Venti di cambiamento in Bielorussia: né la dittatura né la democrazia hanno nulla da offrire alla classe operaia

Alexander Lukashenko (1) è stato il presidente della Bielorussia ininterrottamente dal 1994; in questi 26 anni di governo solamente la sua prima vittoria elettorale è stata dichiarata dagli osservatori "giusta e legittima". Ogni singola elezione, da allora, è stata manomessa e falsificata a favore di Lukashenko. Non c'è quindi da stupirsi che sia riuscito a mantenere il suo potere in maniera ferrea, in un paese che è stato spesso definito come "l'ultima dittatura dell'Europa", l'unica repubblica post-sovietica, riconosciuta a livello mondiale, in cui l'agenzia di intelligence ha mantenuto il suo vecchio e famigerato nome e acronimo - il KGB. Tuttavia, in vista delle ultime elezioni del 9 agosto 2020, la Bielorussia ha visto più opposizione politica e disordini di quanti ne abbia visto da decenni. Secondo il Centro per i diritti umani "Viasna", dall'inizio della campagna elettorale di maggio sono state arrestate più di 2.000 persone. Ora che l'exit poll delle elezioni ha dato a Lukashenko quasi l'80% dei voti, il numero dei detenuti è destinato ad aumentare drasticamente mentre i bielorussi scendono in piazza a migliaia per protestare contro l'ennesimo risultato falsificato.

Oltre all'evidente crescente frustrazione della classe operaia bielorussa nei confronti del suo dittatore, cosa ha portato a questo risultato? La Bielorussia ha approfittato di generosi accordi commerciali per le risorse provenienti dalla Russia, pagando la metà di quanto pagano i paesi dell'Europa occidentale per il gas naturale del suo gigantesco vicino orientale, oltre ad aver prezzi agevolati per il petrolio greggio, ma questo modello è insostenibile. La ragione principale è che la Federazione Russa, la cui economia è stata colpita dal calo del prezzo del petrolio innescato dalla crisi economica mondiale, sta ora ritirando attraverso una "manovra fiscale" i sussidi energetici di cui la Bielorussia ha beneficiato fin’ora. È così che l'esenzione che ha aiutato fin’ora la Bielorussia a mantenere con successo posti di lavoro, fabbriche e servizi sociali, dall'epoca dell'URSS, è destinata a concludersi. Il leader dello Stato, Lukashenko, si trova quindi di fronte a un dilemma: fare altri accordi con Putin, che saranno visti solo come un'ulteriore limitazione della sovranità del Paese a favore di relazioni più strette con l'ex occupante, o iniziare una ristrutturazione dell'industria pesante bielorussa e guardare all'Unione Europea e ad altri potenziali partner per il sostegno – rischiando in questo modo sanzioni da parte russa. Infatti, la Bielorussia esporta gran parte dei suoi beni industriali in Russia, mentre i prodotti petroliferi che vende ai compratori europei dipendono interamente dal petrolio greggio scontato che riceve dall'Est; se la Russia chiudesse questo scambio, l'economia bielorussa collasserebbe (2). Oltre un decennio fa, il dittatore bielorusso ha giocato sulla nostalgia della nazione (la maggioranza della quale ha votato nel referendum del 1991 per preservare l'Unione Sovietica), ma anni di governo dispotico e di instabilità crescente, dovuta alla crisi capitalistica mondiale, hanno fatto molto per cambiare l'opinione pubblica bielorussa, con una resistenza senza precedenti che è finalmente emersa nelle elezioni di quest'anno.

Per potersi registrare legalmente come candidato alle elezioni presidenziali bielorusse è necessario raccogliere 100.000 firme (in un Paese con meno di 9 milioni e mezzo di abitanti). All'inizio sono stati i tre principali candidati dell'opposizione politica ad aver raccolto raccolto abbastanza firme: Viktar Babaryka, un banchiere "filantropo"; Valery Tsepkala, imprenditore e fondatore dell'analoga bielorussa della Silicon Valley; e Siarhei Tsikhanouski, attivista e YouTuber che si è fatto conoscere per le interviste del suo canale dedicato ai problemi quotidiani dei cittadini. Cosa è successo dopo? Tsikhanouski è stato arrestato a Grodno dopo che Lukashenko ha richiesto il suo fermo in seguito alla falsa accusa di aver attaccato la milizia, il 29 maggio. Nonostante avesse mantenuto la sua posizione bancaria nei 20 anni precedenti, a giugno Babaryka è stato improvvisamente arrestato per irregolarità nella presentazione della dichiarazione dei redditi e delle proprietà; lui e suo figlio - così come alcune persone legate alla sua campagna - sono stati poi arrestati con l'accusa di riciclaggio di denaro sporco e di evasione fiscale. Delle oltre 160.000 firme che Tsepkala è riuscito a raccogliere, solo poco più di 75.000 sono state considerate "valide" dalla Commissione elettorale centrale e quindi gli è stato vietato di partecipare alle elezioni. Spaventato dalle minacce dell'ufficio del procuratore e non disposto a condividere il destino in carcere degli altri avversari politici di Lukashenko, Tsepkala è fuggito in Russia con i suoi due figli.

Lukashenko ha tentato di assicurarsi la sua posizione in quanto i suoi tre principali oppositori nelle elezioni sono “stati presi in carico” e non si sono più candidati, insieme alla repressione e all'incarcerazione di alcuni politici su piccola scala (3) e di molti attivisti di base. Queste azioni hanno suscitato il dissenso dell'opinione pubblica, con proteste in varie città, ma i raduni più grandi si sono svolti nella città più popolosa e più grande del Paese - la capitale Minsk, che ha visto migliaia di persone unite in azioni di solidarietà. Oltre ai numeri visti in queste manifestazioni ed iniziative, è anche degna di nota la resistenza dei cittadini alla milizia; mentre in passato, nella storia post-sovietica della Bielorussia, la maggior parte degli scontri con la polizia antisommossa OMON e i miliziani in borghese si sono conclusi con la brutale incarcerazione dei dissidenti, i bielorussi ora reagiscono, anche con il risultato del ricovero ospedaliero di alcuni degli agenti delle forze dell'ordine. Tutto questo sebbene le proteste rimangano principalmente pacifiche, almeno fino a quando non è la milizia ad alzare la tensione fino ad attaccare.

In seguito all'incarcerazione del suo compagno, Sviatlana Tsikhanouskaya – di professione insegnante di inglese - è diventata il nuovo volto dell'opposizione parlamentare al regime di Lukashenko, raccogliendo abbastanza firme da correre al posto del marito Siarhei Tsikhanouski. La moglie di Valery Tsepkala, Veronika, che inizialmente era rimasta in Bielorussia, è diventata un'attivista chiave a favore di Tsikhanouskaya (tuttavia, Veronika Tsepkala, alla fine, è partita anche lei per Mosca a causa delle preoccupazioni per la sua sicurezza). Anche Maria Kolesnikova, il capo della campagna di Babaryka, ha dato sostegno e risorse per Tsikhanouskaya. Nonostante Tsikhanouskaya si sia presentata come candidata indipendente, anche diversi partiti dell'opposizione (alcuni dei quali erano stati messi fuori legge) come il Partito Civico Unito della Bielorussia o il Partito delle Donne Bielorusse "Nadzieja", tra gli altri, la sostengono. Il dittatore ha liquidato la sua avversaria come "una povera ragazza" manipolata da interessi stranieri, sostenendo che il Paese non è pronto per una presidente donna. Nel frattempo Tsikhanouskaya ha mandato i suoi figli a vivere all'estero con la nonna: portare via i figli delle attiviste e delle figure dell'opposizione per metterli negli orfanotrofi statali è una nota tattica del governo. Inoltre è noto che le donne che criticano o prendono parte ad azioni contro lo Stato bielorusso devono anche far fronte alle minacce di violenza sessuale.

Sebbene la rapida crescita della visibile disapprovazione nei confronti del regime di Lukashenko possa da principio sembrare improvvisa, non è poi così sorprendente se vista come il punto di svolta risultante da una serie di fallimenti del governo e dalla crescente frustrazione per la natura oppressiva dello stato bielorusso. Forse il respingimento totale, da parte di Lukashenko, del problema della pandemia di coronavirus è stata la scintilla finale che ha innescato l'incendio del malcontento della classe operaia bielorussa quando il presidente si è spinto fino a dire che COVID-19 è un problema psicologico e ha scherzosamente suggerito che non fosse nulla che bere vodka e sedersi in una sauna non potesse risolvere. In un Paese piccolo, circa 70.000 casi e quasi 600 morti sono cifre preoccupanti; inoltre alcuni decessi sarebbero stati erroneamente attribuiti ad altri fattori, questo ha portato a una perdita di sostegno anche tra i segmenti delle generazioni più anziane che tradizionalmente sarebbero stati i bastioni dell’elettorato di Lukashenko (4). In assenza di linee guida o regolamenti statali adeguati su precauzioni sanitarie e distanziamento sociale, i bielorussi si rivolgono ai media alternativi e alle notizie dell'opposizione - come i vari canali su Telegram, YouTube, il Belsat con sede in Polonia e rivolto ai telespettatori bielorussi, canali che offrono uno sguardo più realistico sulla terribile situazione all'interno del Paese, rispetto all'immagine presentata dalla televisione di proprietà del governo.

Per la classe operaia la scelta offerta non era migliore di quella di Lukashenko. Praticamente tutti i principali candidati dell'opposizione provengono da un ambiente imprenditoriale piccolo borghese ed erano favorevoli al taglio degli aiuti di Stato. Anche Tsikhanouski, noto per la sua attenzione ai problemi della persona media che si può incontrare in una città o in un villaggio bielorusso, è stato un imprenditore che ha altrettanto criticato la mancanza di libertà economiche, insieme ai suoi commenti sulle restrizioni della libertà politica e sulle assurdità burocratiche della vita in Bielorussia. Quando le candidature di Tsikhanouski, Babaryka e Tsepkala sono state sbrigativamente eliminate, ciò ha dato luogo a un sostegno pubblico ancora maggiore all'opposizione e all'ascesa di un candidato ancora più apprezzato in Sviatlana Tsikhanouskaya. Una madre e una moglie, un politico riluttante, che sostiene di candidarsi alle elezioni "per amore" e per la libertà del marito. Il suo programma è uno di quelli rispetto ai quali la maggior parte degli elettori insoddisfatti del regime repressivo di Lukashenko troverebbero pochi problemi e molto da elogiare: promessa di liberare tutti i prigionieri politici del Paese, uscire dal trattato di unione con la Russia (5), proclamare un referendum per il ritorno alla costituzione precedente al 1994, che limitava a due i termini presidenziali, e introdurre riforme democratiche in Bielorussia (se eletta, si è impegnata a presentare un piano per elezioni eque entro sei mesi dall'insediamento).

Tenendo conto di tutto questo, non dovrebbe essere così sorprendente che i raduni a sostegno di Tsikhanouskaya abbiano riunito più di 20.000 persone a Brest e oltre 60.000 a Minsk - apparentemente i più grandi raduni dell'opposizione in Bielorussia dopo i raduni dei mesi precedenti alla dissoluzione dell'URSS nel 1991 (6). Tanto più che la cattiva gestione della situazione del coronavirus da parte di Lukashenko ha messo sotto pressione sia l'economia del Paese che l'opinione pubblica del suo governo. Prima il dittatore riusciva a mantenere un controllo ferreo sul suo governo, ma ora sembra che con ogni misura adottata per assicurare l'equilibrio del potere, non faccia altro che scatenare un nido di vespe e causare più dissensi in risposta.

Quale via da seguire?

Tra tutto questo, l'onere di cercare la propria soluzione al di fuori della futile battaglia per rinnovare la malandata apparenza della democrazia, ricade sui lavoratori bielorussi. In definitiva questo significa la rinascita di un tipo di democrazia molto diverso: la democrazia diretta dei lavoratori salariati attraverso i loro consigli (soviet) di delegati revocabili, che prenderanno il controllo del potere alla fonte - dai mezzi di produzione. Ma senza una reale presenza politica di un'organizzazione della classe lavoratrice nelle strade, per stimolare la coscienza della guerra di classe in corso e dell'interesse proletario a rovesciare il capitalismo per assicurare all'umanità una reale libertà dai vincoli del lavoro salariato, è improbabile che vedremo queste proteste assumere un carattere più classista. L'attenzione continuerà a concentrarsi sull'imprenditorialità e sulla critica della burocrazia invece che sul sistema che le crea. A questo proposito la Bielorussia condivide lo stesso quadro di molte altre parti del mondo. E naturalmente sono già stati fatti dei paragoni con l'ucraino "Maidan" - dove sotto i nazionalismi concorrenti i lavoratori sono stati mobilitati dietro differenti obiettivi imperialisti (7).

Sarebbe ingenuo aspettarsi che una nuova organizzazione rivoluzionaria possa semplicemente sorgere dai "disordini" attuali. Tuttavia, non è inimmaginabile che alcuni oppositori possano essere spinti a guardare oltre la ricerca della costruzione di un capitalismo più equo. Abbiamo già visto la politicizzazione di molti giovani bielorussi che prima non mostravano molto interesse per la situazione politica del loro Paese. Ma lo sviluppo di un tale risveglio politico richiede un regolamento di conti con il passato. Spaventati da decenni di vita dura sotto l'URSS, similmente ai polacchi e agli altri europei dell'Est, molti bielorussi reagiscono a qualsiasi menzione delle parole "comunista" o "socialismo" o con un odio allergico o con una nostalgia fuori luogo per il capitalismo di Stato del blocco orientale. A differenza di molti paesi vicini come la Lettonia o la Polonia, la Bielorussia non ha mai subito la cosiddetta "decomunistizzazione": in molte città si possono trovare i carri armati che fungevano da monumenti all’esercito sovietico che ha portato alla vittoria nella "Grande Guerra Patriottica", sembra che praticamente in ogni luogo ci sia una statua di Lenin, anche la bandiera e lo stemma della nazione sono rimasti quasi immutati dai tempi della cortina di ferro (8). A causa di questa triste realtà, per la classe operaia bielorussa qualsiasi tipo di terminologia e di segni socialisti rimangono simboli di oppressione, dato che l'attuale governo continua ad utilizzarne molti, indipendentemente dalla loro origine effettivamente rivoluzionaria. Organizzarsi apertamente come comunisti in Bielorussia, ancor più che in molti altri Paesi dell'Est europeo, sarebbe visto come demenza stalinista o come una vera e propria provocazione.

Quello che succederà dopo, in Bielorussia, non è chiaro, anche se è ovvio che Lukashenko si sta innervosendo per la piega che stanno prendendo gli avvenimenti. Dopo l'annuncio dei risultati degli exit poll delle elezioni che hanno dato al dittatore una vittoria schiacciante, migliaia di manifestanti sono comparsi per le strade di circa 30 città bielorusse (Brest, Gomel, Grodno, Mogilev, Vitebsk e altre) (9). Spray al peperoncino, granate stordenti, cannoni ad acqua e proiettili di gomma sono stati usati dalle forze dell'ordine contro le persone riunite in opposizione a Lukashenko. A Minsk un camion della polizia ha speronato i manifestanti a tutta velocità e ne ha investito uno. Alcune persone sono state portate in terapia intensiva e sono stati effettuati centinaia di arresti. In solidarietà con le masse manifestanti, i miliziani di Zhodzina e Baranavichy si sono rifiutati di disperdere la folla e hanno abbassato gli scudi antisommossa. Mentre tutto questo stava accadendo i collegamenti a internet sono stati limitati o completamente sospesi in tutto il paese, causando un blackout delle informazioni e rendendo più difficile l'organizzazione dei manifestanti. È probabile che questa repressione continui, così come i disordini, anche se resta da vedere se la situazione si aggraverà ulteriormente.

Anche se questi eventi portassero al rovesciamento del regime autoritario di Lukashenko, e anche se portassero a un miglioramento delle condizioni di vita e a un aumento delle libertà per la classe lavoratrice bielorussa, i bielorussi dovrebbero alla fine affrontare la delusione che deriverebbe dai problemi di una democrazia "neoliberale" di tipo occidentale: la progressiva privatizzazione dei servizi precedentemente pubblici, la disoccupazione di massa, il crescente divario di ricchezza e la continuità della brutalità della polizia. Questi aspetti, e quelli che la Bielorussia sta affrontando in questo momento, non sono, in definitiva, problemi dello stile di governo occidentale liberale o di quello autoritario bielorusso, ma problemi del sistema capitalistico globale e delle crisi cicliche a cui ci sottopone. Ancora oggi, proprio oltre il confine occidentale della Polonia (10) - membro dell'UE e meta popolare per i lavoratori migranti bielorussi - gli impoveriti affrontano crudeli sfratti effettuati da delinquenti assoldati dai proprietari privati, e i lavoratori sono alimentati dalla propaganda nazionalista trasmessa dallo Stato in TV e alla radio. Inoltre, le minoranze sessuali vengono picchiate dalla polizia per le strade per aver manifestato a favore della parità di diritti e alle donne viene negato l'accesso agli aborti senza restrizioni (cosa che è possibile fare persino in Bielorussia!). Finché la Bielorussia rimarrà sotto il giogo capitalista, che sia quello di Lukashenko o di un'alternativa "europea" più liberale, i lavoratori bielorussi continueranno a soffrire.

Nikopetr, Martedì 11 agosto 2020

(1) Alexander Lukashenko è la trascrizione russa comunemente usata, ma può anche essere scritta come Alyaksandr Lukashenka se trascritto dal bielorusso. Quando si tratta di questioni della Bielorussia è diventata consuetudine utilizzare le trascrizioni russe per i personaggi del governo e dell'establishment, riservando le trascrizioni bielorusse per gli individui appartenenti all'opposizione. Di seguito è riportato un elenco di varianti russe per i nomi dei membri dell'opposizione per le quali, nell'articolo, sono stati applicati gli standard bielorussi: Viktor Babariko, Valery Tsepkalo, Sergei Tikhanovsky, Svetlana Tikhanovskaya.

(2) Per saperne di più sul contesto economico: bloomberg.com

(3) Le elezioni del 2020 hanno visto un totale di 55 candidati alla presidenza, un numero record dall'adozione della costituzione del 1994.

(4) Si veda per esempio l'intervista della BBC su: youtube.com. Molti altri casi si possono trovare in fonti mediatiche alternative, in lingua russa, provenienti dalla Bielorussia.

(5) Lo Stato di Unione tra Russia e Bielorussia, comunemente noto come Stato dell'Unione, è l'unione sovranazionale della Repubblica di Bielorussia con la Federazione Russa - che garantisce ai cittadini di entrambe le parti il diritto di viaggiare e risiedere liberamente nel territorio di entrambi gli Stati. Molti oppositori lo considerano una violazione della sovranità bielorussa.

(6) Come riportato da Associated Press: apnews.com

(7) Per quanto abbiamo detto ai tempi delle rivolte Ukraine del 2014 vedi leftcom.org

(8) Per questo motivo, la bandiera a strisce bianche-rosse-bianche, utilizzata originariamente dalla – breve - Repubblica Popolare Bielorussa nel 1918-1919, è diventata un simbolo di questo e dei precedenti movimenti democratici della Bielorussia dopo il 1994. Per diversi anni, dopo l'indipendenza, è stata anche usata come bandiera ufficiale della Repubblica di Bielorussia, prima che il referendum di Lukashenko del 1995 introducesse i nuovi simboli statali basati sulle varianti sovietiche precedenti al 1991.

(9) Come riportato dalla giornalista bielorussa Hanna Liubkova e da numerose altre fonti di informazione.

(10) Sulle recenti elezioni in Polonia si veda leftcom.org

Martedì, August 18, 2020