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Home ›Anche a Mirafiori una newco? Un possibile “pacco” natalizio
... Confezionato da Marchionne, consegnato dai Babbi Natale sindacal-governativi
L'articolo che segue è stato scritto prima dell'accordo stipulato il 23 dicembre scorso, che, nella sostanza ha confermato le ipotesi espresse nella nota. Gli attori in campo hanno rispettato in pieno i rispettivi ruoli: la FIAT, nella sua offensiva strategica alla classe operaia, il governo, suo fedele valletto, i sindacati complici, macchiatisi una volta di più di infamia, la FIOM, cavaliere solitario della concertazione - diventata, almeno per la FIAT, un oggetto inutile se non controproducente - ma che, proprio per questo, passa per essere, a torto, campione di un'opposizione radicale a sua maestà il capitale. Infine, la classe operaia, messa, finora, all'angolo, sia dall'attacco a tutto campo della borghesia che - anche e non da ultimo - dalla mancanza di un punto di riferimento coerentemente classista e dall'azione narcotizzante del sindacalismo. Riuscirà il proletariato, in un prossimo futuro, a intravvedere un po' di luce nel tunnel in cui è stato incanalato, riuscirà, cioè, a rompere la cappa di paura e di scoraggiamento da cui è soffocato? Il quadro è fosco, ma niente è scritto nelle stelle...
Difficile dire, nel momento in cui vengono stese queste note, quale regalo riceveranno, per le feste, gli operai di Mirafiori, ma, dai Babbi Natale che si occupano di loro, è facile prevedere che, se dono ci sarà, potrà essere solo un gigantesco bidone. Non arriverà su di una slitta volante dalla lontana Lapponia, ma da una qualche elegante sala, molto più vicina, attraverso i monitor e la carta stampata, perché i Babbi Natale di cui sopra si guarderanno bene dal consegnare direttamente l'eventuale “pacco” natalizio ai diretti interessati, magari riuniti in assemblea generale, visto che probabilmente non sarà molto gradito. Là, CISL-UIL e altro sindacatume, tolte barbe finte, facce paciose e abiti scarlatti, dovrebbero giustificare ai “beneficiati” un accordo su Mirafiori che segnerebbe, in peggio, un'epoca e non solo per la classe operaia FIAT, ma per tutto il mondo del lavoro salariato.
Facciamo, però, un passo indietro, per inquadrare meglio la scena.
Tutti ricorderanno come, all'indomani dell'accordo su Pomigliano, CISL-UIL giurassero che, fatta salva la bontà dell'accordo medesimo, i patti sottoscritti per lo stabilimento campano erano un'eccezione, giustificata dalla necessità di salvare l'occupazione in una zona martoriata dalla scarsità di posti di lavoro, se non in nero. Certo, Marchionne chiedeva qualche sacrificio, ma, in fondo, meglio sgobbare come schiavi che guardarsi l'ombelico o farsi assumere da une delle più fiorenti aziende del mondo, vale a dire la premiata ditta Camorra and Co. L'esito del referendum, benché vittorioso per la FIAT e i suoi scagnozzi sindacali, non era però trionfale, segno che la rassegnazione alla schiavitù non aveva sfondato tra le “tute blu” di Pomigliano, il che ha fornito la scusa all'amministratore delegato per lasciare sul vago il famigerato piano “Fabbrica Italia” da venti miliardi di euro: “e cche c...., se gli operai non saltano alla schiocco della frusta come cagnolini da circo, rischio di buttare via i soldi”, va da allora ripetendo il manager da sei milioni di euro all'anno (euro più, euro meno).
Che l'accordo di Pomigliano fosse destinato a cambiare le “relazioni industriali”, non ci voleva molto a capirlo: qual è quel padrone che, almeno tendenzialmente, non vuole godere delle condizioni più vantaggiose nella gestione della forza lavoro? Come abbiamo detto mille volte, la crisi ha inasprito la concorrenza e, quindi, la ricerca frenetica di ogni accorgimento diretto a massimizzare lo sfruttamento. Ecco allora che, dopo qualche mese, anche per non perdere la maggiore impresa dell'associazione, tutta Federmeccanica ha disdetto unilateralmente il contratto dei metalmeccanici, senza fare molta distinzione tra quello del 2008 – con la FIOM – e quello del 2009 – senza FIOM. A dire il vero, la disdetta del contratto nazionale non è stata esente da titubanze e resistenze di una parte dei padroni metalmeccanici. Infatti, dando per scontato che meno “lacci e laccioli” frenano lo sfruttamento della classe operaia e meglio è, è anche vero che, mentre la FIAT può spostare i suoi investimenti da un capo all'altro del mondo con relativa facilità, aggirando il “confronto” col sindacato, per molti imprenditori di taglia inferiore – e quindi più vincolati al territorio – è meno facile eludere lo scoglio sindacale, sebbene lo scoglio in questione non sia poi così granitico come vuole apparire. Nello specifico, lo “scoglio” sarebbe la FIOM, il cui peso, in tante aziende metalmeccaniche, è notevole, per cui diventa problematico il suo mancato coinvolgimento nel governo della forza lavoro.
Dunque, dopo aver trascinato Confindustria nello strappo anti-FIOM, Marchionne tira fuori dal cilindro un altro coniglio, fratello gemello, o persino più brutto, di quello estratto a Pomigliano: siccome anche in Serbia pagano profumatamente se la FIAT va a produrvi automobili, o si sindacati, a Mirafiori, accettano senza batter ciglio le condizioni dell'azienda, oppure niente miliardo di investimenti, niente nuovi modelli. In pratica, la direzione aziendale decreterebbe la fine dello stabilimento torinese. Per dimostrare che non scherza, Marchionne ha messo sul tavolo una “newco” (nuova azienda) anche per Mirafiori e l'uscita da Confindustria, almeno fino a quando non verrà creato un nuovo contratto per l'auto, separato da quello dei metalmeccanici. Ancora una volta, ci vuole poca fantasia per capire che l'eventuale nuovo contratto sarà impostato sul modello Pomigliano o quello avanzato per Mirafiori. Quest'ultimo prevede, oltre al divieto di sciopero, di malattia, all'accorciamento delle pause, all'aumento degli straordinari ecc., una nuova turnistica, cioè due turni giornalieri di dieci ore per sei giorni (ma ogni operaio ne lavora quattro), con quattro ore di fermo degli impianti per la manutenzione e gli “eventuali” straordinari. In alternativa, i diciotto turni come a Pomigliano, con annessi e connessi: prendere o lasciare. Naturalmente, la Marcegaglia, pur ingoiando il rospo del “momentaneo” distacco da Confindustria, ha preso, anche perché l'indotto di Mirafiori coinvolge tante aziende (con relativi lavoratori) e, al di là delle ovvie simpatie antioperaie, l'organizzazione padronale ha tutto l'interesse che lo stabilimento torinese non chiuda.
Invece, i sindacati-escort per eccellenza, CISL-UIL, sono rimasti spiazzati dall'arroganza della FIAT e, per non perdere gli ultimi brandelli di quella faccia che non hanno più, a malincuore si sono dovuti alzare, con la FIOM, dal tavolo delle trattative intentato a Torino ai primi di dicembre. Siamo però fiduciosi che CISL-UIL troveranno presto un escamotage per giustificare il loro ritorno in pompa magna al “confronto” con Marchionne, cioè all'accettazione del suo nuovo diktat. D'altra parte, la volontà c'è tutta, come dubitarne: «Non è che siamo contro la newco o contro gli adattamenti alle singole situazioni aziendali per favorire la produzione, ma questo non vuol dire mollare il contratto [nazionale, ndr]» (la FIM al manifesto del 4 dicembre 2010). Insomma, dopo tanta fatica per confezionare un contratto nazionale che soddisfacesse gli industriali, dateci almeno il tempo di confezionare nuove balle da spacciare agli operai, che diamine! Anche Sacconi, ministro del welfare che non c'è più, anche Romani, ministro di un ipotetico sviluppo produttivo, pregano in ginocchio Marchionne affinché non strapazzi troppo chi, in sessant'anni di onorata carriera, si è prodigato per piegare la classe operaia alle esigenze del profitto, senza deflettere mai.
Solo la FIOM si ostina a rivendicare il ruolo di sindacato concertativo, quando le asperità di una crisi superata per lo più solo nella propaganda del governo, rendono la concertazione uno strumento ormai inservibile per la gran parte del padronato e, di sicuro, per la FIAT. La FIOM ci sta provando in tutti i modi a convincere l'azienda torinese (?) che nel vecchio contratto del 2008 ci sono già tutti gli strumenti per far aumentare il passo agli operai dentro e fuori le linee, che è disposta a mettere in atto una «procedura di raffreddamento in caso di contrasti prima di proclamare uno sciopero», ma «nessuna nostra idea è stata accolta»(Airaudo, segretario FIOM, sul manifesto cit.). Che se ne può fare, Marchionne, di una “procedura di raffreddamento”, quando negli USA, a Kragujievac o a Pomigliano ha chiesto e ottenuto il divieto di scioperare, quando il comando padronale è di tipo “ottocentesco”? Lo ribadiamo, in chiusura: a Mirafiori, dopo Pomigliano, è in atto il tentativo di andare a creare, nei fatti, un nuovo rapporto (un cosiddetto patto sociale) tra capitale e forza lavoro, come prospettiva strategica.
Mai, come in questa fase di crisi profonda del capitale, emerge l'impotenza, oltre che l'infamia, del sindacalismo.
CBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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Comments
Cioè,se non interpreto male:
siamo più o meno tornati ai tempi delle vecchie società,fiat,alfa romeo,lancia,autobianchi,ferrari,maserati,om ecc;con varie società,una separata dall'altra, ma che tutte dovrebbero produrre, in una specie di sub-appalto, autoveicoli per il marchio fiat,con contratti di lavoro, variabili a decrescere, da stabilimento a stabilimento !?