Ponte sullo Stretto. L’unione tra le due… “cosche”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo - Questa lettera che ci arriva dalla Calabria evidenzia ancora una volta come l’unico “progresso” che il capitalismo nostrano può garantire si incarna in mostruose colate di cemento che deturpano il territorio, arricchiscono mafia e padroni e non migliorano minimamente le condizioni di vita di chi, in Calabria, non ha nemmeno l’acqua potabile in casa.

L’idea del ponte sullo Stretto di Messina risale già alla seconda metà dell’Ottocento, è proseguita nel secondo dopoguerra per giungere infine ai progetti faraonici del secondo millennio. Ma le motivazioni per la realizzazione di quest’ossessione ingegneristica restano da sempre un mistero. L’informazione propinata all’opinione pubblica ha sempre rimarcato la valenza della costruzione esclusivamente sotto il profilo del progresso strutturale e di viabilità. Ma solo chi vive in Calabria può realmente constatare quali interventi necessita la regione e quanti servano invece per foraggiare “$ignorotti” locali collusi con la criminalità organizzata.

Il 19 dicembre scorso in 22 mila, provenienti da tutta Italia, hanno sfilato per le vie di Cannitello e Villa San Giovanni per gridare un chiaro NO alla costruzione di una megastruttura che presenta diverse falle da qualsiasi punto di vista la si analizzi. Economica, ingegneristica e ambientale.

In questa fase di eccezionale recessione con l’economia capitalista che versa in stato comatoso, il ricorso alla spesa pubblica viene proposto come una boccata d’ossigeno in funzione anticiclica. Sembrerebbe una soluzione, a sentire le sirene politiche di destra e sinistra, con più lavoro e col decollo industriale del sud. Peccato che dalla attuale crisi, di sovraccumulazione, non si uscirà se non attraverso la distruzione rovinosa di capitale. Per di più, il famoso ponte rappresenterà una vera unione tra due “cosche”.

Un progetto da 6,3 miliardi di euro dedicato alla realizzazione di 3,3 Km di ponte sospeso, 12 Km di rete ferroviaria e 15 Km di rete stradale. Una manna dal cielo per imprese a rischio di infiltrazioni mafiose. Anche da un punto di vista occupazionale ci sarà una forte impennata, nella fase costruttiva, seguita da una peggiore ricaduta.

Inoltre, l’apertura dei cantieri, avvenuta formalmente il 23 dicembre scorso con la posa della prima pietra a Cannitello (frazione di Villa S. Giovanni), presenta anch’essa punti interrogativi. Con questa “firma” sul cemento si rende operativa una clausola del contratto tra la società “Stretto di Messina” e il General Contractor capeggiato da Impregilo (società incaricata di realizzare ed eseguire il progetto definitivo di costruzione del ponte), che consente, in tal modo, al General Contractor di chiedere come penale, in caso di mancata realizzazione del ponte, il 10% del valore dell’intera opera. Sarebbe a dire, se lo Stato dovesse rinunciare alla realizzazione del ponte, si troverebbe a dover “risarcire” una cifra che oscilla tra i 390 e 630 milioni di euro. La realizzazione della megastruttura alimenterebbe anche l’intreccio fra grandi attori industriali e finanziari attraverso il complesso di espropri, appalti e subappalti che ricadono su larga parte della zona costiera calabro-sicula.

Potremmo anche trovarci di fronte ad un’ennesima cattedrale nel deserto. Come il caso della Liquichimica a Saline Joniche, uno stabilimento di bioproteine sintetiche che ancora oggi sorge davanti al Mar Jonio. Progetti come la Sir (Società Italiana Resine) di Lamezia Terme, il quinto Centro Siderurgico nella Piana di Gioia Tauro e lo stabilimento dell’Egam nella Piana di Sibari. Tutti previsti nel famoso “pacchetto Colombo” (esponente della Dc e presidente del Consiglio dei Ministri nel biennio 1970-1972), che prevedeva questi emblematici monumenti del supposto piano di sviluppo economico varato dal Governo per la Calabria, e che invece hanno rappresentato la Cassa integrazione per oltre 15.000 operai rimasti inoccupati.

Al pari di queste grandi opere, la realizzazione del ponte sullo Stretto avrà un notevole impatto ambientale con annessi rischi elevati per cose e persone. Il territorio reggino e messinese, orograficamente e morfologicamente, presenta seri punti deboli per ciò che attiene eventi sismici e dissesti idrogeologici. E proprio quest’ultimi, nei mesi scorsi, sono stati protagonisti nefasti a Giampieliri, nel messinese, e in varie zone della Calabria. A ciò si aggiunge la faglia sottomarina nei fondali dello stretto di Messina, fortemente instabile, che separa la Sicilia dal continente europeo. Non esiste tutt’ora una certezza assoluta di stabilità di una struttura come il ponte sullo stretto a fronte di un’incalcolabile magnitudo dei movimenti tellurici.

Anche dal punto di vista specificamente ambientale, una vasta area verrebbe cementificata con evidenti riflessi negativi sulla biodiversità dell’ecosistema terrestre e marino. In ultimo, per ciò che attiene la fase di sviluppo e progresso del sud tanto decantata dalla classe politica in riferimento alla costruzione dell’opera, la Calabria necessita, in realtà, di un’urgente riorganizzazione della rete stradale (se si considera che a causa dell’assetto attuale il bollettino parla di migliaia di decessi l’anno), ad iniziare dall’A3 e proseguire con le diverse strade statali che costeggiano la regione dal tirreno allo Jonio.

Servirebbe, oltremodo, un efficiente collegamento marittimo tra le due coste (attualmente sono operativi 2 aliscafi per migliaia tra lavoratori e studenti), un’adeguata e moderna rete ferroviaria, essendo ancora presenti per i collegamenti all’interno della regione, le famose “littorine” create nel ventennio fascista. E per concludere, la Calabria necessita anche di una rete idrica efficiente e, soprattutto, la possibilità per gli abitanti di avere in casa l’acqua potabile. Allo stato attuale, infatti, a causa dell’elevata presenza nell’acqua di grosse quantità di calcare e sale, è in grado persino di danneggiare frigoriferi, lavatrici, condizionatori e quant’altro.

Non a caso, uno dei principali slogan urlato a più riprese dai manifestanti durante il corteo del 19 dicembre scorso, evidenziava l’assenza per Calabria e Sicilia di una base primaria e vitale del progresso: “Vogliamo l’acqua dal rubinetto, ce ne fottiamo del Ponte sullo Stretto”.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.