La libertà d'espressione diritto inalienabile? Sul provvedimento repressivo ai danni di una professoressa

La libertà di espressione è sacra e inviolabile, recitano le carte costituzionali della borghesia, ma sappiamo bene che si tratta di una libertà condizionata, quando va bene, se non puro e semplice fumo negli occhi, per confondere e ingannare. Tale “libertà” è soggetta alle necessità di conservazione dei rapporti sociali borghesi, per cui può essere ristretta o soppressa – più o meno durevolmente – se la forza oggettivamente antagonista alla borghesia – il proletariato – minaccia di spezzare le catene dello sfruttamento e dell'oppressione salvaguardate dallo Stato. Quel “diritto inalienabile” può essere limitato anche se la lotta di classe proletaria è debole, ma il malessere sociale diffuso inquieta ugualmente i sonni borghesi, in quanto potrebbe rischiare di esplodere da un momento all'altro, nonostante l'uso permanente dei mezzi di distrazione di massa (1), o persino essere impiegato come carta da giocare nell'accanita corsa per le poltrone, altrimenti detta competizione elettorale. Certo, l'una cosa non esclude l'altra e, anzi, in quest'epoca di crisi che rende incerti e instabili i piani dei diversi schieramenti borghesi, spesso vanno assieme. L'episodio di cui è stata vittima una professoressa di un istituto tecnico di Palermo ne è un esempio.

Il fatto è noto. In occasione del Giorno della Memoria (27 gennaio), degli studenti di seconda superiore della docente in questione preparano un video in cui accostano le leggi razziste antiebraiche, emanate dal fascismo nel 1938, al decreto-sicurezza partorito da Salvini, per stimolare la discussione affinché la storia non si riduca a essere come una visita al cimitero, ma uno strumento di riflessione sul presente e farla diventare davvero – senza scadere nella retorica idealista - una maestra per la vita.

Ne segue (2) che un frequentatore di siti d'estrema destra segnala – distorcendolo, va da sé – l'accaduto alla sottosegretaria leghista all'istruzione, la quale, dopo aver auspicato la cacciata con infamia “del prof” (sic) reo di lesa maestà legaiola, per non avere adeguatamente sorvegliato i ragazzi malfattori, si rivolge alle istanze superiori. Fedeli al motto secondo cui la vendetta è un piatto che va servito freddo, a metà maggio arriva l'ispezione nella scuola dell'insegnante e la sospensione di quest'ultima – con relative trattenute sullo stipendio – per quindici giorni. Ciliegina finale (sempre stando a Repubblica), non poteva mancare la visita della Digos, per verificare, ipotizziamo, se la sovversione dell'ordine costituito sia stata eliminata con quel provvedimento punitivo oppure se la mala pianta abbia messo radici profonde. Se ci è concesso, suggeriremmo di controllare bene che non ci sia lo zampino del giudaismo internazionale, visto che, qualche tempo fa, personalità appartenenti al mondo dell'ebraismo italiano, tra cui gli ultimi sopravvissuti ai campi di stermino nazisti, hanno invitato pubblicamente a non votare per i partiti “sovranisti” europei (di cui la Lega è un pezzo da novanta), ravvisando inquietanti somiglianze tra l'ideologia – e la pratica – di questi partiti e quella del nazifascismo di ottant'anni fa. Una di quelle personalità è pure senatrice della repubblica: dunque, la sovversione alligna – coerentemente con la tradizionale perfidia giudaica – anche nelle più alte istituzioni dello Stato?

Naturalmente, i firmatari di quell'appello, così come la professoressa (3), ci paiono lontani da una prospettiva rivoluzionaria, cioè comunista, ma soprattutto in tempi di elezioni non si guarda tanto per il sottile: uno scranno parlamentare in più (con relativo stipendio e benefit aggiuntivi) val bene la smaccata violazione della legge borghese stessa, ci mancherebbe! Quando mai la borghesia e il suo personale politico si sono fatti fermare dagli scrupoli e dalle “carte”, messe lì proprio per chi sta sotto, per farlo stare sotto, non certo per chi sta in alto (la borghesia, appunto)?

Infatti, la motivazione addotta dal provveditore agli studi di Palermo per l'intervento repressivo è quanto mai “bizzarra”: «l'accostamento delle leggi razziali al decreto sicurezza è una distorsione della realtà» (4). In base a cosa il funzionario giudica distorsivo l'accostamento: sulla base della sua autorità? Ma allora, dove vanno a finire la libertà di espressione, di ricerca, di insegnamento garantita – sulla carta – dalla Costituzione? Se questa libertà è – come è – tenuta al guinzaglio o silenziata da un qualunque alto funzionario, c'è qualcosa che non torna. Da comunisti, la cosa non ci stupisce, semplicemente conferma il carattere mistificante della democrazia borghese, le cui sbarre si restringono o si allargano a seconda delle fasi storiche, ma in ogni caso non permettono mai l'evasione dai rapporti di classe fondati sullo sfruttamento e l'oppressione della classe lavoratrice.

Certe analogie – non identità, attenzione – tra i fascismi dilaganti degli anni Trenta del secolo scorso e la destra “sovranista” di oggi sono talmente evidenti che saltano agli occhi non solo delle sparute minoranze rivoluzionarie, ma anche delle persone che in buona fede nutrono illusioni sulla democrazia borghese, anche se poi la convergenza tra noi e loro finisce qui. Da parte nostra, infatti, non ci sorprenderemmo se un domani fossimo chiamati dalla “giustizia” dello Stato a rispondere per aver, mettiamo, definito fucilatore di operai, braccianti e contadini poveri qualche eminente uomo di stato della repubblica; per esempio, fra i tanti, De Gasperi, primo ministro tra gli anni Quaranta e Cinquanta, quando durante i suoi governi – magari partecipati dai “comunisti” di Togliatti – nelle piazze i proletari cadevano a decine sotto il piombo delle forze dell'ordine borghese. Invece, la retorica della “cultura ufficiale” dipinge l'uomo politico come statista benemerito del popolo italiano, anzi, IL benemerito. Ma, ancora una volta, il giudizio storico non c'entrerebbe niente, ciò che conterebbe sarebbe il giudizio politico, esattamente come per la professoressa di Palermo.

A lei, che si sta difendendo per le vie legali, auguriamo di poter annullare il provvedimento spudoratamente censorio e vigliaccamente punitivo, ma la questione di fondo rimane pur sempre che la vera difesa dall'uso e dall'abuso dell'ipocrita legalità borghese si fa su ben altro terreno. Ecco perché è ovvio giudicare strumentali a fini elettorali gli attestati di solidarietà provenienti dal centrosinistra, che sulla questione degli immigrati-rifugiati ha spianato la strada al “Capitano” Salvini (5) e alla sua poco allegra brigata, e incaz..., ma ancora una volta senza stupirsi, per il fatto che i sindacati non abbiano proclamato subito azioni di lotta a sostegno della docente. La difesa, che è allo stesso tempo attacco, non ha altre vie che la ripresa indipendente della nostra lotta di classe, quella proletaria.

CB, 17 maggio 2019

(1) Consistenti, sostanzialmente, nella deviazione della rabbia “popolare” su falsi obiettivi, nella falsificazione delle cause della crisi, responsabile delle difficoltà materiali che opprimono milioni di persone appartenenti al proletariato e a settori della piccola borghesia.

(2) Per le informazioni ci basiamo su di un articolo pubblicato nel sito di Repubblica il 16 maggio 2019.

(3) Così ci sembra, ascoltando la sua intervista sul sito citato.

(4) Repubblica, cit.

(5) Giusto per continuare col “gioco” delle analogie: capitano, führer, duce, senza dimenticare il “piccolo padre” di staliniana memoria, appartengono tutti alla stessa logica, alla stessa visione del mondo.

Sabato, May 18, 2019