Approvato il “Collegato lavoro” - La vecchia modernità della borghesia

Se i provvedimenti contro il mondo del lavoro dipendente fossero uova, altro che due frittate estemporanee su qualche sede cislina: i lavoratori avrebbero il colesterolo impazzito, a forza di ingollarne, un giorno sì e l’altro pure. Siamo sicuri, però, che nessuno, tra i politicanti rispettabili e i mass media per bene, si sognerebbe di chiamare terrorismo un così plateale attentato alla salute del proletariato. Ma, si sa, la borghesia - e i suoi squallidi servitori - non si perita affatto di usare due pesi e due misure o, detto in altro modo, l’ipocrita distorsione dei fatti, la truffa ideologica della “cittadinanza” sono l’essenza della sua presunta democrazia. Dietro l’uovo semisolitario lanciato in orbita breve dalla sacrosanta rabbia operaia, farebbe capolino la canna minacciosa della P38, mentre il diktat di Pomigliano o la legge approvata a fine ottobre sul cosiddetto arbitrato (“Collegato lavoro”) sarebbero brillanti passi in avanti sulla via della modernizzazione dei rapporti di lavoro. Di più: il segno tangibile che le orrende utopie di un passato che non vuol passare stanno per essere definitivamente archiviate dalla storia. Basta lotta di classe, basta con le assurde idee sull’inconciliabilità di interessi tra operai e padroni: dobbiamo essere moderni e renderci finalmente conto di essere tutti sulla stessa barca.

Peccato, però, che tanta presunta modernità sia vecchia come il mondo (borghese), peccato che l’idea cardine del “Collegato lavoro” - l’arbitrato conciliatorio per risolvere le controversie tra capitale e lavoro - sia la stessa - giusto per citare uno dei tanti esempi storici - che ha guidato la legislazione del fascismo (italiano e tedesco) relativa ai rapporti tra padroni e operai. Con questo, certamente Bonanni non è il dottor Ley, né la CISL il Fronte del Lavoro (Arbeiterfront: organismo di gestione della forza-lavoro creato dal nazismo, guidato da Ley), benché, appunto, le logiche che animano personaggi e organismi distanti nel tempo, per certi aspetti si assomigliano in modo sorprendente (?). D’altra parte, le leggi sull’arbitrato obbligatorio, tanto del fascismo italiano che di quello tedesco, caddero in un momento di gravissima crisi dell’economia capitalista; anche oggi, come tutti sanno e spesso a proprie spese, l’economia veleggia in acque molto agitate, benché, ovviamente, differenze ce ne siano rispetto all'epoca della più devastante (finora) crisi del capitalismo. Una di queste è che ottant’anni fa ci volle la violenza combinata dello stato e delle camicie brune per sbarazzarsi di sindacati, “di classe” o concertativi, ma in ogni caso diventati ostacolo intollerabile o inutile zavorra sulla via del “risanamento economico”.

Adesso, il sindacalismo maggioritario, anche quello apparentemente meno servile, non ha bisogno di essere costretto con la forza ai bisogni del capitale, essendo a tutti gli effetti un’articolazione organica del sistema capitalistico, diviso se mai tra nostalgici della concertazione tradizionale ed entusiasti sostenitori del “nuovo” corso padronale. Infatti, CISL e UIL hanno sottoscritto senza vergogna - anzi, ne sono state promotrici! - la norma che istituisce, accanto al giudice, un arbitro al di sopra delle parti (?!) avente il compito di di risolvere “in equità” e senza lungaggini le controversie sul posto di lavoro. Se la nuova versione della legge, respinta in prima battuta da Napolitano, non contiene più alcuni aspetti palesemente incostituzionali, tuttavia introduce la possibilità che un personaggio esterno alla magistratura ordinaria possa risolvere (si fa per dire) le questioni, saltando i normali percorsi giuridici. Detto in altro modo, è passato il principio della deroga alle leggi e se anche questo aspetto potrà innescare ricorsi all'infinito di carattere costituzionale, l'importante è che il muro delle deroghe sia stato sfondato. Infatti, al momento dell'assunzione, il lavoratore e il padrone potranno “scegliere liberamente” (la libertà, che gran cosa...) di certificare il contratto davanti all'apposita autorità certificatrice e demandare l'appianamento di eventuali contrasti non più al giudice, ma, appunto, a un arbitro che deciderà “secondo equità”, non secondo la legislazione corrente. Non ci vuole un genio per capire che difficilmente il neoassunto, e per di più precario, rifiuterà l'arbitrato “proposto” dal padrone, se tiene al posto di lavoro o al suo rinnovo.

Qualcuno si chiederà come mai il governo e i sindacati-escort si siano tanto accaniti per far passare una norma i cui aspetti più negativi sono stati (pare) eliminati o fortemente attenuati, che si porta dietro comunque zone d'ombra tali da esporla al blocco per incostituzionalità; che, infine, non aggiunge chissà cosa all'abbondante deregolamentazione del mercato del lavoro. Vero, e solo il tempo dirà se si tratta di uno strumento davvero utile all'attacco antiproletario o un semplice accessorio. Intanto, però, qualche risultato concreto - per i padroni - lo porta a casa già da ora. Il risarcimento del lavoratore, nel caso in cui vinca una causa, poniamo, per licenziamento, non sarà più commisurato al periodo effettivo intercorso tra la data del licenziamento e quella della chiusura della causa medesima, ma a una cifra compresa tra 2,5 e 12 mensilità; tenendo conto che pratiche di questo tipo durano normalmente alcuni anni, si fa presto a capire perché il Sole 24 ore (21 ottobre) salutasse con soddisfazione l'apertura della “via più breve per il nuovo lavoro”, in quanto ristabilirebbe “il rapporto di fiducia tra le parti”. En passant, oltre a ricostituire in fabbrica un clima da peace and love, il “Collegato lavoro” abbassa l'obbligo scolastico a quindici anni, perché l'ultimo anno del biennio delle superiori può essere trascorso in azienda, alle favolose condizioni di apprendista: chi l'ha detto che la fabbrica non è una scuola di vita?

Lasciamo ai giuristi democratici e alla CGIL l'indignazione per la Costituzione violata: sarà anche stuprata, ma non è certo dalla restaurazione delle leggi borghesi che il proletariato, quotidianamente stuprato all'ombra di quelle leggi, potrà sperare in un futuro diverso, e migliore.

CB

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.