondo il quotidiano finanziario Kommersant, il calo della domanda di gas russo porterà a problemi di liquidità e a limitazioni negli investimenti per la prospezione e lo sviluppo di nuovi giacimenti di gas. Probabilmente le esportazioni di Gazprom saranno quest’anno limitate a 170 miliardi di mc, contro i 179 dello scorso anno.

(4) In particolare la Cina, pur non essendo affatto immune alla crisi, sta tuttavia cercando di approfittare del momento per guadagnare terreno nell’area del Caspio. Dopo aver concesso alla Russia un prestito da 25 miliardi di dollari, ha prestato al Kazakistan 10 miliardi. Naturalmente la condizione è che i due paesi ricambino l’apertura di credito aumentando le forniture energetiche al paese del dragone.

(5) leftcom.org

(6) Per quanto riguarda le ultime vicende, lo stesso Karkarashvili ha espresso delusione per il ritardo dell’azione del governo, che forse aveva le informazioni e il tempo necessari ad impedire l’ammutinamento prima ancora che scoppiasse.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.