Chi è rivoluzione civile?

Quando ogni spiffero d’aria, non sempre pulita, diventa una RIVOLUZIONE (e che sia “civile”, mi raccomando!) … della serie: quando ogni baraccone è “meno peggio” di Silvio e Bersani!

Un insolito - quanto indigesto – minestrone che accomuna militanti Fiom e candidati d’estrazione destroide, giornalisti “impegnati nel sociale” con le loro inchieste e i loro servizi giornalistici, candidati in odor di “amicizie” in ambienti di dubbia “legalità”, dipietrini confusi e riciclati “comunisti” di prodiana alleanza, avvocati ed ex grillini, poliziotti-questurini, contrari alla legge sulla tortura e dipietrini favorevoli/votanti di diversi provvedimenti del governo Monti, sostenitori del Trattato di Lisbona e del pareggio di bilancio in Costituzione ecc. ecc. (1)

Ecco cosa è Rivoluzione Civile, la compagine elettorale (ed elettoralistica) tuttora più osannata dai “più sinistri di così”: quelli prima fedeli ed entusiasti, oggi delusi e amareggiati, seguaci del “buon” vecchio Vendola.

Insomma: magistrati, questurini, poliziotti, reazionari e revisionisti nell’unico grande, “democratico”, pentolone della indistinta società civile Ingroiana del “tutti insieme diamo il nostro contributo per salvare la barca che affonda”. La barca capitalistica, per l’appunto, diciamo noi!

Che fetida, brutta, vecchia ricetta!

Un maleodorante pentolone interclassista il cui programma aderisce peraltro perfettamente alle più “progressiste” richieste di esponenti di Confindustria e non, non chè dei moralisti – politicamente trasversali - d’ogni ordine e grado.

Si può dunque immaginare che un po' di voti la lista-minestrone possa pigliarli. Ma ciò che maggiormente inquieta non è affatto questo, quanto lo sbavare senza sosta e senza risparmio di energia alcuna di sedicenti “compagni” di base, tutti intenti a dimostrare quanto di “comunista” possa – anche se lontanamente – intravedersi nel progetto ingroiano. Non è che “spezzoni del programma di Grillo” una volta rubati possano diventare più “comunisti”!

Un minestrone indistinto e interclassista, dunque, nel quale si trova – per nulla a caso - di tutto: specchio deforme, ma fedelissimo, di quella indistinta entità che Ingroia chiama "società civile", e che nella realtà capitalistica è, e resta, società divisa in classi (!), i cui contrapposti interessi sono - come vediamo piuttosto chiaramente - assolutamente inconciliabili; piaccia o no ai sedicenti orgogliosi “compagni” di oggi, quelli alla Ferrero e Diliberto s’intende, altro che società “affasciata solidarmente” da interessi comuni astratti come “dignità”, “onestà”, “libertà”... di chi? e da cosa?

I comunisti non devono affatto “costruire una vera sinistra" e "rientrare in Parlamento", come si ostina a pensare l’indifeso e impotente gregge dei “più sinistri di così non si può”: di sinistra (borghese) ce ne è già abbastanza. Di riformisti e illusionisti ce ne sono fin troppi. E ben vengano allora (si fa per dire…) i Monti e i Berlusconi a riportarli al buon sano “realismo del dominio capitalistico”: il primo, certo, in modo sobrio e composto; il secondo in modo dissacratore ma… quanto vero! Entrambi varianti dell’unico vero “riformismo” oggi possibile e conveniente alla borghesia, e per ciò stesso “consentito” dalla classe dominante, o almeno auspicato dalla sua fazione “democratica”.

Quel “riformismo” in chiave borghese sul quale, semplicemente, stanno a “litigare” le sue diverse fazioni di destra e di sinistra parlamentare, intorno al “come” attuarlo, tutto qui. Quel “riformismo” che è necessario - altro che! - al superiore interesse generale della classe dominante (quella incarnata dal “buon” Monti, per chi non lo avesse ancora capito…): "riformismo" finalizzato a portare le italiche istituzioni a maggiore indispensabile competitività ed efficienza decisionale e,conseguentemente, di azione di governo.

In questo spirito “riformista” rientra la necessità di migliorare l’assetto costituzionale diventato ormai anacronistico per la classe dominante dell’italico suolo (suolo tanto caro ai “sinistri” di cui sopra), caratterizzato da processi decisionali troppo lunghi e _lent_i, poco efficienti, troppo irti di ostacoli di compromesso che l’attuale fase critica del sistema non consente più come una volta. In questo senso si inquadra anche l’intervento (ennesimo, per dire la verità…) della Magistratura dalla quale proviene lo stresso Ingroia, così ligiamente occupata in questo periodo a scoperchiare scandali decennali di cui prima – oh, per carità! – non sospettava neanche… guarda un po’.

Quell’intervento interpretato e osannato dai nostri sinistri che più sinistri non si può come salvifica barriera al degenerare della democrazia. Lungi da chiedersi ... ovviamente… di quale democrazia stiamo parlando: perché a loro, malgrado tutto, continua ad andare bene la democrazia borghese, che da oltre sessant’anni ha dimostrato d’essere quello che è: democrazia per chi domina, oppressione e sfruttamento per chi lavora e produce. E’ vero: è sempre meglio rifugiarsi nei cosiddetti ideali, che guardare in faccia la lurida ma realistica società!

E lasciam perdere le infantili rivendicazioni e giustificazioni addotte dagli stessi. Ti risponderanno indignati: «il problema è che la più bella (?!) Costituzione del mondo non è mai stata interamente o sufficientemente applicata: ecco quale è il vero problema!!!». Lungi ovviamente dal chiedersi almeno il perché… Insomma, come ammirare estasiati il paesaggio bucolico o fantastico di un “quadro d’autore” e immaginare che l’inferno possa prima o poi somigliargli.

Le manovre giudiziarie, che per singole lobbies e singoli politicanti risultano alquanto indigeste, sono perfettamente funzionali per il complesso dei superiori interessi “generali” della classe dominante, quelli del mantenimento di quel complessivo sistema di dominio sociale (per gli illusi “ammorbato e screditato” solo oggi da così tracotante e diffusa “libertina” corruzione). Questo ruolo (il più super partes se guardato rispetto a singole lobby di interesse) consentirà infatti, come e più che ai tempi di Tangentopoli:

  1. ai più forti di far piazza pulita di molti sgraditi concorrenti minori;
  2. ai burattini parlamentari dei potenti di riciclarsi (come già stanno facendo, peraltro) ai posti di dirigenza istituzionale centrale e locale in nome della loro pulizia ed onestà morale e perché no “civile” (oggi tanto di moda); ma soprattutto
  3. ai “cittadini” irrequieti di ritrovare la perduta fiducia almeno in una parte delle ormai poco credibili istituzioni (di cui si continua ovviamente a non comprendere il ruolo e l’azione).

Il perché si intuisce facilmente: quando la “torta” a disposizione da spartire si rimpicciolisce, occorre ridurre anche i commensali seduti alla tavola! E ci riferiamo principalmente alla “tavola del mercato”, ossia alla torta dei profitti da spartire, resa sempre più risicata dalla spietata concorrenza globale nella agguerrita contesa tra imperialismi concorrenti.

Ma ci riferiamo, ovviamente, anche alla “tavola della politica istituzionale”, e a quella anch’essa rimpicciolita fetta - della stessa torta di cui sopra - che normalmente e necessariamente viene elargita e distribuita tra i più fedeli servitori istituzionali del sistema, sotto forma di remunerazioni, privilegi economici, emolumenti, bustarelle e quant’altro. Non c’è più ciccia neanche per cani fedeli, signori! E infatti…

La “fazione democratica” della borghesia, per parte sua, sa bene che l’abito democratico è il migliore involucro del dominio, quello che meglio maschera l’inganno della sovranità formale ma mai sostanziale dei “liberi elettori”. E ben sa che più a lungo lo si mantiene in vita (evitando, finché è possibile, di ricorrere a quello autoritario), più a lungo si potrà scongiurare il pericolo che quel sociale malcontento (piuttosto giustificato, diremmo) da indignazione contro gli “effetti” possa trasformarsi e trascrescere in lotta politica contro le cause, ossia le fondamenta stesse di quel sistema. Fondamenta del dominio che non risiedono nelle sedi apparenti del potere ma nei consigli d’amministrazione di multinazionali, banche, organismi decisionali sopranazionali: come è normale ed inevitabile che sia in un sistema in cui a dominare sui molti sono in pochi, ossia in una società divisa in classi sociali. Centri di potere reale che – per un comunista – possono essere definitivamente eliminati solo con l’abbattimento di quel sistema economico nella sua interezza. E che non sono affatto “controllabili”, democratizzabili, imbrigliabili all’interno di vincoli di “garanzia” che sono e restano puramente ideali, come la realtà di oltre due secoli di dominio capitalistico ha abbondantemente dimostrato.

I comunisti non sono "di sinistra": sono rivoluzionari, classisti, internazionalisti, anticapitalisti, disfattisti ... o non sono!

I comunisti devono agire dentro la lotta di classe proletaria, contribuire a stimolarla e, qualora essa inizi a manifestarsi, sostenere le lotte - là dove, ovviamente, è possibile - spingere per unificarle e dar loro un’impostazione classista, conducendole fuori da quelle compatibilità aziendali e nazionali che non riguardano affatto gli interessi degli sfruttati (che tali sono in ogni parte del pianeta).

Allo stesso tempo i comunisti devono smascherare sia la falsa sovranità della "delega" (parlamentare e sindacale) concessa ai rappresentanti dei padroni, sia il vero ruolo di quelli che sono solo i "burattini" del vero potere (quello economico) che sta ben fuori da quelle "sacre aule". Smascherare dunque il vero potere, i cui interessi quei burattini unicamente difendono, semplicemente ratificandoli attraverso leggi e decreti "democraticamente" discussi (?!) e approvati: ecco come la falsa sovranità viene mascherata dalla classe dominante!

I comunisti sono coloro che intervengono nella classe come avanguardia politica, affiancano i proletari nelle loro lotte e cercano di far emergere in queste il contenuto politico: l’incompatibilità tra interessi borghesi e proletari, la necessità di portare avanti il programma rivoluzionario. Eccolo il terreno della loro battaglia: le lotte e non le urne!

La democrazia parlamentare borghese è una farsa, gli "eletti" i commedianti di questa farsa: nessuno di loro potrà in alcun modo addomesticare la ferocia di un sistema in crisi che, per salvarsi, non può che attaccare e calpestare il suo alter ego (oppure: la sua creatura), ossia la classe sociale dominata, il cui lavoro è sfruttato, asservito e utilizzato come merce: il proletariato, la cui unica risorsa vendibile è la sua forza-lavoro, sola a creare ricchezza. Sono i lavoratori salariati che mantengono in vita questo sistema, ma sono anche coloro che - se uniti, coscienti del loro sfruttamento e guidati dalla loro avanguardia politica rivoluzionaria (il loro partito) – diventano l’unica classe e dunque l’unica forza sociale che può seriamente minare la base stessa del dominio sociale, e le sue aberranti finalità del profitto ad ogni costo e sopra tutto e tutti, su cui quel sistema si basa interamente.

Eccolo l’immane, coraggioso, laborioso e indispensabile compito dei comunisti in questa fase. Altro che “armarsi” di matita indelebile!

Chi voterà Rivoluzione Civile voterà per l'ennesima volta l'illusione riformista, il “volemose bene” interclassista che accomuna il fascista, il democratico e il falso comunista. Egli aiuterà – voglia o non voglia - la classe dominante perchè contribuirà a consolidare nei lavoratori l'illusione della possibilità di imbiancare l'inferno capitalistico. Per farlo sembrare cosa? La corsia di un ospedale per poveri disgraziati oppressi e portati alla fame! Egli contribuirà – voglia o non voglia - a consolidare l'illusione dei lavoratori di poter rendere più sopportabili le loro catene semplicemente dando ad esse l'ennesima riverniciatura dorata, quella dei falsi “diritti”, delle false “garanzie”, delle false “tutele” che, peraltro, in questa fase di crisi la classe dominante non può per nulla concedere (come avvenuto in passato), tant’è che da decenni essa ha ben lavorato d’abilità (e complicità sindacali) per cancellarli.

Ma tant’è (sigh!): l’illusione degli “ingenui” (storditi dall’ideologia borghese), come si sa, è dura a morire. Fortuna che agli “ingenui” si affiancano i comunisti… quelli veri, però!

PF

(1) Chi voterà la Lista Ingroia, oltre ai Di Pietro, Ferrero, Diliberto, Licandro, porterà in parlamento anche:

  • Luigi Li Gotti, avvocato, conosciuto per essere stato difensore di noti pentiti quali Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno, Giovanni Brusca, Francesco Marino Mannoia e Gaspare Mutolo ex fascista MSI candidato nella Lista Ingroia;
  • l'ex grillino Favia e la sorella di Cucchi, la quale ha partecipato a convegni di Casapound; il poliziotto-questurino Claudio Giardullo; Carlo Costantini, capogruppo dell'Idv in consiglio regionale dell'Abruzzo, già candidato presidente per l'Abruzzo alle elezioni del 14 e 15 dicembre 2008 con l'appoggio del Partito Democratico e delle forze di sinistra;
  • ANIELLO DI NARDO dell'IDV, vediamo un po' il suo comportamento nell'ultima legislatura in alcune votazioni: Trattato di Lisbona L. 130/2008 - favorevole, fiducia governo Monti (senato) 17/11/2011 - favorevole, pareggio di bilancio in Costituzione - favorevole;
  • Flavio Lotti (Tavola della pace) candidato in Toscana, sponsorizza a Roma il 19 FEBBRAIO una manifestazione promossa dal Consiglio Nazionale Siriano, appoggiato dagli imperialisti americani, della Francia, Belgio, Canada, Germania, Italia, Paesi Bassi e la Turchia;
  • capolista al senato in Lazio Leo Beneduci, segretario dell'OSAPP(Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), strenuo difensore del GOM (Gruppo Operativo Mobile), ovvero le squadre di picchiatori, legalizzate nel '99 da Diliberto;
  • Roberto Soffritti sindaco di Ferrara dal 1983 al 13 giugno 1999, nell'aprile del 2006 eletto deputato nella XI circoscrizione dell'Emilia Romagna nella lista del Partito dei Comunisti Italiani, incarico che ha ricoperto fino al 28 aprile del 2008, tesoriere nazionale del Pdci, soprannominato «il Duca rosso», Candidato in Calabria per la Lista Ingroia. I lavori, sul finire degli anni Ottanta, vennero affidati dalla giunta Soffritti alla CoopCostruttori di Giovanni Donigaglia (entrato e uscito più volte dalle inchieste di Tangentopoli) per conto di Graci e Finocchiaro, titolari della «Società Estensi». Ma nel 1990, all'indomani della chiusura del cantiere, da un'informativa della polizia emersero legami tra i costruttori siciliani e la criminalità mafiosa ,e tutto si bloccò. Graci fu arrestato con l'accusa di contiguità mafiosa col clan di Nitto Santapaola e dovette subire il sequestro giudiziario delle proprietà per un valore che sfiorava i mille miliardi di lire. Ma il centro direzionale è sempre lì: un mostro di vetro e cemento, moribondo da vent'anni nella periferia nord-ovest di Ferrara.
  • il dipietrista Nello Di Nardo, sostenitore del condono edilizio, capolista per Ingroia al Senato in 3 regioni
  • Giovanna Marano presidente del comitato centrale della Fiom; ecc ecc
Lunedì, February 18, 2013