Lacrime e sangue per i proletari greci

Nonostante i mass media abbiano calato il sipario e spente le luci sulla Grecia (dopo tanto rumore nei mesi trascorsi), la crisi economica e sociale in quel Paese continua a scavare un baratro sempre più profondo. Dopo 16 mesi di Governo Syriza i nodi al pettine del capitalismo greco si sono aggrovigliati a un punto tale che soltanto quel ribaltamento internazionale della politica e della economia borghese – unicamente concretizzabile con l’avvento del comunismo cioè di un nuovo modo di produrre e distribuire – potrà fondare una nuova società per il benessere di tutti, uomini e donne liberi ed eguali.

Di certo Syriza si è rimangiato le sue millantate “promesse” elettorali, ma non ha tradito il capitale, anzi si prodiga per sorreggerlo fra mille difficoltà, con la pretesa di renderlo migliore. E’ costretto su un letto di spine, è vero, ma il suo operare è unicamente quello di riuscire a dare un minimo di garanzia ai “creditori” europei che lo assillano. A danno – questa è la logica dominante in ogni paese dominato dal capitale – delle masse di proletari che compongono in gran parte il “popolo” greco. Si tratta indubbiamente di un massacro sociale al quale, direttamente o indirettamente, partecipa a spada tratta la consorteria di amici e avversari schierata attorno a Tsipras che suda nel tenere uniti i cocci del regime cercando di non farsi travolgere dal caos. Ma la borghesia greca ha ancora i propri salvadanai al sicuro e una parte del “popolo”, quella minoranza di borghesi, grandi e medi, che si è arricchita a spese della maggioranza dei proletari, continua a godersi (sia pure con maggiore accortezza e preoccupazione) le proprie ricchezze.

C’è qualche incertezza sul domani, è vero, specie fra il ceto medio: ecco le ultime proteste in piazza di agricoltori, avvocati, medici, ingegneri, tutti preoccupati per le loro pensioni. Intanto fanno coda ai bancomat per prelevare quel che lo Stato concede a chi, fra i “cittadini”, un gruzzolo in Banca ce l’ha: fino a un massimo di 420 euro in contanti a settimana. Qualche protesta operaia qua e là, e fra chi realmente soffre privazioni e miseria; però non basta – purtroppo – a scuotere con successo le impalcature del potere, sia esso gestito da destra o da “sinistra”. Agitatissimi gli agricoltori dopo che l’imposta sul reddito agricolo è passata dal 13% al 26%; in testa alle proteste sempre la riforma delle pensioni il cui costo altissimo non è sopportabile dai conti pubblici…

Le statistiche (state certi che sono in “difetto”!), segnalano una disoccupazione al 25% (al 60% quella giovanile). Aumenta il numero di chi cerca di emigrare non solo in Europa ma anche negli Usa e in Australia. Un po’ di ossigeno al capitale sembra ancora venire dal turismo che sarebbe aumentato negli ultimi mesi del 30%, specie nelle isole. Sappiamo quale parte dei “cittadini” ancora gode. Ed a proposito di emigrazioni, è esploso il drammatico arrivo di migliaia di profughi dall’Africa e dal Medio oriente, intere famiglie e centinaia di bambini orfani. Già si calcolano più di 900mila persone senza contare quelli che affogano nell’Egeo…

Intanto in Grecia si segnala una situazione sanitaria che potrebbe collassare da un giorno all’altro: sia per le prestazioni sia per molti medicinali. Senza parlare di cure specialistiche, come quelle dentistiche, un vero lusso vietato ad anziani e bambini (come per altro sta accadendo anche da noi). Se ad ospedali, scuole, Enti locali, ecc. è rimasto qualche “fondo”, lo Stato ha ordinato che i loro depositi siano portati nei forzieri della Bank of Greece. Solo nell’ultimo mese la “requisizione” ha fruttato circa 500 milioni di euro: dovrebbero servire per pagare stipendi pubblici e pensioni, altrimenti non c’è “trippa per gatti”! Vanno poi rimborsati 3,5 miliardi alla Bce, rispettando la clausola del rispetto degli obiettivi di bilancio (entro il 2018) che esigono nuove “lacrime e sangue”, cioè un “risparmio” statale di altri 3 miliardi di euro. Ed anche qui non sarà la borghesia a dissanguarsi nelle ondate di nuovi tagli e tasse che scatterebbero in modo automatico se i conti vanno in sofferenza. Gongolano quelli del Fondo Monetario, raccomandando: bisogna “legiferare in anticipo” e preparare interventi “credibili e applicabili automaticamente”, Quando il capitale è in difficoltà, non si può più… scherzare! Pronti, dunque, al taglio degli assegni “supplementari”, aumento dell’aliquota Iva massima dal 23 al 24%, ritocco all’insù dell’Irpef e altre tasse (fra cui una tassa di solidarietà sui redditi oltre i 12mila euro, se proprio non se ne potrà fare a meno….

Il “sinistro” premier greco getta acqua sul fuoco, sforzandosi di dare certezze ai creditori: “Penso che il 2016 sarà l’anno in cui la Grecia sorprenderà la comunità economica mondiale”, ha detto a Bloomberg tv. E parla di privatizzazioni: saremmo a circa 2 miliardi di euro entro l’anno in corso. Colpo grosso tedesco che nelle casse di Atene avrebbe portato 1,2 miliardi di euro, col gestore aeroportuale Fraport che si è aggiudicato per quella cifra l’affitto e la gestione per 40 anni di 14 aeroporti regionali, tra cui i redditizi scali di Corfù, Kos, Rodi, Salonicco, Santorini e Zante. Poi c’è la vendita di un grande resort all’Astir Palace e parte del Porto del Pireo, ormai in mano ai cinesi (Cosco Cina). Si sta poi ultimando la privatizzazione dell’operatore di rete gas Desfa, il prolungamento della concessione dell’aeroporto internazionale di Atene, la vendita totale della compagnia di trasporto merci ferroviario Rosco.

Ma il debito si inghiotte i “ricavi”: persino qualcuno degli “esperti” di economia e finanza, stipendiati dal capitale, si comincia a chiedere fino a quando il capitalismo greco potrà “sostenere” un debito al 176% del pil: (337,6 miliardi di esposizione di Atene). Svanisce l’illusione di poter avere un surplus primario (la differenza tra entrate e uscite) di un solo 3,5% del pil dal 2018 in avanti. Si affievolisce l’invito ad “investire e consumare” che si predica a chi è stato ridotto nella più totale povertà e costretto a pregare attorno al feticcio di un Pil che non risponde ai desideri borghesi (-0,2% nel 2015 e una previsione a -0,6% quest’anno…). Quelli di una Grecia sempre più fanalino di coda dell’arrancante treno del capitalismo europeo.

Lunedì, May 9, 2016