ANC – Cento anni al servizio del capitale

Pubblichiamo qui di seguito la traduzione di un articolo sull'Afican National Congress tratto da Revolutionary Perspectives 61, rivista in inglese dalla nostra tendenza, preceduta da un editoriale specifico sui fatti sanguinosi di Marikana, apparso su Battaglia Comunista 09/2012.

Platino e piombo uccidono 36 minatori in Sud Africa

La borghesia sudafricana aveva visto lungo e bene. Per garantire lo sviluppo economico di uno dei paesi minerari più ricchi al mondo, la segregazione razziale, le tensioni da essa generate, non erano più funzionali. Meglio cambiare tutto: la costituzione, l'insostenibile mantenimento ufficiale della segregazione, il vecchio presidente della Repubblica sostituito dall'icona di Nelson Mandela, perché tutto rimanesse come prima, soprattutto il rapporto capitale forza lavoro.

Il tesoro da salvaguardare era rappresentato dalle miniere di minerali preziosi, diamanti, ma, soprattutto, platino e palladio. Il piccolo sacrificio di coinvolgere l'ANC nell'amministrazione del potere politico per garantirsi un migliore controllo di quello economico e del mondo del lavoro poteva valere la candela.

E così è stato sino a quando la crisi internazionale non ci ha messo il becco. Il Sudafrica è il primo produttore mondiale di platino e di palladio, due metalli preziosi che, oltre a rappresentare dei beni di rifugio per la speculazione internazionale, come l'oro se non di più, sono largamente usati nella componentistica e nel settore automobilistico come convettori catalitici. La crisi ha chiuso molti di questi spazi commerciali. I paesi industrializzati importano di meno perché producono di meno, diminuiscono le scorte e fanno minori ordinativi della materie prime. Questo vale per quasi tutti i settori industriali del mondo capitalistico, in particolare quello automobilistico che, di questa crisi, ha subito i contraccolpi maggiori.

Per le industrie sudafricane ha significato meno profitti, per la speculazione una preoccupante contrazione nella domanda di futures legati all'estrazione e alla commercializzazione dei preziosi metalli. Tra le imprese colpite, la Lonmin, che da sola produce il 12% di platino di tutto il paese, e che ha dovuto fronteggiare al suo interno una serie di scioperi, partiti il 10 di agosto. In quella data già si sono contati dieci morti (tra cui due poliziotti uccisi a colpi di machete), il 15 la strage di 36 proletari uccisi dal fuoco della polizia.

Il tutto per una rivendicazione salariale che prevedeva di ricevere in busta paga uno stipendio triplo rispetto agli attuali 400 euro, una miseria se rapportata ai carichi di lavoro e al parossistico aumento della produttività. Ma lo sciopero, più che la richiesta salariale, metteva in discussione un meccanismo delicato quanto economicamente proficuo. Cinque giorni di sciopero avevano già abbattuto il valore delle azioni della Lonmin del 6,33% ma, soprattutto, era un esempio da bloccare immediatamente prima che potesse dilagare in altre imprese del settore minerario. Un rischio che il governo di Pretoria non ha voluto correre. Meglio massacrare decine di operai che vedere il paese percorso da ondate di scioperi e di proteste, meglio una “lezione” preventiva che lo spauracchio della ripresa della lotta di classe.

Anche i sindacati hanno fatto la loro parte. Mentre l'AMCU ( Association of Mineworkers and Costruction Union) ha “accompagnato” le richieste dei lavoratori considerandole giuste, perché eque e conformi alle compatibilità del sistema, ovvero minime e quindi non lesive per i meccanismi di profitto dell'impresa, il NUM (National Union of Mineworkers), legato a doppio filo all'ANC, cioè al governo, si è esibito in opere di pompieraggio prima e di crumiraggio durante le giornate di sciopero. Nulla di nuovo. Anche nell'emisfero australe le leggi del profitto sono le stesse, come identiche sono le contorsioni sindacali. Al palese sostegno agli interessi del capitale degli uni si contrappone la falsa opposizione degli altri che cavalcano sì la tigre della rivendicazione salariale, ma solo quella e ben al di dentro della compatibilità economiche generali della società capitalistica.

La tragedia è che la violenza assassina del capitale non ha confini. Le stesse cose succedono in Cina, in Brasile e in molti altri paesi della cosiddetta periferia del capitalismo, mentre nell'occidente “democratico” nulla di simile è per il momento successo, per il semplice motivo che la ripresa della lotta di classe latita, ma al primo significativo cenno di risposta proletaria, anche sotto le nostre latitudini politiche, la mannaia della repressione non tarderebbe a scattare. In Italia, ad esempio, gli strumenti giuridici ci sono e le prove generali sul campo le hanno già fatte (Genova 2001) in tempi, oltretutto, non sospetti.

Non è più “soltanto” l'ora di gridare allo scandalo, di piangere i morti del proletariato internazionale, è anche l'ora di dare corpo e organizzazione al partito di classe, al programma rivoluzionario, perché la futura ripresa della lotta di classe non abbia come approdo solo la repressione della borghesia internazionale, ma anche l'obiettivo politico del superamento della società divisa in classi, della rottura dell'iniquo rapporto tra capitale e lavoro, della distruzione dei meccanismi produttivi capitalistici. Il tragico episodio della Lonmin e di trentasei proletari trucidati non è la recita localistica di un brutto avvenimento nel lontano Sud Africa, ma è un atto di una tragedia che è destinata ad andare in scena ovunque la testa proletaria tenti di alzarsi.

ANC – Cento anni al servizio del capitale

Nel gennaio del 2012 il Congresso Nazionale Africano (ANC) ha celebrato il centenario dalla sua fondazione e ha speso 100 milioni di Rand (circa 8.800.000 euro) per i festeggiamenti. Ad oggi è al potere da quasi 18 anni e questo, per i leader, è motivo di grande celebrazione. Ad ogni modo, le celebrazioni sono state in gran parte dedicate alle elite politiche e a quei pochi che si sono arricchiti grazie al suo dominio. La classe lavoratrice, i disoccupati e i milioni di poveri che non hanno nulla da perdere e che non hanno nulla da celebrare, sono stati un'assenza piuttosto rumorosa.

L'ANC fu fondato poco dopo la nascita dello stato sudafricano da un pugno di avvocati e giornalisti educati sul modello occidentale, quando la società africana era ancora in larga parte di stampo tribale (per quanto questo tipo di economia di sussistenza stesse per essere distrutta dal capitalismo). I fondatori dell'ANC voltarono le spalle alla società tribale e pretesero uguali diritti per tutti gli africani all'interno dell'emergente società capitalistica, diritti che, dopo la Guerra dei Boeri e l'Atto di Unione, erano sostanzialmente esclusi dagli accordi. Un secolo di ulteriori sviluppi capitalistici hanno non solo distrutto interamente la società tribale, rimpiazzandola con quella capitalistica, ma hanno anche prodotto una predominante classe lavoratrice indigena, il tutto con l'ANC in grado di assurgere a ruolo di forza borghese dominante nelle politiche del Sudafrica.

L'ANC, che si è sempre presentato come un movimento nazionale, nello specifico in grado di rappresentare gli interessi dell'intera popolazione africana, è sempre stato in realtà un partito rappresentante la nascente classe borghese africana. Gli occhiolini da parte dell'ANC nei confronti della classe lavoratrice africana sono stati una manovra cinica per assoldare lavoratori da usare come fanteria, con i quali abbattere il regime dell'Apartheid e la resistenza del nazionalismo degli Afrikaner. Dal 1994, da quando è al potere, l'ANC ha conquistato la direzione del capitalismo sudafricano e portato a termine questo compito come ogni altro governo capitalista nello stesso periodo storico. Privatizzazioni e apertura del paese alla competizione globale, mentre gli standard di vita dei lavoratori venivano tagliati, erano all'ordine del giorno. Allo stesso tempo, il potere dello stato è stato usato per promuovere la elite del partito all'interno dei ranghi più alti della borghesia attraverso il famoso programma Black Economic Empowerment (BEE). Questo programma ha creato un pugno di milionari neri in posizione di potere nelle corporazioni minerarie e industriali, un processo che il regime tenta di presentare come compensazione per i peccati del secolo scorso, e come dimostrazione che la posizione degli africani è in via di miglioramento.

Tuttavia, mentre loro si autopromuovono nei ranghi della classe capitalista, stanno creando una proletariato urbano in costante crescita e dipendente dal welfare statale, e il gap tra i ricchi e i poveri sta diventando sempre più ampio. Creare una classe borghese fatta di neri è sempre stata, ovviamente, nel programma dell'ANC, ma la bugia (verificatasi come tale) è che tutto ciò avrebbe in qualche modo portato benefici alla classe lavoratrice africana. Questa bugia oggi sta venendo crudelmente alla luce. Per quanto i problemi delle divisioni razziali e delle oppressioni in questo senso abbiano sempre messo in ombra la situazione sudafricana, problemi tra l'altro sfruttati fino all'osso sia dai nazionalisti dell'Afrikaner che da tutti gli altri, bisogna dire che la vera contraddizione nella società sudafricana, come in tutte le società capitalistiche di tutto il mondo, sono quelle di classe. Gli interessi della classe lavoratrice e della classe capitalista sono diametralmente opposti e l'ANC non può riconciliarle. Da un lato l'ANC ha prodotto una situazione dove, secondo i propri calcoli, il 9% del capitale delle corporazioni minerarie è nelle mani di capitalisti neri, mentre dall'altro lato ha creato una situazione dove:

  • Il 40% della popolazione in età da lavoro è disoccupata, ossia 6 milioni di lavoratori, dei quali 2.800.000 tra i 18 e i 24 anni
  • Il sottoproletariato urbano, che sopravvive grazie ai fondi del welfare, è cresciuto dalle 2.500.000 unità del 1996 alle 12 milioni nel 2006 (1)
  • Il 50% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà
  • 7 bambini neri su 10 crescono in povertà (2) (3)
  • La speranza di vita è diminuita dai 65 anni del 1994 ai 53 del 2009 (4)

Tali contraddizioni minacciano di distruggere l'organizzazione. Nel generale arricchimento dei propri membri più in vista, il governo dell'ANC si è impantanato nella corruzione e nel clientelismo che si estende fino agli uffici presidenziali. Al centesimo anniversario della sua fondazione c'è dunque ben poco da celebrare.

18 anni al potere

Sin dagli inizi, la ANC è stata all'interno di una triplice alleanza con il Partito Comunista Sudafricano (SACP) e con il Congresso dei Sindacati Sudafricani (COSATU). E' stata una manovra volta a puntellare il proprio potere e a provvedere copertura politica per gli attacchi alla classe lavoratrice. E' inutile sottolineare che i lavoratori hanno resistito all'erosione dei loro stipendi e degli standard di vita e che negli ultimi 2 anni ci sono stati massicci scioperi. Nel 2010 ci fu uno sciopero del settore pubblico che coinvolse 1.300.000 di lavoratori nell'arco di 20 giorni, e nel 2011 ci furono scioperi nei settori minerari, energetici, petroliferi, metallurgici e legati alla produzione della carta, che hanno visto centinaia di migliaia di lavoratori incrociare le braccia per un aumento di stipendio. Per quanto la COSATU abbia fatto del suo meglio per controllare e smorzare questi scioperi, il generale deterioramento delle condizioni dei lavoratori sta mettendo pressione all'alleanza e sta aprendo crepe nell'ANC stessa. Sono state senza dubbio pressioni da parte di coloro che si sono sentiti derubati e traditi dall'ANC, pressioni che hanno portato alla defenestrazione del vecchio presidente Thabo Mbeki nel 2008, rimpiazzato dal populista Zuma. La cacciata di Mbeki ha portato la sua frazione a lasciare l'ANC e a formare un nuovo raggruppamento politico chiamato Congresso del Popolo (COPE).

Un'ulteriore rottura, potenzialmente ancor più esplosiva, è stata aperta dalla procedura disciplinare e dalla sospensione del giovane leader dell'ANC Julius Malema. Malema è stato un sostenitore chiave di Zuma durante la defenestrazione di Mbeki, ma il continuo deteriorarsi delle condizioni dei lavoratori e dei poveri lo hanno portato ad attaccare la leadership di Zuma e a parteggiare per la nazionalizzazione delle miniere e per l'espropriazione dei terreni agricoli di proprietà dei bianchi. Tutto ciò, specificato nella “Carta delle Libertà”, adottato come programma dall'ANC nel 1956, è ora piuttosto contrario rispetto alle richieste dei capitalisti sudafricani e internazionali e, ovviamente, rispetto ai vertici dell'ANC. C'è dunque, conseguentemente, grande imbarazzo nell'ANC. Tirare fuori queste richieste dal passato è come l'arrivo del proverbiale fantasma che rovina la festa di matrimonio. Per quanto messo a tacere e sospeso dall'ANC per un periodo di 5 anni, Malema sta dando voce ad ampi fremiti di protesta e le manifestazioni durante il suo processo dimostrano che ha un forte seguito che non sarà zittito mettendo a tacere un uomo solo.

Anche i disoccupati stanno cercando una voce. Un portavoce del Movimento dei Disoccupati accusa l'ANC di tradimento:

Durante le lotte i nostri leader racchiudevano le aspirazioni del popolo. Ma non appena hanno messo mano al potere statale ci hanno gettato via. Ci hanno mandato a casa. Ci chiamano solo per votare o per partecipare ai raduni. Ma nel frattempo il nostro popolo viene cacciato dalle fattorie, viene messo a pavimentare le strade per gli animali mentre le fattorie vengono tramutate in riserve di caccia col pretesto del turismo. Il nostro popolo viene buttato fuori dalle città. Al nostro popolo viene negata una decente educazione (5).

Durante le recenti manifestazioni, i disoccupati che chiedono lavoro, casa, acqua corrente ed elettricità sono stati accolti con ferocia simile al regime dell'Apartheid. Durante una manifestazione nella città di Ermelo, in una delle province più povere del Sudafrica, la polizia ha sparato a 2 manifestanti, uccidendoli. In un'altra manifestazione nella città di Ficksburg, dove le rivendicazioni erano pressoché le stesse, un manifestante di nome Andries Tatane è stato picchiato a morte dalla polizia sotto lo sguardo attento delle telecamere televisive.

Una situazione sociale esplosiva sta prendendo piede e potrebbe detonare se i fondi del welfare dovessero essere tagliati via. Alcuni esponenti dell'ANC stanno guardando nervosamente agli eventi della Primavera Araba, vedendolo come un preannuncio del futuro del Sudafrica (6). Ma è davvero un “tradimento” quello che l'ANC ha perpetrato nei confronti del Movimento dei Disoccupati e delle organizzazioni giovanili dell'ANC stessa?

Sviluppo dell'ANC

Come già accennato, l'ANC ha preso piede in un periodo nel quale la società africana era nel mezzo di un processo di cambiamento da un sistema economico di tipo tribale dove gli africani producevano i propri mezzi di sostentamento direttamente dalla terra, a uno capitalista dove ogni uomo e donna di ogni tribù è stato trasformato in lavoratore salariato. Tuttavia, la separazione forzata delle tribù dai loro mezzi di produzione, ossia dalle loro terre (7), e la loro trasformazione in lavoratori salariati, avvenne tramite un procedimento violento e attraverso una dottrina razzista che puntava a oscurare le crescenti divisioni di classe. Marx fa quest'osservazione in merito alla separazione dei produttori dai loro mezzi di produzione nelle colonie:

Nelle colonie è diverso. Là il regime capitalista entra in collisione con la resistenza del produttore che, in quanto proprietario delle sue condizioni di lavoro, mette a frutto quel lavoro per arricchire se stesso, invece del capitalista. La contraddizione di questi due sistemi economici diametralmente opposti si manifesta praticamente in uno scontro fra di essi. Essendo il capitalista spalleggiato dalla potenza della madre patria, tenta di farsi strada con la forza spazzando via le altre modalità di produzione e di appropriazione, basate sul lavoro indipendente del produttore (…). Alla fine egli dimostra come lo sviluppo delle forze produttive e sociali del lavoro, la cooperazione, la divisione del lavoro, l'uso di macchinari su larga scala e via dicendo, sono impossibili senza l'espropriazione dei lavoratori, e la conseguente trasformazione di quei mezzi di produzione in capitale. Nell'interesse di un fantomatico benessere nazionale egli ricerca, attraverso mezzi artificiosi, di assicurarsi la povertà della popolazione (8).

La maggior parte del lavoro sporco, volto a convertire gli africani in lavoratori salariati, è stato portato a termine dagli inglesi che avevano ben chiaro il lavoro da fare. Dopo la sconfitta militare delle varie tribù, le autorità britanniche iniziarono a espropriare le loro terre imponendogli tasse per spingerli verso il lavoro salariato, così da trovare i soldi per le tasse stesse. Anche dopo le sconfitte militari, comunque, ci fu una grossa resistenza ben descritta da Marx. Ad esempio l'imposizione di 1 pound annuale di tassazione portò alla rivoluzione degli Zulu del 1906. Il Segretario di Stato Britannico per le Colonie Earl Grey, scrivendo nel 1880, pose la questione quasi come Marx. Scriveva:

Le persone di colore vengono generalmente viste dai bianchi come una razza inferiore, i cui interessi meritano di essere sistematicamente ignorati quando giungono si scontrano coi loro, e dovrebbero essere governati più che altro con un'ottica di superiorità della razza superiore. Per tale superiorità due cose vengono considerate particolarmente necessarie: anzitutto le industrie dovrebbero essere affidate ai coloni bianchi, così da ottenere il possedimento delle terre precedentemente occupate dalle tribù native; secondariamente, la popolazione Kaffir dovrebbe essere sfruttata quanto più possibile per ottenere manodopera a basso costo (9).

Il processo messo in moto dagli inglesi è andato avanti anche dopo la creazione dell'Unione del Sudafrica e l'espropriazione più significativa degli africani dalle loro terre fu portato a termine l'anno successivo alla fondazione dell'ANC, grazie agli atti terrieri del 1913. Ciò ridusse gli africani a occupare il 7% del totale delle terre, trasformandoli in fuorilegge nelle terre dei bianchi e mezzadri. Gli africani furono forzati a diventare lavoratori nelle fattorie dei bianchi o lavoratori nelle industrie o nelle miniere. L'approvvigionamento di forza lavoro per le miniere, comunque, era stato, per i capitalisti, un problema sin dagli inizi. Nel periodo successivo alla Guerra dei Boeri, gli inglesi importarono forza lavoro cinese non specializzata mettendola a lavorare nelle miniere, siccome non era possibile trovarne di africana a sufficienza. La separazione degli africani dalle loro terre fu, ovviamente, la soluzione chiave per la soluzione a questo problema. Ciò permise il sistema della forza lavoro migrante, che alla fine si ritrovò incastonato nel dogma dell'Apartheid così da diventare la norma per l'industria mineraria. Le società minerarie organizzarono un'agenzia di reclutamento, la Native Recruiting Corporation, che operò dal 1912 in poi e reclutò nelle aree sudafricane riservate agli africani, che sarebbero state ridotte appunto a un mero 7% del totale nell'anno successivo, nonché dai protettorati inglesi e dal Mozambico.

L'evidente razzismo che ha accompagnato questo processo ha oscurato la realtà di quanto stesse realmente avvenendo, cosa che apportò enormi benefici alla capitale sudafricana in quanto produsse una separazione tra lavoratori bianchi e neri. Esistevano enormi differenze di salario tra neri e bianchi e gli scioperi nelle miniere erano divise a livello razziale e dunque più facilmente gestibili. Ciò fu la regola per la maggior parte degli scioperi, come quello del 1922 dei bianchi e quello dei neri del 1946, entrambi nelle miniere. Lo sciopero insurrezionale del 1922 portava avanti lo slogan contraddittorio: “Lavoratori di tutto il mondo unitevi per un Sudafrica bianco”.

Questo è il contesto storico nel quale l'ANC emerse, e fu anche in questo contesto che i lavoratori africani immaginarono che l'ANC potesse rappresentare i loro interessi in quanto sia i lavoratori africani che la borghesia africana venivano discriminati ed esclusi dai diritti sociali. Ciò fu, però, un grosso sbaglio e i 18 anni di governo dell'ANC lo dimostrano. Sin dalla fondazione, l'ANC ha rappresentato una elite occidentalizzata alla ricerca della propria parte del bottino del capitalismo, e non ha mai neanche tentato di nasconderlo. Mandela, parlando a proposito della richiesta contenuta nella Carta delle Libertà di nazionalizzare le miniere e le corporazioni industriali, sosteneva:

La Carta infligge un colpo fatale ai monopoli finanziari e delle miniere d'oro che per anni hanno saccheggiato il paese e condannato il suo popolo alla servitù. La rottura e la democratizzazione di questi monopoli apriranno nuove aree per lo sviluppo di una prosperosa classe borghese non europea. Per la prima volta nella storia di questo paese la borghesia non europea avrà l'opportunità di possedere, in proprio nome e diritto, mulini e industrie e il commercio e le imprese private conosceranno un boom fiorente come mai prima d'ora (10).

Mandela tornò nuovamente sull'argomento nel suo famoso discorso durante il processo del 1964 nel quale disse:

Il documento politico più importante mai adottato dall'ANC è la Carta delle Libertà. E' senza dubbio la matrice per uno stato socialista. L'ANC non ha mai, in nessun periodo della sua storia, lavorato per un cambio rivoluzionario della struttura economica del paese, né ha mai condannato, per quanto mi sforzi di ricordare, la società capitalista (11).

E' dunque scorretto sostenere che dal 1994 il governo dell'ANC abbia “tradito” la classe lavoratrice, come fanno i suoi detrattori. Ha implementato il programma borghese e sta facendo il proprio meglio per favorire una classe borghese africana grossomodo nei termini sopra descritti da Mandela.

L’ascesa al potere

Verso la metà degli anni 1970 era chiaro alle principali fazioni della classe capitalista sudafricana che il sistema del lavoro migrante in particolare, e l’Apartheid in generale, stavano portando il paese alla catastrofe. La crescente intensità del capitalismo sudafricano aveva bisogno di una forza lavoro stabile e qualificata. La loro strategia consisteva nel creare una classe media, che potesse fungere da alleato contro la classe lavoratrice tramite le “Fondazioni urbane” dei sindacati africani, nell’intenzione di controllare la lotta di classe. Certamente ciò significava garantire diritti politici agli africani, come pure diritti per i lavoratori delle aree metropolitane del paese. Una sola forza poteva implementare un tale programma e questa forza era l’Anc.

Come abbiamo dimostrato in precedenza, l’Anc stava dalla parte borghese dello scontro di classe e questo rese possibile che diventasse veicolo e strumento del capitalismo occidentale e sudafricano. Prima della legittimazione dell’Anc, i settori chiave del capitale sudafricano garantirono, in particolare alle imprese minerarie, che gli elementi statalisti dell’Anc non avrebbero implementato la nazionalizzazione delle miniere. Queste erano richieste degli anni '50, considerate suicide durante il periodo della globalizzazione. Ma alla fine il lento deterioramento della situazione sociale negli anni '80 convinse anche i nazionalisti africani che portare l’Anc al potere era l’unica via di salvezza per il capitale sudafricano, in modo da salvarlo dal vicolo cieco nel quale si era intrappolato.

Di fatti, da quando l’Anc è arrivato al potere non è stato cambiato nulla di fondamentale nella struttura economica del capitalismo sudafricano. Il capitale sudafricano ha beneficiato in molti modi dalla presenza dell’Anc al potere, in particolare ha potuto aprirsi al resto dell’Africa, facilitando il commercio con Cina, India e Brasile. Il programma di rafforzamento del potere economico nero, che fu nei fatti iniziato dalle corporazioni sudafricane e non dall’Anc, si è realizzato nella persona di alcuni neri particolarmente ricchi che non avevano nessun desiderio di cambiare la presente struttura delle cose, e che ancora oggi siedono negli organi di rilievo dell’Anc. Politici del calibro di Cyril Ramaphosa, un tempo segretario del sindacato nazionale dei minatori e tale Tokyo Sexwale, ex prigioniero della “Robben Island”, sono diventati, tramite il “Bee”, due tra i più ricchi uomini del Sudafrica. Entrambi conservano ancora la loro poltrona nel comitato esecutivo nazionale dell’Anc. (12)

Tutto questo descrive molto semplicemente come l’Anc sia diventata l’arma esecutiva del capitale sudafricano. C’è poco da stupirsi che gli interessi del proletariato sudafricano vengano perciò ignorati. La questione che va posta, comunque, rimane se fosse stato corretto da parte del proletariato sudafricano allearsi con l’Anc. La nostra risposta è un netto “NO”.

Lavoratori e lotte nazionali

Oggi è un assioma marxista che il proletariato non dovrebbe subordinare le sue forze politiche a quelle della borghesia, che naturalmente includono forze di tipo nazionalista. Sin da quando ci interessiamo del Sudafrica, abbiamo scritto molti testi sottolineando la pericolosità del sottomettere la lotta di classe alle richieste delle lotte nazionali, e gli eventi dal 1994 hanno sicuramente confermato le nostre analisi. Molti di questi testi, scritti soprattutto durante gli anni 1980, confermano la loro attualità e il loro carattere profetico, ed è quindi nostra intenzione la ripubblicazione di essi sotto forma di pamphlet nei prossimi mesi. Un esempio di questi testi lo dà uno degli articoli pubblicati sul nostro giornale “Workers Voice” nell'aprile del 1990:

Molti lavoratori neri guardavano a Mandela come all’uomo che li avrebbe liberati dallo sfruttamento e dalla fatica. Sono stati largamente imbrogliati. (…) In effetti gli obiettivi dell’Anc non hanno nulla da spartire con gli interessi della classe lavoratrice, loro vogliono utilizzare il potere dello Stato per favorire una classe capitalista nera. (…) I lavoratori africani non hanno interesse a entrare nella fanteria dei nazionalisti africani (13).

Sosteniamo, al contrario, che i lavoratori dovrebbero perseguire i loro interessi indipendentemente dai nazionalisti borghesi. Questo avrebbe permesso che i problemi della classe evolvessero diventando così più chiari. Invece questi problemi sono stati oscurati da una cortina di liberalismo e di indignazione morale verso il razzismo. Il risultato sarà una grossa confusione farcita di discorsi relativi a tradimenti e a progetti per cambiare la leadership dell’Anc, che riescono a essere solo un grosso spreco di tempo.

Molti degli argomenti in supporto delle lotte nazionali, delineati dagli stalinisti e dai trotzkisti, partivano dal punto di vista che l’Apartheid fosse necessario al capitalismo sudafricano e che alla fine ciò avrebbe portato il capitalismo sudafricano alla caduta. Questo avrebbe indebolito i capitalisti occidentali e prodotto una crisi negli stati capitalisti sviluppati. Tutto questo si dimostrò essere pura fantasia. Alla fine il capitalismo sudafricano è più forte proprio grazie all’abolizione dell’Apartheid, il capitalismo occidentale si è rafforzato e le questioni di classe sono ancora più confuse.

Dietro a questi argomenti giace il dibattito teorico tra Lenin e altri comunisti, inclusi Bukharin, Piatakov e Rosa Luxemburg a supporto delle lotte nazionali. Questo aspro dibattito si svolse nel periodo prima e in quello successivo alla Prima Guerra Mondiale. Quelli che argomentavano come Rosa Luxemburg, dicevano che in epoca imperialistica la questione nazionale è diventata cosa del passato, confermati dai cento anni di storia che sono passati da questi cambiamenti. In ogni caso, all’interno della Terza Internazionale, le tesi sulla questione nazionale e coloniale erano un confuso compromesso tra il punto di vista di Lenin che vedeva la cooperazione con le borghesie locali come cosa desiderabile e quelli (come M. N. Roy) che argomentavano a favore della necessità di una battaglia comunista ed indipendente dalla borghesia nelle colonie. Questa confusione avrebbe avuto pesanti conseguenze per il movimento rivoluzionario. La conseguenza più tragica di questa confusione prese forma in Cina tra il 1926 e il 1927 quando Stalin, seguendo le tesi originali ma scordandosi che esse erano state teorizzate per un movimento di classe indipendente, diede istruzioni al Partito Comunista cinese di mettersi a disposizione del borghese Koumintang di Chiang Kai Shek. Il risultato fu il brutale massacro di lavoratori a Shangai e Canton (14).

Le posizioni di Lenin vennero sviluppate nel periodo precedente alla Prima Guerra Mondiale, quando considerava ancora che la rivoluzione democratico-borghese fosse nell’agenda storica per la Russia. Cambiò le sue posizioni sulla natura della Rivoluzione Russa nell'aprile del 1917, senza tirarne mai le somme. Se la rivoluzione comunista è sull'agenda storica e questa rivoluzione necessita di essere internazionale, come i Bolscevichi apertamente ammisero, le rivoluzioni nazionali borghesi possono solo ostruire e indebolire la battaglia per il comunismo.

Il supporto di Lenin ai movimenti di autodeterminazione nazionale in Europa hanno minato il programma per l’emancipazione della classe operaia. Questo portò ad una confusione ancora maggiore, quando nella Terza Internazionale Lenin argomentava che i movimenti nazionali nelle colonie dovevano essere supportati perché indebolivano l’imperialismo delle nazioni colonizzate. In ciò egli stava seguendo il suo precedente lavoro “L’imperialismo, fase suprema del capitalismo”, dove sosteneva:

I possessi coloniali da soli danno ai monopoli completa garanzia contro tutte le contingenze nella lotta coi concorrenti (15).

Argomentava che le colonie erano una risorsa chiave ai “sovrapprofitti” coi quali i poteri imperialisti corrompevano i loro lavoratori per mantenere la pace sociale.

Con così enormi sovrapprofitti (essendo questi profitti ottenuti ben al di sopra dei normali profitti che i capitalisti spremono dai lavoratori del proprio paese) è possibile corrompere i leader di sinistra dei paesi avanzati in migliaia di modi (16).

Tagliare queste risorse di sovrapprofitti, sosteneva, farebbe scoppiare una crisi e faciliterebbe la rivoluzione nei paesi centrali del capitalismo. Nei fatti, la decolonizzazione non ha prodotto questa crisi come Lenin, con tanta confidenza, prediceva. Questo perché il sistema capitalista è un sistema globale, che estrae e distribuisce plusvalore globalmente e rimpiazzare le borghesie dei regimi coloniali coi regimi borghesi locali non altera il sistema generale in nessun punto essenziale.

Lenin sosteneva anche che alle rivoluzioni nazionali borghesi sarebbe occorso lo stesso tempo che necessitava la rivoluzione comunista nei paesi centrali del capitalismo, e che in qualche modo dovevano sostenere quelle rivoluzioni.

La rivoluzione sociale può trovare forma solamente in un'epoca nella quale si abbia una combinazione tra la guerra civile del proletariato contro la borghesia nei paesi avanzati, e un'intera serie di movimenti rivoluzionari democratici, inclusi i movimenti di liberazione nazionale dei paesi sottosviluppati e oppressi (17).

Dall’altro lato la rivoluzione comunista deve essere una rivoluzione mondiale e la rivoluzione nazionale borghese non potrebbe mai supportare la rivoluzione mondiale. La rivoluzione mondiale deve ribaltare le rivoluzioni nazionali borghesi, se esse si verificassero nello stesso periodo.

Questi errori di Lenin e della Terza Internazionale hanno lasciato una velenosa eredità che è stata fatta propria dall’ala sinistra della borghesia, cioè dalla controrivoluzione. Nel caso del Sudafrica, le argomentazioni di un'aristocrazia bianca di sinistra, la teoria dei sovrapprofitti che vanno ai lavoratori del paesi centrali del capitalismo nonché l’idea che la rivoluzione nazionalista borghese nei paesi sottosviluppati supporti le lotte del lavoro nei paesi metropolitani, sono state tutte fatte uscire dal retro, al fine di giustificare la sottomissione delle lotte dei lavoratori alle lotte nazionalistiche.

Oggigiorno la crescente globalizzazione del capitale ha reso lo stato “nazionale” solo nel senso che esso è dominato da una borghesia di una certa nazionalità. Nei suoi aspetti fondamentali esiste come un agente del capitalismo internazionale in base alle alleanze imperialistiche nelle quali si trova. Questo si può evincere dal fatto che l’ascesa al potere dell’Anc è stata facilitata dal capitale americano ed europeo tramite pressioni e sanzioni finanziarie. Dopo la rimozione delle minacciose avanzate russe in Sudafrica nel 1989, questa pressione è diventata insostenibile.

Il nazionalismo dell’Anc e dell'Africa in generale era in una posizione completamente screditata dopo 18 anni al potere. Quello che serve ora è una rottura con le forze del nazionalismo e coi loro alleati COSATU e SACP. Queste forze devono essere riconosciute come parte del fronte borghese che si oppone all'emancipazione della classe operaia. Lotte future dovrebbero essere al di fuori e contro queste organizzazioni. Hanno bisogno di unirsi superando le divisioni razziali e di perseguire rivendicazioni di classe. In definitiva hanno bisogno di unirsi ai lavoratori in lotta in tutto il mondo, dirigendosi verso il rovesciamento dei rapporti sociali capitalistici e l'avvio di un mondo comunista (18).

CP

(1) Vedi Financial Times 5/9/2011 e 28/10/211.

(2) Financial Times 12/11/2011

(3) Vedi cameronduodu.com

(4) Vedi Ayanda Kota riportato in Counterfire.

(5) Vedi per esempio M. Mbeki “South Africa. Only a matter of time before the bomb explodes” Mbeki è media consultant dell’ANC. Vedi cameronduodu.com

(6) Sotto il sistema tribal Bantu la terra era occupata dalla tribù. La proprietà individuale della terra non esisteva prima della sua istituzione da parte delle autorità coloniali.

(7) K. Marx, Il Capitale, Volume 1 Capitolo 33.

(8) Nominato in “The Political Economy of Race and Class in South Africa”, B. M. Magubane, Monthly Review Press.

(9) Mandela biografia autorizzata, Anthony Sampson 1999.

(10) Long Walk to Freedom, Nelson Mandela p. 435.

(11) Vedi M. Mbeki Architects of Poverty p. 158.

(12) Vedi _Workers Voic_e No 51.

(13) Per la descizione di questi eventi vedi H. Isaacs The Tragedy of the Chinese Revolution.

(14) Imperialism, the Highest Stage of Capitalism. Peking Foreign Language Press p. 98.

(15) Ibid, Preface to the French and German editions.

(16) Lenin Collected Works Volume 23 p. 60.

(17) Con il comunismo si intende un sistema di produzione globale per i bisogni umani controllati dai lavoratori attraverso i consigli operai. Questo non ha nulla a che fare con i sistemi di capitalismo di Stato, erroneamente chiamato comunismo, che esistevano in Russia e in Cina.

Martedì, November 20, 2012

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.