La Lega è nazista?

Il proletariato tornerebbe al rango di plebe se perdesse le sue caratteristiche di classe antagonista al capitalismo; e le sue possibilità di classe sfruttata, che lotta per la sua difesa e liberazione, verrebbero frustrate e rese nulle se dal suo seno e dalla sua lotta non si originassero i motivi e le forze fisiche di una direzione rivoluzionaria.

Onorato Damen

La Lega è nazista?

È una domanda che forse qualcuno si è fatto di fronte alle “sparate” del suo conducator Matteo Salvini.

Da quando è stato fatto il cosiddetto governo del cambiamento, gli schermi televisivi si sono intasati della sua presenza: a ogni ora del giorno, lo sguardo fiero e perentorio del capo leghista rassicura gli italiani che finalmente ladri, delinquenti, parassiti di ogni risma – ma, oggi, preferibilmente con la pelle “abbronzata” e provenienti dal confine sud – hanno i giorni contati. La pacchia è finita, avverte in tono minaccioso il ministro; d'ora in avanti, solo chi è in grado di dimostrare di possedere la cittadinanza italiana (da almeno quattro generazioni, si potrebbe aggiungere...) può godere degli innumerevoli vantaggi che adesso sono goduti come illegittimi privilegi dalla “marmaglia” suddetta. Quali sarebbero quei privilegi non è dato sapere, se non nei triti luoghi comuni che, pur avendo la sostanza dell'aria fritta, proprio perché tali hanno una forza che a volte nemmeno verità scientifiche inoppugnabili possiedono. Uno di quelli che va per la maggiore è che i rifugiati – ma, nelle versioni meno “raffinate”, gli immigrati in genere – siano mantenuti a spese dello stato, cioè “nostre”, in alberghi minimo a tre stelle, percependo pure quaranta euro al giorno.

Conta poco dimostrare, cifre alla mano, che i quaranta euro si riducono a qualche euro (meno di un pacchetto di sigarette) e che gli alberghi, se pure vengono utilizzati, lo sono per brevi periodi. Ancora meno conta esibire il numero delle persone sbarcate – se non sono state massacrate prima dalle autorità libiche, dai trafficanti di esseri umani o annegate nel Mediterraneo – nell'ultimo anno e mezzo, in netto calo rispetto agli anni precedenti, anche grazie, si fa per dire, al penultimo ministro dell'interno di marca PD, che ha abbondantemente impostato il lavoro al suo successore. Non conta nulla che Rom e Sinti, quelli comunemente chiamati zingari, non arrivino a contare i duecentomila individui, vale a dire lo 0,3% della popolazione, di cui grosso modo la metà con cittadinanza italiana, e, di quelli, circa ventiseimila vivano in “emergenza abitativa” ossia in insediamenti abusivi, destinati alla ruspa, secondo il guerresco linguaggio del leader fu (politicamente parlando) padano. Lo stesso vale per i reati, in calo costante da due o tre anni, secondo i dati forniti dal ministero di cui è titolare.

In breve, la verità non ha nessuna importanza, ciò che importa è prenderne alcuni brandelli, esagerarli fino allo stravolgimento per trasformarli in potenti oggetti contundenti con cui tramortire le coscienze, manipolarle a tutto vantaggio di interessi a loro opposti. Come si suol dire, la falsificazione spudorata della realtà in quanto arma di distrazione di massa, e che arma! Ecco, da questo punto di vista le somiglianze col nazismo non mancano, anzi, per certi aspetti sono quasi impressionanti. Se il nazismo indicava negli ebrei (1), lo 0,8% della popolazione, la causa di ogni male, nell'Italia di oggi sono lo 0,3% (gli zingari, appunto) o lo 0,2% (i rifugiati) a costituire il problema principale – a detta di Salvini – degli italiani, a cominciare da quelli appartenenti alle classi sociali più basse (2).

Come diceva Goebbels, ministro della propaganda del Terzo Reich – uno che la sapeva lunga sull'arte di raccontar balle – una bugia detta mille volte diventa una verità. E' un'arte che ogni classe dominante deve padroneggiare e che la borghesia ha innalzato ai massimi livelli, anche se il livello di chi la esercita è meno alto, il che però è spesso un fattore di riuscita migliore. Che ci fossero anche banchieri ebrei è la scoperta dell'acqua calda, così com'è indiscutibile che una parte degli zingari rubi e, se lo fa, non di rado a danno delle persone più indifese come gli anziani, ma da qui a farne una “emergenza nazionale” ce ne corre parecchio, significa scambiare una formica per una tigre. Eppure, questo gioco delle tre carte riesce sempre, là dove regnano disorientamento, disillusione, incertezza del presente e del futuro: stati d'animo collettivi frutto in primo luogo della devastazione sociale prodotta dalla crisi, ma anche e non da ultimo dal tradimento di quei partiti di sinistra a cui un settore consistente del proletariato, e degli strati sociali vicini, avevano affidato da sempre le proprie speranze in un mondo migliore. Che poi di tradimento in senso stretto non si possa parlare, perché la sinistra istituzionale non ha fatto altro che sviluppare fino alle estreme conseguenze un tradimento, sì, ma risalente a quasi un secolo fa (la controrivoluzione staliniana, da cui discende), è un'altra cosa: come tale è stato ed è vissuto dal “popolo di sinistra”, incapace, per lo più, di spiegarsi quello che è considerato un improvviso cambiamento di pelle del loro (ex) partito.

Persa o intorbidita la propria identità di classe (3), visto buttare in discarica il patrimonio politico-ideale, i “valori” a cui era stato politicamente educato, un segmento consistente del proletariato non riesce più a contenere quei sentimenti, cancellati o zittiti per tanti anni, che la società borghese genera nella “gente”. La solidarietà e l'unità di classe – armi potenti contro la concorrenza tra lavoratori e tra poveri, bestia nera del movimento operaio, perché prodotta continuamente dalle dure necessità materiali di una vita sottomessa alle leggi del profitto – si sono trasformate nella solidarietà nazionalista contro chi sta peggio. «Prima gli italiani», «prima noi», nell'illusione di poter arrestare, se non invertire, lo scivolamento verso il basso che le leggi del capitale, di cui la crisi è lo sbocco obbligato, rendono inevitabile.

Marx dice che il paese più avanzato indica la strada agli altri: questa considerazione, benché derisa o ritenuta sorpassata anche da chi si autoproclama marxista, dimostra invece la sua aderenza ai fatti. E' noto che negli Stati Uniti le regioni colpite dalla deindustrializzazione, abitate da ex operai precipitati nella disoccupazione e nella povertà, molto spesso fatta di “bad jobs”, cioè lavoro precario e sottopagato, sono tra quelle in cui la destra repubblicana miete i maggiori successi. Nel nord-est della Francia, la chiusura delle miniere, delle acciaierie, della grande industria in genere, ha avuto effetti devastanti sul tessuto operaio territoriale, tanto che da regione con ampie zone di “rosso” (votanti cioè per il PCF) è diventata una roccaforte del Front National, il quale mescola, nel solito mix velenoso, razzismo, nazionalismo e rivendicazioni sociali che hanno sempre fatto parte del bagaglio politico della sinistra riformista, nel quadro di una visione saldamente neoliberista. Attenzione, però, non tutto il proletariato deluso e disorientato vota l'estrema destra né “naturalmente” guarda in cagnesco gli immigrati: è un fenomeno senza dubbio reale, ma che si sposa con un altro di cui i mass media parlano poco, di sfuggita e malvolentieri ossia l'astensionismo che cresce a ogni tornata elettorale. Certo, questo astensionismo è per lo più solo espressione passiva di un sacrosanto disgusto verso i politicanti borghesi, ma non è detto che prima o poi su questo terreno non germogli un atteggiamento che dal rifiuto silenzioso passi alla lotta o alla predisposizione alla lotta sul piano di classe, fuori e contro le articolazioni della società borghese, sindacati compresi (4).

Rimane il fatto che, oggi, il populismo variamente declinato ha il vento in poppa, anche perché promettere quello che la “gente” vuole sentirsi dire non costa niente; le cose cambiano quando si tratta di passare dalle parole ai fatti. Non a caso, il presenzialismo frenetico di Salvini, che ha oscurato l'immagine del suo compagno di merende Di Maio, finora (inizio luglio) si è concretizzato soprattutto, se non esclusivamente, in quelle misure dal sapore spudoratamente carognesco a cui i mass media danno tanto risalto, ma che sono a costo zero o quasi. Le misure in questione sono il respingimento delle navi che salvano i migranti in mare, la creazione di difficoltà alle organizzazioni umanitarie che si occupano di soccorrere appunto i naufraghi e le persone abbandonate al loro destino dai trafficanti di essere umani, con i verosimili “effetti collaterali” dell'annegamento di adulti e bambini. E poi, annunci sulla liberalizzazione dell'uso delle armi (“Sei tu John Wayne?”), sulla sorveglianza da parte delle forze dell'ordine (borghese) di ogni istituto scolastico e altre ca.., pardon, stravaganze del genere. Sì, d'accordo, ma i pezzi da novanta, le leggi a cui milioni di italiani – cioè proletari – guardano con speranza impaziente, perché alleggerirebbero un po' i pesi economico-sociali di cui sono stati caricati da tutti i precedenti governi, compresi, naturalmente, quelli comprendenti la Lega? Beh, qui la faccenda si presenta più complicata e il nemico non è solo a Bruxelles o a Francoforte, ma è dentro il governo stesso. Che Draghi e i commissari europei mettano in guardia sull'inopportunità di manomettere i sistemi previdenziali, raccomandando anzi di intensificare le riforme (5), soprattutto in un contesto economico che continua a rimanere quanto meno incerto, è scontato.

Meno scontata – ma solo per chi si era illuso sulla natura del nuovo governo – la riluttanza, per così dire, del ministro dell'economia Tria ad aprire il portafoglio per finanziare le riforme epocali con cui il duo Salvini-Di Maio ha preso all'amo milioni di votanti: smantellamento della legge Fornero, reddito di cittadinanza e flat tax. Intanto, in campagna elettorale Salvini parlava di abolizione, oggi invece di superamento ossia, detto in altri termini e ben che vada, un'operazione di ritocco che attenuerebbe la spietatezza dei criteri per andare in pensione, ma li attenuerebbe e basta. Se ci si attiene agli annunci, per di più vaghi, a naso ci si deve aspettare poco di buono. I quarantuno anni di contributi effettivamente versati o la “quota 100” (la somma dell'età anagrafica più gli anni di contribuzione), ma a partire dai sessantaquattro anni di età, versano molta acqua nel vino delle aspettative di chi è stato incatenato a una vita di lavoro interminabile. Inoltre, ci saranno penalizzazioni nel già decurtato assegno pensionistico? A proposito, perché non si ricalcola al rialzo il suo ammontare, abbassato significativamente dalle riforme dei precedenti governi, che sarebbe un modo per restituire, almeno in parte, il maltolto, il furto del salario differito? L'ultimo governo Berlusconi, inutile dirlo, non pensò affatto di procedere in tal senso, anzi, con l'ennesimo intervento sulle pensioni gettò le basi per il lavoro della Fornero, che poi questa accelerò bruscamente. Naturalmente, Salvini si guarda bene dal ricordare la corresponsabilità del suo partito nel progressivo smantellamento-peggioramento del sistema pensionistico, un tassello del quale porta direttamente la firma del ministro leghista Maroni (2002).

Che dire, poi, della precarizzazione della forza lavoro? La cosiddetta riforma Biagi del 2003, altro capolavoro del centro-destra (dopo la riforma Treu, 1997, del centro-sinistra) non esibisce la firma della Lega? Si sa che il precariato, oltre a causare ansia, stress, angoscia (e minori tutele) significa un salario inferiore a quello del lavoro “normale”, anche per l'intermittenza dell'occupazione, e rende quanto mai vaga la prospettiva (nonché l'ammontare) di una pensione, collocata in un futuro talmente lontano da risultare grottesco. Se facciamo due conti, mettendo a confronto il danno subito dalla classe lavoratrice grazie alla Lega (in buona compagnia, certamente) e, per esempio, i furti degli zingari, beh, non c'è proprio partita (6). Danno che potrebbe assumere dimensioni ancora più grandi se per caso venisse varata la flat tax (altro cavallo di battaglia di Salvini) ossia la drastica riduzione delle imposte, che porterebbe l'aliquota massima, per i redditi più alti, al 20% e per la “gente comune” al 15%. Senza addentrarsi nei vicoli per ora oscuri della proposta (7), è certo che si tratterebbe di un gigantesco regalo ai ricchi e ai ricchissimi, i quali, come la storia degli ultimi decenni sta abbondantemente dimostrando, non utilizzerebbero quella montagna di soldi per fare investimenti creatori di nuovi posti di lavoro, ma per tesaurizzarla e investirla nella speculazione finanziaria. Il buco che si verrebbe a creare nelle casse dello stato sarebbe, nelle ipotesi più ottimistiche, di quaranta miliardi di euro all'anno (ma probabilmente molti di più), che neanche il condono fiscale più generoso (rottamazione delle cartelle esattoriali) potrebbe mai colmare. Forse, a malapena, solo una crescita del Pil a due cifre riuscirebbe a riempire quel vuoto, ma nessuno sano di mente potrebbe credere a questa ipotesi meno realistica della fantascienza. Il taglio dei servizi che ne deriverebbe non sarebbe affatto compensato dalle poche (e ipotetiche) centinaia di euro che le classi sociali più basse si metterebbero in tasca, per non dire dello sconquasso nei conti pubblici, che favorirebbe la speculazione con tutto quello che ne segue. Ancora una volta, la devastante riforma Fornero non fu l'agnello sacrificale offerto alla speculazione finanziaria per fermare la corsa allo spread fuori controllo durante l'ultimo governo Berlusconi-Lega? Il fatto è che il capitalismo ha leggi ben precise che non possono essere aggirate, se lo si accetta e ci si candida per amministrarne il sistema. Quando poi è in crisi, come oggi, quelle leggi diventano ancora più stringenti, più “cattive”: tutto il reso è solo truffa.

Lo stesso discorso, naturalmente, vale per il reddito di cittadinanza a marca 5Stelle, ma ci ritorneremo. Vale anche per la cosiddetta galassia antagonista che, nel suo piccolo, ha favorito, accettandole, le provocazioni di Salvini, andando allo scontro, del tutto sterile, con le forze dell'ordine che proteggevano il personaggio quando faceva i suoi giri propagandistici nelle città e in particolare nei quartieri popolari. Hanno fatto, loro malgrado, da cassa di risonanza alla sua opera di avvelenamento ideologico dei settori “popolari” (o “plebei”) della società, contrapponendogli, in genere, valori etici quando “Lui” prometteva appunto l'abbassamento dell'età pensionabile e più soldi in tasca. Insomma, un disastro, ampiamente prevedibile per altro, perché così sono gli “antagonisti”.

Il primo luglio, Salvini ha esaltato le “folle oceaniche” accorse a Pontida con una profezia, secondo la quale la Lega governerà per trent'anni. Può essere, ma giusto per riprendere la domanda iniziale, ci viene in mente che un altro personaggio (8) aveva fatto promesse straordinarie, come quella di fondare un Reich millenario. Si sa che è durato molto meno e forse anche il nuovo “Reich” salviniano sarà a corto di fiato prima dell'ipotetico trentennio. Di sicuro, se la caduta di regimi e governi sarà il risultato degli scontri interborghesi, per il proletariato non cambierà nulla, al massimo la lunghezza della catena.

CB

(1) Cioè quelli registrati all'anagrafe come tali, perché a molti di loro non importava nulla della religione.

(2) Tralasciamo poi il fatto che in questi ultimi anni il numero degli immigrati è in diminuzione, a causa della crisi, che rallenta i flussi in entrata e spinge parte dei lavoratori immigrati a tornare nel paese di origine o a emigrare in altre nazioni. Questo fenomeno, però, allarma la borghesia pensante, perché, in prospettiva, aggrava i costi della previdenza sociale (le pensioni future), visto che vengono meno contribuenti che difficilmente – o non sempre – un domani percepiranno l'assegno pensionistico e alza il rapporto tra pensionati e lavoratori attivi.

(3) Primo elemento necessario, benché non sufficiente, perché si possa concepire e recepire un'idea di alternativa alla società borghese.

(4) Che in questo “germogliare” giochi dialetticamente un ruolo primario la presenza dell'avanguardia rivoluzionaria è per noi scontato, ma a tale proposito rimandiamo alla nostra abbondantissima pubblicistica.

(5) Detto in altri termini: secondo Draghi and Co. bisognerebbe proseguire a tagliare pensioni, sanità e scuola.

(6) Volendo, si potrebbe anche conteggiare quanto è costato ai dipendenti pubblici il blocco degli stipendi, cominciato nel 2009, con l'ultimo governo PdL-Lega.

(7) Secondo alcuni, i più poveri potrebbero addirittura pagare di più.

(8) Il soggetto in questione era certamente diverso, ma, dal punto di vista ideologico, ci sono alcune somiglianze inquietanti...

Giovedì, July 12, 2018