Proteste sociali in Romania

Introduzione

Pubblichiamo qui la traduzione di un testo prodotto dai nostri compagni tedeschi del GIS (Gruppe Internationalister Sozialisten) sugli eventi in Romania, aggiornato al 28 gennaio 2012. In seguito, il governo di Emil Boc è "caduto", dietro la spinta di proteste continue (a dispetto del rigido freddo) e, in rapida successione, Boc è stato seguito dal vice Primo ministro Mihai Răzvan (6-9 febbraio) e poi dal Primo MinistroUngureanu Cătălin Predoiu, il cui gabinetto era stato approvato dal parlamento il 9 febbraio.
In realtà, Boc si è dimesso nel tentativo di arginare l'ondata di rabbia di classe fomentata dai piani di privatizzazione, mentre molti membri del suo governo (tar cui Răzvan e Predoiu) sono rimasti in carica. Lo stesso Boc ha affermato l'intenzione di "smorzare la tensione politica e sociale" a riguardo delle misure d'austerità. Che le misure stesse invece vengano ancora portate avanti è stato confermato da Predoiu.
L'opposizione borghese ha boicottato il parlamento dal 1o febbraio, chiedendo "una ripartenza completa da zero per la società rumena". Una ripartenza che sarebbe tale solo nel senso di essere incaricata dell'amministrazione delle misure di austerità imposte dal capitale.
Come al solito, i mezzi d'informazione borghesi occidentali si sono concentrati sugli affari politici a livello statale, e sembra che non ci sia nessuna notiza impportante sulla risposta di massa alle dimissioni di Boc e alle altre manovre politiche (i commenti di una manciata di individui, selezionati per la loro conoscenza delle lingue straniere, e senza dubbio sono insostituibili per il livello d'intreccio che permettono tra le loro opinioni e quelle degli intervistatori). Ma bisogna sperare che la classe lavoratrice rumena (si veda leftcom.org ) continui a perseguire la sua indipendenza dalle forze borghesi e cominci, in maniera necessariamente concomitante, a cercare una "ripartenza per la società umana". Per farlo, non c'è bisogno di dirlo, si dovraanno dotare di una (vera) organizzazione comunista.

CWO

28 gennaio 2012

Da mercoledì 11 gennaio 2012, dopo 23 lunghi anni dalla caduta del regime di Ceausescu, che dopo un iniziale periodo di speranze ha portato ad un era di rassegnazione e di stagnazione sociale, ci sono nuovamente segni di movimento in Romania. In migliaia si sono riversati nelle strade da Venerdì 13 gennaio. In modo completamente spontaneo le proteste, ormai diffuse in più di quaranta città sono scoppiate in tutto il paese dopo che il governo a fine dicembre ha varato una riforma di privatizzazione complessiva del sistema sanitario. Tra le altre cose è stato totalmente privatizzato anche il servizio di soccorso “SMURD” attivo su tutto il territorio rumeno. In teoria questo avrebbe voluto dire la fine del servizio fondato al tempo da Raed Arafat, che, palestinese di nascita, godeva di alta stima tra la popolazione rumena. Di fatto le cose hanno preso una piega ben diversa da quella auspicata dal governo, che dopo aver smantellato nell’anno precedente intere parti del sistema sociale senza incontrare grosse proteste da parte dei rumeni, con tanto di complimenti dall’IMF, pensava di trovare la strada ancora spianata.

Nel 2011 infatti la forza di governo composta da PDL (Partito Liberal-Democratico) e UDMR/RMDSZ (Unione Democratica degli Ungheresi in Romania/Alleanza Democratica degli Ungheresi di Romania) ha fatto passare uno dei più duri tagli sui salari di tutta Europa. Solamente nel settore pubblico, il governo tagliò gli stipendi e le pensioni di un quarto netto e il già misero sussidio di disoccupazione del 15%. Nello stesso momento l’IVA è stata subito alzata dal 19% al 24% e in brevissimo tempo di un altro 5%. Tutto questo in tempi nei quali la pensione non bastava nemmeno per potersi permettere i medicinali strettamente necessari o a pagare le tasse del riscaldamento.

Ho lavorato 35 anni come insegnante e ora mi devo vergognare per la mia misera pensione, con la quale non posso nemmeno pagare il riscaldamento... Questa è una terribile umiliazione!

Questo lo sfogo della ormai sessantenne Gabriele Vernat. Ma non è la sola ad essere in questa situazione.

Contemporaneamente il governo decise di ridurre ancora di più i diritti dei lavoratori. Nel 2011 il tasso di disoccupazione è salito ufficialmente da 6,9% al 7,2%. I prezzi di elettricità, acqua e generi alimentari sono aumentati. Ci sono stati aumenti eclatanti soprattutto nelle città ad alta frequentazione turistica. Sembrava in tutto e per tutto che a fine 2011 le riforme sulla sanità introdotte dal capo di stato Traian Basescu sarebbero passate come tutti gli altri tagli e le riduzioni in ambito sociale e lavorativo. Ma i reggenti hanno sbagliato i calcoli. Con la legge sanitaria è stato fissato il taglio dei servizi per i gli assicurati delle casse mutue. Tutte le prestazioni addizionali e i consulti sono diventati a pagamento per tutti.

Sembrava in tutto e per tutto che a fine 2011 le riforme sulla sanità introdotte dal capo di stato Traian Basescu sarebbero passate come tutti gli altri tagli e le riduzioni in ambito sociale e lavorativo. Ma i reggenti hanno sbagliato i calcoli. Con la legge sanitaria era stato fissato il taglio dei servizi per gli assistiti dalle casse mutue. Venivano introdotti nuovi balzelli e reso obbligatorio il pagamento di tutti i consulti con i dottori. Dovrebbe, a chi di dovere, essere risaputo che la Romania con i suoi salari bassi e un alto tasso corruzione, gode di una miserabile reputazione tra la popolazione lavoratrice.

Cristian Cercel, corrispondente rumeno del giornale inglese Guardian descrive così la situazione:

Molti ospedali in Romania sembrano fungere come anticamere della morte, ma il sistema fondato da Arafat, è agli occhi di tanti rumeni una delle poche cose che funzionano, salva letteralmente vite.

L’intenzione di privatizzare totalmente il servizio di soccorso è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, così da far definitivamente cambiare gli umori dei rumeni. La totale privatizzazione del servizio lo avrebbe reso a pagamento per tutti, pena arrangiarsi da soli anche in caso di gravi emergenze. (…)

L’intenzione di esporre il servizio di soccorso “SMURD” a questo drastico trattamento, avrebbe significato l’annullamento della funzione voluta da Raed Arafat, che dal canto suo, essendo anche sottosegretario di stato, ha pubblicamente dichiarato che la nuova legge avrebbe distrutto il sistema sanitario, e che lui non era assolutamente d’accordo con tutto ciò. Traian Basescu, che era impopolare già prima di tutto ciò, per via del suo stile di governo autoritario, non ha fatto altro che peggiorare la sua situazione attaccando pubblicamente Arafat sui media, accusandolo di essere

il più grande nemico della sanità privata.

Le affermazioni successive non sono state molto diverse:

Se (Arafat), non approva la legge, allora deve andarsene.

Di conseguenza, il 13 gennaio Raed Arafat si è infine dimesso dal suo incarico.

In centinaia si sono riuniti per manifestare contro i cambiamenti sulla legge e sul servizio sanitario, in tutte le principali città e regioni del Paese, e il giorno dopo, come non succedeva da anni di apatia politica, le centinaia sono diventate parecchie migliaia. In modo stupefacente, nonostante il governo di Traian Basescu avesse per ora ritirato la proposta di legge, il numero dei dimostranti continuava a crescere. Il servizio di soccorso SMURD rimarrà dunque per ora attivo.

Già l’undici gennaio, a Targu Mures, sede degli studi di Arafat, centinaia di persone erano scese in strada per dimostragli solidarietà. Stessa cosa a Cluj Napoca. Ben presto una inaspettata ondata di indignazione e solidarietà si è sollevata per tutto il paese. A Banat, Apuseni e Maramures, a Sibiu, in Transilvania, in Moldavia, in Bucovina, in Valacchia, sopratutto a Bucarest e sul Mar Nero, in centinaia si sono riuniti per manifestare contro i cambiamenti alla legge sul servizio sanitario. Il giorno dopo in migliaia sono scesi in strada, come non succedeva da molti anni, dominati dall'apatia politica. Grosse manifestazioni hanno attraversato le città di Botosani, Deva, Alba Iulia, Craiova, Brasov, Piatra Neamt, Lasi, Timisoara e Arad, Suceava, Constanza, Pitesti, Vaslui, Galati e Sibiu. In modo stupefacente, nonostante nel frattempo il governo di Traian Basescu avesse ritirato la proposta di legge, il numero dei dimostranti ha continuato a crescere e quello stesso venerdì Raed Arafat ha potuto occupare nuovamente il suo ufficio. Il servizio di soccorso SMURD rimarrà per ora attivo.

Il carattere della protesta

Siamo stufi dei partiti! Sia dello LDP [i liberaldemocratici] che dello SPD [i socialdemocratici poststalinisti]! … Siete tutti uguali!

Così recitavano gli striscioni a Bucarest. Le proteste sono andate molto oltre la critica alla pianificata privatizzazione del sistema sanitario. La protesta si è direzionata contro i catastrofici tagli del governo di centro-destra di Emil Boc, contro il suo comportamento autoritario e lo stile di governo del capo di stato Basescu, scontrandosi con l’intero “establishment” politico. Anche i tentativi dei partiti di opposizione, il PNL (Partito nazional-liberale) e lo SDP (i socialdemocratici), di incanalare la protesta sui loro contenuti, hanno largamente fallito. Rispetto al passato non è loro riuscito di dominare la situazione. Alcune delle manifestazioni hanno commemorato con delle candele le vittime della rivoluzione del 1989, ricordando che non sono morti invano. Si è manifestato per i motivi più disparati. Unificante è stata soprattutto la rabbia contro l’assetto politico che non fa altro che incrementare la povertà con la sua disastrosa politica dei tagli.

Una forte partecipazione alle proteste è venuta dai pensionati, che da lunghi anni si oppongono attivamente allo smantellamento sociale. Vi si aggiungono studenti, giovani disoccupati, infermiere e dottori, informatici e lavoratori specializzati, i quali non trovano lavoro perché le aziende occidentali stanno abbandonano il Paese per spostarsi laddove la forza lavoro costa ancora meno.

Molti degli slogan sono crudi e in generale si può dire che spesso poggiano su una base abbastanza nazionalista. Molti vedono la miseria economica come una conseguenza di malgoverno, dei suoi tagli ed errori. Il fatto che la miseria dominante sia un prodotto della crisi del capitalismo che andrebbe messo su di un piano internazionale è sicuramente convinzione di una minoranza. Sicuramente le forze reazionarie quali i monarchici o i neolegionari fascisti, che abilmente hanno cavalcato l’onda dell’ultimo lungo periodo di apatia politica, stanno guadagnando influenza. Sarebbe però sbagliato bollare la protesta come esclusivamente nazionalista. Un tale punto di vista non solo non renderebbe giustizia alle differenze e contraddizioni della protesta, ma lascerebbe campo libero alle forze reazionarie, e ciò risulterebbe fatale a tutti gli effetti.

L’assetto politico

La dirigenza politica rumena ha reagito in modo molto scocciato, e in tutta la sua arroganza ha mostrato di non essere da meno di Nicolas Sarkozy o di David Cameron. Basescu ha affermato che il popolo non si merita il proprio leader. Il ministro degli esteri Teodor Baconschi ha definito i dimostranti - riguardo agli scontri avvenuti nelle strade - una massa incapace e violenta di abitanti degli “slum”. È stato licenziato il 23 gennaio dal Premier Emil Boc. Più pericolosi sono invece risultati gli opuscoli distribuiti da un monaco della chiesa ortodossa, che istigato dal miliardario Georg Soros, accusava le proteste di esser una congiura politica estera atta a destabilizzare la Romania. Un altro deputato ortodosso-nazionalista ha fatto appello al nazionalismo dei suoi compatrioti dichiarando, con chiaro riderimento ad Arafat:

Sono disgustato da questa protesta, non dovremmo difendere un arabo.

A sentire invece l’opposizione, si dovrebbe andare verso nuove elezioni, smorzando così, secondo noi, la forza che la protesta ha avuto fino ad ora.

Quanto il governo prenda seriamente le proteste si può capire dal massiccio intervento della polizia e della gendarmeria che, secondo testimonianze oculari, hanno attaccato violentemente anche semplici passanti. A Bucarest la polizia se l’è perfino presa con un uomo che stava semplicemente rientrando a casa. Quando l'uomo s'è messo a correre, a seguito delle loro minacce, l'hanno inseguito e poi sbattuto addosso a un reticolato di filo spinato e infine dalla distanza di un metro gli hanno sparato ginocchio una granata lacrimogena su un ginocchio, provocandogli gravi fratture multiple alla gamba. Il servizio di sicurezza rumeno ha imparato un po’ di cosette a riguardo di queste situazioni. A molti passeggeri dei treni è stato vietato di spostarsi da un luogo all’altro, per impedire loro di andare a supportare manifestazioni in altre città, come era già successo nel 1989, quando il massiccio spostamento di studenti, tramite lo scambio reciproco di informazioni e solidarietà, aveva portato alla generalizzazione delle proteste in tutto il paese.

Prospettive

Al momento è difficile prevedere come si svilupperanno le proteste, vista anche la scarsa divulgazione dei fatti rumeni sui media. Quello a cui applaudiamo però è che la maggior parte di quelli che protestano richiedono le dimissioni immediate del governo. Giorno per giorno le proteste continuano e si espandono. Sembra che la Romania non abbia superato l'idea che all’interno dello spettro democratico-parlamentare siano ancora molte le cose che possano essere migliorate, anche se i partiti di opposizione non godono di migliore fama rispetto a quelli al governo. C’è di nuovo però, che una parte dei dimostranti si è difesa contro la violenza della polizia e della gendarmeria. Questo fattore non va però sopravvalutato, perché lo Stato sarà meglio armato la prossima volta.

Naturalmente i media espongono ciò che sta succedendo in Romania come violenza gratuita, quasi come se si stesse parlando di una partita di calcio con una escalation di violenza. I combattimenti in strada sono durati quattro giorni e si sono estesi su un’area di 6 km. Per quanto la protesta possa avere molte sfaccettature, quella portata avanti dai media è solo una attiva politica di disinformazione generale. Per provare a far emergere la situazione, sono state positive anche le proteste di vario tipo organizzate davanti ai consolati e alle ambasciate rumene in altri paesi.

La speranza è che presto le proteste si allarghino e si leghino in forma di scioperi e dimostrazioni anche all’interno delle fabbriche e del settore pubblico portando così ad una nuova dinamica dove soluzioni piccolo-borghesi perdano il loro potere di persuasione. Altrettanto importante sarebbe riuscire a sgombrare il campo dalle formule razziste e nazionaliste all'interno di queste lotte. Al momento non sembra proprio essere così, ma fino a poco tempo fa nessuno avrebbe immaginato che il ministro degli esteri Teodor Boconschi sarebbe presto stato costretto a dimettersi. Ci vorrà ancora qualche tempo per vedere quali saranno i sviluppi. In ogni caso, questa situazione è sicuramente un precursore di ciò che accadrà con l’aggravarsi della crisi internazionale del capitalismo.

Le esplosioni di rabbia isolate a livello nazionale non basteranno però, per difendersi dagli attacchi sociali della classe dominante. Alla fine solo una forte e radicata organizzazione internazionale e internazionalista potrà portare i lavoratori e le lavoratrici a superare la linea di divisione tra gli stati e portare a delle battaglie globali che abbiano una direzione rivoluzionaria.

G.A.C.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.