C'è un'alternativa reale

C'è un dato saliente a proposito della crisi odierna: si sta facendo strada l'idea che debba esistere un'alternativa migliore rispetto al capitalismo. Giorno dopo giorno, mentre la vita quotidiana diventa sempre più faticosa, questa alternativa sta diventando una necessità pratica. Certo, esistono i mezzi tecnologici e le infrastrutture che potrebbero rendere un altro mondo possibile, un mondo in cui ciascuno possa dare il suo contributo alla società senza che nessuno sia in condizione di sfruttare gli altri e nessuno debba soffrire la fame o la mancanza di un tetto sopra la testa. Ma allo stesso tempo non dobbiamo farci nessuna illusione che un tale memorabile cambiamento – sì, osiamo dirlo... rivoluzionario – possa essere tollerato, nè tanto meno introdotto, da qualche apparato politico o giuridico di uno stato capitalista, neppure i più “democratici”.

Infatti la crisi sta evidenziando con forza che la democrazia parlamentare non ha nulla a che vedere col dare voce ai lavoratori ed alle loro richieste. Anzi, tutto il contrario...

Tutti i parlamenti e le altre istituzioni dei paesi capitalistici avanzati stanno approvando infatti misure di austerità, tagli all'assistenza sanitaria e alle pensioni, riduzioni ai sussidi sociali, allentamento delle leggi che regolano i contratti di lavoro, tutte misure che impongono sacrifici per la vasta maggioranza della popolazione nel tentativo di salvare un sistema apertamente basato sull'accumulazione di profitti. Sotto il capitalismo il benessere della maggioranza della popolazione è un fatto incidentale a questo scopo primario. Ad un osservatore razionale tutto ciò risulterebbe semplicemente ridicolo.

La nostra “democrazia”

I lavoratori invece potrebbero gestire le cose diversamente.

Essi portano con sé i germi di una società differente ogni qual volta che decidono sulle azioni collettive. In lotte realmente indipendenti, ci organizziamo dal basso. Le assemblee di massa eleggono comitati di sciopero, che hanno lo scopo di coordinare la lotta e collegarsi con altre realtà analoghe. Ogni comitato è sempre responsabile verso l'assemblea di massa e può essere da questa revocato in qualsiasi momento. I suoi membri possono essere sostituiti, se necessario.

Si confronti questo con l'offerta del capitalismo di una votazione ogni 5 anni, per scegliere tra due schieramenti entrambi sostenuti dai milioni messi in campo dai capitalisti.

Il nostro sistema si baserebbe sull'elezione a livello locale di delegati che partecipino alle assemblee di livello regionale, dalle quali sarebbero eleggetti delegati per gli organismi più alti.

Questi sarebbero ben diversi dagli attuali cosiddetti “rappresentanti” parlamentari. Infatti i parlamentari non rappresentano certo i loro elettori, ma solo se stessi ed i loro partiti. Senza contare che non possono essere rimossi per anni ed anni. Il sistema dei delegati è completamente differente. Ad ogni livello i delegati possono essere rapidamente revocati, se mancano di svolgere i loro precisi mandati.

Questo sistema sarebbe più “democratico” dell'attuale. Ma questa è solo metà della storia.

Non si può avere una reale “democrazia” senza uguaglianza economica. Nello stesso momento in cui si costruisce una nuova struttura politica, occorre anche sbarazzarsi delle disuguaglianze su cui si regge il capitalismo per sopravvivere. La classe lavoratrice dovrà prendere in mano la gestione delle aziende in cui lavora ed indirizzarne la produzione al soddisfacimento dei bisogni di tutta la comunità. Allo stesso tempo, il denaro come metodo di contabilità dovrà essere abolito ed i prodotti dovranno essere distribuiti secondo le necessità. Ciò naturalmente non significa che il lavoro sarà abolito, ma che sarà ripartito equamente tra tutti. In questo modo ci sarà lavoro utile per tutti, ma senza la fatica e la schiavitù del lavoro salariato.

Un mondo del genere sarebbe organizzato secondo il motto originario di Karl Marx: “da ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo i sui bisogni”. Questa è l'essenza originaria del comunismo – un mondo senza stati, classi e nazioni. Non ha niente a che fare, quindi, con l'incubo emerso nella ex Unione Sovietica.

Alcuni sostengono che “natura umana” ci impedirà di raggiungere una società di questo tipo. Dimenticano però che la natura umana non è un fattore statico e che dipende dal tipo di società in cui si vive. Abbiamo avuto 300 anni di competizione capitalistica, guerre e avidità, ma possiamo scrollarcele di dosso. Le rivoluzioni hanno sempre modificato le percezioni ed i rapporti delle persone. Permettono cioè di sbarazzarsi del “letame dei secoli” (Marx). La prossima non sarà differente.

È vero, la nostra prospettiva non si concretizzerà dalla sera alla mattina. Si dovrà combattere politicamente per affermarla. È per questo che ci serve un'organizzazione politica internazionale, che coordini le nostre lotte sparse nel mondo e metta in discussione la struttura del potere capitalista. Questa organizzazione non è un governo in attesa di mettere al potere nuovi sfruttatori (non abbiamo “capi”), ma un organismo di lotta che guida l'assalto al capitalismo.

Siamo impegnati a cercare il modo di collaborare con altre organizzazioni classiste, che la pensano come noi, al fine di raggiungere la più ampia parte del proletariato. Se siete d'accordo con i principi qui esposti, contribuite a trasformarli in realtà unendovi alla lotta. Abbiamo un mondo da guadagnare.

CWO

Comments

Veramente molto bello questo pezzo dei compagni inglesi della CWO.

Non saprei, io cercherei di tenere apera la via parlamentare. se non altro non si riempiono la bocca con chiacchere su una rivoluzione armata che almeno nei paesi in cui i lavoratori hanno un briciolo di diritti, non è possibile se non con la fame e l'abolizione di tali diritti cosa inconcepibile per un comunista. l'idea dell'autogestione delle fabbriche (come nell'urss leninista o nella jugoslavia titina) mi sembra eccellente anche se, per quanto ami il genere umano, non mi fido di lui (non sono pochi gli esempi che confermano i miei dubbi sull'umanità). al liceo avevo un idea simile in quanto a elezioni, dei rappresentanti di ogni quartiere si uniscono a rappresentanti di fabbrica (i bisogni di lavoratori e cittadini non sempre sono uguali neanche in capo alla stessa persona) si radunano in consiglio comunale. più comni formano una zona più zone una provincia, più province una regione più regioni un'area e più aree una nazione. le leggi statali avranno l'unico compito di essere diritto comune. il diritto comune per secoli è stato il collante tra vari territori e serviva a colmare le lacune o casi troppo importanti per essere lasciati all'arbitrio di consoli o signori locali. ritengo che le leggi regionalipossano avere natura di diritto locale mentre dalla zonaal quartiere, le leggi saanno consuetudini poicheè il territorio di competenza è più ristretto e le condizioni di vita abbastanza simili

Non condivido quello che hai detto. Un paio di osservazioni, prendendo spunto dal tuo messaggio:

1)Il documento della cwo non incita alla "rivoluzione armata", pone l'accento sulla necessità rivoluzionaria, economica e sociale. Ci tengo a chiarire questo...da nessuna parte troverai scritti della CWO o di Battaglia Comunista dove si incita alla lotta armata, stiamo attenti. Prendere atto che durante un processo di trasformazione reale della società ci possano essere forme "violente" non significa incitare alla lotta armata. La contrapposizione quindi non è - come vuole far crede l'deologia borghese - tra lotta non armata e lotta armata ma tra riformismo e soluzione rivoluzionaria, io sono per la seconda.

2)

La classe lavoratrice dovrà prendere in mano la gestione delle aziende in cui lavora ed indirizzarne la produzione al soddisfacimento dei bisogni di tutta la comunità. Allo stesso tempo, il denaro come metodo di contabilità dovrà essere abolito ed i prodotti dovranno essere distribuiti secondo le necessità. Ciò naturalmente non significa che il lavoro sarà abolito, ma che sarà ripartito equamente tra tutti. In questo modo ci sarà lavoro utile per tutti, ma senza la fatica e la schiavitù del lavoro salariato.

Un mondo del genere sarebbe organizzato secondo il motto originario di Karl Marx: “da ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo i sui bisogni”. Questa è l’essenza originaria del comunismo – un mondo senza stati, classi e nazioni.

Il documento non parla semplicemente di autogestione delle fabbriche ma nei fatti propone la socializzazione dei mezzi di produzione. Non è la stessa cosa.

PS: anonimo il mio messaggio non è una risposta a te, ho preso solo spunto per fare un paio di osservazioni.

Il pezzo è ottimo, ovviamente il tutto meriterebbe più spazio. Nella jugoslavia di Tito al di là delle etichette c'era solo capitalismo, con tanto di emigrati in Germania, America, etc. Parlare di elezioni per esempio ha un senso solo in una società creata su un'economia capitalista, in caso contrario è l'ennesima presa di giro. Come discutere se lo stato debba essere accentrato o federale.

What a pity the Italians all post in Italian. I would love to read what they say. And they are so active too. Not like the meagre English posters we get. Why the difference does anyone think?

sono d'accordo che "si sta facendo strada l’idea che debba esistere un’alternativa migliore rispetto al capitalismo". bene! anche gli spunti di lettura come questo giornalino vanno bene! ma questa lettura della situazione attuale alla luce di marx mi pare vecchia: una semplice riedizione del bolscevismo o al massimo del consigliarismo, per cui nutro pure rispetto, ma il comunismo si alimenta dell'avvenire e non del passato!

in poche parole bisogna guardare alle letture più recenti (gli anni '70, la politica extraparlamentare, l'autogestione) proprio per non ripetere "l’incubo emerso nella ex Unione Sovietica". in breve credo che tali esperienze siano molto distanti dalla politica del marxismo ortodosso (il Partito, la Classe) che oggi nessuno di noi accetterebbe! la società è molto diversa oggi, nel suo modo di produzione da allora. il socialismo si deve porre il problema del pluralismo e della democrazia diretta.

Anonimo, trovo questo tuo messaggio –devo dire la verità – un poco superficiale e soprattutto contraddittorio.

Scrivi

“una semplice riedizione del bolscevismo o al massimo del consigliarismo, per cui nutro pure rispetto, ma il comunismo si alimenta dell’avvenire e non del passato!”

Dici di non guardare al passato eppure tu stesso critichi l’articoli basandoti su “vecchie” etichette, senza entrare nel merito dei contenuti; per questo motivo giudico il tuo messaggio superficiale oltre che contraddittorio.

Lo stesso stile lo mantieni anche dopo:

“in breve credo che tali esperienze siano molto distanti dalla politica del marxismo ortodosso (il Partito, la Classe) che oggi nessuno di noi accetterebbe!” Ma cosa significa? Vedo solo etichette, nessuna critica sostanziale.

“la società è molto diversa oggi, nel suo modo di produzione da allora. il socialismo si deve porre il problema del pluralismo e della democrazia diretta.”

Questo sarebbe il nuovo? Ma questa ricetta è vecchissima… è la ricetta riformista più vecchia del mondo…