Crescite e decresite: i cervelli degli economisti e degli “indignati” sono in tilt

Dalle sabbie mobili della crisi capitalistica non ci si libera; la produzione si infiacchisce di giorno in giorno poiché la domanda - privata e pubblica - arretra con i tagli di salari e pensioni e l'aumento dei debiti dello Stato. Non si esce dal tunnel e si rischia di rimanere sotto le macerie del suo stesso crollo. Si è tentato di tutto (entro le logiche e le pratiche gangsteristiche inposte dal sistema): in testa gli Usa (“faro del capitalismo e della civiltà borghese”) che nell'ambito degli “affari finanziari” hanno persino ripiegato sull'acquisto pubblico di titoli garantiti da prestiti ipotecari (gli asset non-standard), pescando in un cumulo di putridume finanziario, o con le aste truccate di prodotti tossici.

E mentre le Borse mondiali bruciano centinaia di miliardi di euro e dollari nei loro altalenanti giochi, c'è chi finge di indignarsi per la “delegittimazione morale e politica” delle classi dirigenti… Le quali rafforzano le serrature delle loro casseforti e si trincerano nel loro bel mondo con ristrutturazioni, concentrazioni di natura monopolistica, salari in calo (“una spirale discendente”: sempre negli Usa si segnala un “reddito” del 90% delle famiglie americane rimasto sostanzialmente invariato dal 1973), maggiore produttività per unità di lavoro, licenziamenti di “esuberi” (se possibile per “legittimo motivo”…) e quindi disoccupazione alle stelle. Uno dei guru americani, P. Krugman, l'ha definita ad un “livello di pura e semplice disperazione umana”. Paradossalmente, lo statuto della Fed imporrebbe la promozione della “massima occupazione”! Non certo per spirito filantropico, ma per strappare plusvalore alla forza-lavoro e vendere merci per consumi inutili e dannosi…

Un altro guru (Allen Sinai, scuola di M. Friedman a Chicago e già consulente dei presidenti Usa) piange su gli “effetti deprimenti per l'economia” e invita a “cercare soluzioni nuove”: dal cilindro esce il decrepito coniglio della “riforma delle tasse”. A beneficio, si dice, delle classi medie, e inoltre “rallentando il flusso degli investimenti pubblici” per coprire il minor gettito fiscale… Pretendendo che con tali geniali mosse si “rimetterebbe in moto la macchina dei consumi”! Così, per fare “ripartire l'occupazione” basterebbe una “riduzione delle tasse sulle aziende e con esse il costo del lavoro tagliando la parte contributiva, il social security e altri sovraccarichi”. Troppi privilegi concessi al proletariato!

Sotto, dunque, a smantellate, con “sacrifici a suon di sudore e sangue”, quelle relative conquiste strappate nei decenni scorsi - e comunque sempre attraverso dure lotte - ad un capitale che, allora, poteva ancora fare qualche concessione. In seguito (privato, statale o pubblico), il capitalismo in crisi ha dimostrato non solo di annullare nel tempo ogni minima concessione, ma di cancellare - con altrettanta forza - le “elargizioni” strappategli.

A questo punto, le “ideologiche indignazioni” ad altro non portano che alla rassegnazione, dietro le illusioni di una “pacifica rivoluzione” da parte degli uomini di “buona volontà” che - anziché la mobilitazione per una concreta emancipazione dalla schiavitù salariale - si dovrebbero limitare a “supplicare” qualche utopistica correzione alle ingiustizie presenti e future. Si inseguono chimeriche prospettive di sviluppi sostenibili, proposte moralistiche per “raddrizzare” i comportamenti del capitale e del mercato, addirittura col richiamo ai valori dell'altruismo, della solidarietà e della cooperazione in nome del “giusto profitto” e del “giusto salario”! Dopo tutto, sostengono, basterebbe un po' di immaginazione per modificare “i concetti di ricchezza e povertà, scarsità e abbondanza”. (Nero su bianco, a firma di S. Latouche, “Il programma delle Otto R” - sito dell'Associazione per la Decrescita…). Facendo finta di ignorare gli enormi interessi che un gigantesco sistema di sfruttamento ed oppressione sostiene ed alimenta, disposto a tutto e con ogni mezzo, compresi i più violenti e repressivi, pur di non perdere il suo dominio, usando poteri palesi ed occulti, legali e criminali. Chiaramente, le stesse “autorità” statali e potenze multinazionali non starebbero con le mani in mano, pronti a mettere in ginocchio - anzi, orizzontalmente steso - chiunque osasse infrangere in qualche modo l'“ordine internazionale”.

Nessuno parla di eliminare profitti, denaro, produzione per la produzione di plusvalore, lavoro salariato; né di porre fine all'esistenza del capitale e alla sua accumulazione, per la quale la borghesia non guarda in faccia ad alcun “rispetto umano”. nsomma, si protesti pure, democraticamente, ma ben fermi nella idealizzazione di una “società borghese del benessere”, pacificamente realizzabile predicando moderazione e bontà affinché tutti possano godere di “condizioni di vita eque e dignitose”…Ma una società classista può essere cambiata soltanto attraverso una rivoluzione che abbatta l'imperante modo di produzione e distribuzione basata sullo sfruttamento di una classe sull'altra. E' per questo che si impone la guida del partito di classe, per il programma del comunismo internazionalista. Non esistono altre strade.

DC
Lunedì, July 9, 2012