Il governo gialloverde dalla lotta alla povertà alla “guerra ai poveri”

Uno dei metodi che sempre più vengono usati negli ultimi anni dalla classe dominante per costringere alla passività politica i proletari, ovvero la classe dominata, è la paura. E’ un metodo infallibile e tutto sommato economico oltre che efficace perché agisce sulla parte più debole e meno controllabile della psicologia sociale degli individui. Induce in chi ne è contaminato il timore prima, e l’angoscia poi di poter perdere la propria sicurezza: un lavoro, un reddito, perfino l’approvazione del capo a volte; in definitiva il timore di perdere il relativo benessere e le certezze faticosamente conquistate in epoche in cui dal banchetto di lor signori cadevano copiose le briciole e ciascuno - chi più, chi meno - ha potuto raccoglierne, con la mediazione dei partiti socialdemocratici e dei loro camerieri sindacali.

Questo metodo della paura, o perlomeno questo intento, sembrano essere dietro le righe (ma neanche tanto dietro) del Decreto sicurezza, uno dei primi provvedimenti dell’italico governo del cambiamento, governo che ricorda sempre più i romanzi di Orwell, con i suoi paradossali rovesciamenti tra verità ed enunciazioni. Si può tranquillamente togliere le tasse ai ricchi per fare un favore ai poveri, darti un calcio nel sedere per esprimerti affetto, levarti il sangue per incoraggiarti a star meglio e approvare un decreto che viene definito “sicurezza”, che certamente produrrà più insicurezza sociale.

Da anni le guerre fatte dal capitale per amor di democrazia come in Siria o in Libia, o per fare saccheggio (pardon commercio) di materie prime come in mezza Africa, per recuperare risorse che diano linfa al sistema nervoso centrale del mondo capitalistico, hanno prodotto sconquassi sociali e conseguenti movimenti migratori di milioni di persone. Solo una minoranza di queste è arrivata fino alle porte dell’Europa e a quelle porte ora bussa per avere ingresso.

Non è un problema semplice e non lo sarebbe probabilmente per nessun modello di organizzazione sociale, anche migliore di questo, ma è tipico della natura di quella strana bestia perennemente affamata che è il capitalismo, di risvegliare forze enormi e incontrollate, che poi non riesce a governare. Persino madre natura si incarica ogni tanto di ricordarcelo, purtroppo dolorosamente.

In questa situazione obbiettivamente difficile in cui il capitale, con i suoi deliri di onnipotenza, ci ha cacciato, quale più facile ricetta che non trovare un bel capro espiatorio come ai tempi degli untori manzoniani durante la piaga della peste: nel nostro caso l’immigrato, che più è nero e più deve aver fatto qualcosa di male.

Si sorvola alla grande sul fatto che le condizioni sociali della gran parte degli italiani, nello specifico del lavoro dipendente, stessero peggiorando già da anni, con i salari e le pensioni sotto attacco e così pure sanità, scuola e tutto il resto, ben prima che facesse la sua comparsa sulla scena la tanto discussa “emergenza immigrazione”.

Di più, si sorvola anche sul fatto che la Lega, che oggi grida “avanti gli italiani”, di quelle politiche di austerità e di quelle riforme delle pensioni è stata corresponsabile insieme a Forza Italia con cui ha governato per anni (vedi per esempio la riforma delle pensioni targata Maroni). Come al solito una mezza bugia ripetuta un milione di volte e cacciata a forza nelle orecchie dei più, grazie ai mezzi di disinformazione, diventa prima o poi una mezza verità e poi l’importante è il “cambiamento”, di cosa ce lo spiegheranno un’altra volta, se ci sarà tempo.

Cosa prevede allora il decreto Sicurezza partorito dal “genio” padano, convertitosi ora in paladino dell’Italia intera per maggior fiuto elettorale rispetto ai suoi altrettanto geniali precursori. In primo luogo, ostacolare in ogni modo tutti quei permessi di soggiorno che non siano obbligatoriamente previsti dai trattati internazionali: nello specifico quella fattispecie giuridica denominata “tutela umanitaria” che aveva permesso fino ad oggi di recuperare una piccola parte di tutte le richieste d’asilo respinte, magari presentate per garantirsi comunque nel frattempo una presenza sul territorio, in attesa di regolarizzarsi. Ora i casi ammessi sono solo:

  • chi ha bisogno di cure mediche salvavita (e comunque per un periodo limitato di tempo)
  • chi si è distinto per atti di alto valore civile, per esempio immaginiamo, un immigrato che salva dall’annegamento un bambino italiano avrebbe diritto a un permesso di soggiorno (del resto se è arrivato fin qui è un esperto di annegamenti scampati)
  • violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo (qui siamo all’apoteosi orwelliana: se tutti gli immigrati gravemente sfruttati sul lavoro in Italia avessero diritto alla protezione umanitaria ci sarebbe una fila pari a quella per il reddito di cittadinanza)
  • chi proviene da un paese afflitto da gravi calamità (ma non si definisce quali calamità, sicuramente ne saranno esclusi quei paesi dove le calamità sono endemiche, come i paesi subsahariani).

Si assiste quindi alla eliminazione della discrezionalità delle Commissioni Territoriali nel valutare le richieste una per una, come avveniva prima, sulla base di un criterio che potremmo definire di “ragionevolezza” giuridica perché molto spesso di trattava di venire incontro a persone che risiedono in Italia da qualche anno e hanno già cominciato un percorso di integrazione, che spesso sono state sottoposte a torture o a prove durissime prima di arrivare in Italia, e il cui loro ritorno nel paese d’origine non sarebbe indolore.

Ma questo è niente: il decreto riserva esclusivamente ai titolari di protezione internazionale già riconosciuta e ai minori stranieri non accompagnati la permanenza negli SPRAR. Gli SPRAR sono i centri che fanno parte appunto del “Sistema di Protezione dei Richiedenti Asilo”, una rete di accoglienza distribuita su tutto il territorio italiano e gestita dai Comuni italiani in collaborazione con associazioni dedite all’assistenza sociale. Questo sistema ha una sua precisa normativa di riferimento sugli standard minimi di trattamento e assistenza: sono previste cure sanitarie, consulenze legali, corsi di lingua e di avviamento professionale.

I richiedenti asilo finiranno d’ora in avanti nei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), che sono grandi strutture a gestione privata dove si concentrano centinaia e a volte anche migliaia di immigrati che finiscono per essere presto o tardi una minaccia per l’ordine pubblico, vuoi perché ammassati in aree dove inevitabilmente la loro presenza viene percepita come invasiva, vuoi perché costretti all’inattività per mesi, vuoi perché privi della tutela normativa garantita in termini di assistenza dagli SPRAR. Tra l’altro, è già stato ampiamente dimostrato dall’esperienza precedente come questi grandi centri, con il giro d’affari che portano per chi li gestisce, finiscono per attrarre gli appetiti di organizzazioni mafiose o para-mafiose che vi si insinuano realizzando enormi profitti, ovviamente a spese degli “ospiti” e del bilancio pubblico, che in massima parte i lavoratori (stranieri e non) finanziano con le detrazioni dai loro stipendi.

All’insegna dello slogan tutto ideologico “prima gli italiani” (che sarebbe da leggere “prima i padroni italiani”) si riducono i fondi destinati all’accoglienza e li si dirotta ad ampliare ulteriormente un grandissimo sistema detentivo in cui i migranti saranno trattenuti fino a che non si riesca ad espellerli, cosa che è possibile solo in pochi casi, in cui i paesi di provenienza abbiano firmato con l’Italia accordi per il rimpatrio. Diversi osservatori e associazioni hanno stimato che - tra richieste d’asilo respinte e permessi di soggiorno umanitario non rinnovato alla scadenza - il numero di migranti irregolari che finirà semplicemente per strada salirà di decine di migliaia di persone già quest’anno, rendendo sì le città, e in particolare le periferie, insicure.

Ma tutto questo è troppo risaputo per non essere scientemente perseguito dai nostri illuminati paladini del cambiamento. Forse si vuole proprio tornare ad una situazione sociale da Inghilterra di epoca vittoriana, da romanzi di Dickens, con le forze dell’ordine impegnate costantemente a tutelare la società degli onesti borghesi dall’accattonaggio, dalla questua, dal vagabondaggio e dalla prostituzione: in una parola, dalla povertà. E infatti il brillante ministro della tuttologia ha già annunciato un aumento di fondi per assunzioni nelle forze dell’ordine, ha deciso di saltare il periodo di sperimentazione e introdurre senz’altro l’uso del teaser, di cui verranno forniti nelle intenzioni anche i vigili urbani. In definitiva la sicurezza degli uni verrà pagata con l’insicurezza di tutti gli altri, stranieri o italiani che siano.

Siccome poi in alcuni settori economici come quello della logistica, dove è più forte la presenza di lavoratori immigrati, si sono manifestati episodi di genuina e ormai insperata lotta di classe, spunta nel decreto anche una piccola modifica ad una legge del 1948, che introduce pene severe e il carcere per chi effettua blocchi stradali, non solo strade ferrate, ma strade comuni, come quelle che regolano l’accesso ai grandi capannoni dello smistamento merci. Le strade devono rimanere sgombre dagli scioperanti che d’ora in avanti devono far presente il proprio scontento solo in modo simbolico, senza rallentare l’attività economica. L’insicurezza deve rimanere un problema loro, non può diventare un problema di tutti e meno ancora di chi fa business di mestiere.

Dulcis in fondo basterà una denuncia o un procedimento penale in corso anche per reati di modesta entità per sospendere ed eventualmente, a condanna di primo grado avvenuta, annullare la richiesta di asilo. Parimenti sono inasprite le pene per chi occupa abusivamente abitazioni.

Insomma, si delinea un bel quadretto, un quadro in cui sempre più si mette in evidenza un ordine sociale che scricchiola, che va puntellato agitando il bastone perché la carota non è abbastanza. Rinchiudersi nel privato, nella diffidenza reciproca, nella paura e nella passività è proprio quello che si vuole da noi, ed è proprio la risposta che non daremo, fianco a fianco a chi, come noi, questa società la vuole cambiare per davvero.

MB
Lunedì, November 5, 2018