Qualche considerazione sulle elezioni europee

Quello che esce fuori dalle elezioni europee è un quadro politico estremamente frammentato e non sempre coerente; cerchiamo qui di trarne qualche indicazione di carattere generale, utile dal nostro punto di vista politico.

I risultati

La spallata dei nazionalisti/sovranisti al parlamento europeo non c’è stata, o meglio c’è stata soltanto in parte, localizzata nei paesi meridionali, come Italia e Francia, e in due paesi del cosiddetto gruppo di Visegrad (Polonia e Ungheria). Un conto però è definire sotto un’unica categoria politica genericamente “sovranista” partiti che hanno una posizione critica verso le politiche europee e un altro è dire che questi partiti sono o saranno schierati su un’unica linea politica, in grado di assumere una leadership diversa a livello continentale. Molto probabilmente la sola cosa che li accomuna ora e nel prossimo futuro è la critica elettoralmente opportunistica verso le istituzioni comunitarie, salvo poi al momento buono cercare di tirare la coperta europea dalla propria parte in termini di finanziamenti, politica estera, immigrazione. Se si presentasse il caso comunque, non si faranno scrupoli nell’imporre ai lavoratori europei un’austerity anche peggiore di quella che stanno vivendo adesso che, lo ricordiamo, non è dovuta tanto all’Europa di per sé stessa quanto ai mercati, forma di vita e di espressione del grande capitale internazionale e dei suoi affari.

La contrapposizione europeisti/sovranisti è probabilmente all’origine del ritorno della partecipazione elettorale che per la prima volta nella storia è cresciuta, passando dal 42% in media dell’ultima tornata al 50% di questa; in molti paesi comunque, specialmente quelli più piccoli e periferici, si rimane molto al di sotto della metà degli aventi diritto, il che dà un indice sintetico e approssimativo di quanto la popolazione si senta coinvolta e si identifichi con le tematiche politiche europee.

Per formare una maggioranza solida nel parlamento sarà ora necessario aggiungere ai gruppi dei Popolari e dei Socialisti anche i Liberali e forse i Verdi, in una grande ammucchiata politica che complicherà non poco le trattative per la suddivisione delle poltrone e dei posti di comando e per esprimere una linea politica che in qualche misura accontenti tutti.

La sconfitta della sinistra

Il dato più evidente che risulta da questa tornata elettorale è la sconfitta sonora dell’opzione politica borghese di sinistra, specialmente quella “radicale”, ma anche la moderata non se la passa per niente bene. Le sinistre vengono sconfitte praticamente ovunque, con l’eccezione del Partito Socialista spagnolo, risultato primo alle urne, come già alle recentissime elezioni politiche, ma bisognoso dell’aiuto del centrodestra di Ciudadanos per governare. La sinistra perde clamorosamente in Germania, Francia e in Gran Bretagna, con la sola eccezione dei verdi, che rimangono l’ultimo approdo per coloro che affermano ancora di voler riformare in senso migliorativo il sistema nel quale viviamo. Perde anche Tsipras in Grecia, alla fine di un’esperienza di governo emblematica nel mostrare come le opzioni politiche borghesi siano limitate.

Risulta sempre più evidente il fallimento delle politiche di inclusione tradizionalmente praticate dal riformismo di sinistra attraverso il welfare, la scuola, la redistribuzione di una parte dei profitti estratti dallo sfruttamento del lavoro. Nella fase in cui ci troviamo - e da molti anni - il capitale non ha più i margini per praticare politiche sociali onerose, impegnato com’è a sopravvivere alla concorrenza internazionale e ai tassi di profitto industriali in discesa, non può permettersi di elargire quanto poteva prima. E’ evidente in questo senso l’abilità e la spregiudicatezza di leader politici di destra anche estrema, che promettono qualche regalo a breve ai più poveri, condizionato al mantenimento della disciplina del lavoro, e garantiscono che faranno tutto il possibile per tenere alla larga quelli ancora più poveri, immigrati in primis, che non devono diventare concorrenti nella lotta per la spartizione degli ultimi brandelli di benessere. Il loro gioco è quello di indirizzare la rabbia sociale verso obbiettivi illusori: fantomatici e non meglio identificati poteri forti, grandi banchieri e finanzieri, meglio se di origine ebraica, le famose “élites”, come se loro stessi non ne fossero parte integrante e non da oggi.

La mancanza di un seppur vago senso di alternativa sociale praticabile o anche solo possibile ha prodotto una schiacciante vittoria ideologica della classe borghese. Il suo mondo, la sua cultura, i suoi valori in questo momento sembrano aver conquistato completamente il campo e non avere rivali, partendo dall’assunto indiscutibile che la vita sociale si è sempre fondata e deve fondarsi sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e sull’acquisto di capacità di lavoro in cambio di un salario, con il corollario che se qualcuno offre uno stipendio a qualcun altro, quest’ultimo gli dev’essere solo eternamente grato e tacere. Ovvio che chi si richiami, rimanendo sul piano borghese, al perseguimento di un bene comune, alla gestione democratica della “cosa pubblica” e ad altri miti simili, parzialmente esistiti in passato, sia destinato a scontrarsi con la dura realtà di un mondo destinato a produrre più sfruttamento, più disuguaglianza, più egoismo.

Gli astenuti, che se per ipotesi fossero un partito, risulterebbero i vincitori di tutte le elezioni degli ultimi anni, almeno in una loro parte sanno che le proposte politiche che gli vengono offerte non sono commestibili, ma non intravedono alternative nel momento attuale e spetta a noi fornirgliene.

In Italia

Le elezioni italiane hanno segnato com’è noto la schiacciante vittoria della Lega, che ha avuto oltre nove milioni di voti, succhiandoli via per lo più ai Cinque Stelle e in parte a Forza Italia. Ora Salvini imperverserà con la sua parlantina su ogni mezzo di informazione che abbia a disposizione, e ne ha molti, e dirà con sicumera in lungo e in largo che gli italiani sono con lui. Nove milioni di voti sono tanti, troppi di sicuro, ma se andiamo a considerare i voti al netto dell’astensione sono meno di due italiani su dieci quelli che hanno votato per lui, senza contare gli stranieri che vivono e lavorano in Italia, ma non hanno diritto di voto. Eppure, il gioco di prestigio elettorale farà sì che la Lega possa portare avanti d’ora in poi qualunque scelta, anche antipopolare, sulla base di questa presunta legittimazione popolare. Il difensore degli italiani, smascheratore del complotto demo-pluto-giudaico, come già qualcuno prima di lui, passerà probabilmente all’incasso dei voti con apposita tornata elettorale nostrana, e subito dopo correrà a stringere le catene dello sfruttamento alle caviglie dei lavoratori italiani e stranieri, in nome e per conto della classe dominante di cui fa parte.

Domenica, June 2, 2019