Anno 2020: la crisi Covid e gli “scienziati” del capitale

È da tempo che una parte degli “opinionisti” ed “analisti” borghesi, affiancati da alcuni “scienziati” di macroeconomia, manifesta l’impressione – confermata da un concatenarsi di fatti (e misfatti) – di un costante aggravarsi del quadro generale di quelli che sono i rapporti commerciali e finanziari in cui si dibattono tutti gli Stati maggiori e minori dell’arcipelago capitalista. Con le maggiori potenze continentali che - ancora in una fase di definizione finale delle proprie alleanze imperialiste – si cominciano a preparare per quello che si prospetta come un nuovo scontro bellico. Sicuramente a dimensione mondiale: ancora una volta, la posta in gioco – oltre a distruggere per ricostruire – sarà quella della conquista di spazio all’interno di un mercato globale in cui si sta contraendo. anziché ampliare, quella circolazione-vendita di merci che per il capitale è questione di vita o morte. E come se non bastasse l’approfondirsi di una crisi strutturale che sta distribuendo continui colpi e contraccolpi al capitale privato e pubblico, ecco la comparsa del coronavirus assestante assesta pugni e calci “proibiti”, tali da mettere al tappeto persino un paese, la Cina, che si maschera da “socialista” con l’aspirazione al ruolo di “prima potenza” mondiale al posto degli Usa e dopo aver svolto un ruolo centrale nel sostenere l'economia capitalistica nel suo complesso internazionale.

Il coronavirus sta accelerando il vero e proprio caos che scuote il capitalismo, devastando i mercati azionari e finanziari e facendo crollare i commerci già indebolitosi negli ultimi anni. Chi parla soltanto di qualche ristrutturazione nelle sfere del sistema economico imperante, non sa da che parte muoversi. Mentre i profitti degli investimenti produttivi tendono al calo, masse di denaro non trovano altri sbocchi se non quelli che portano al rigonfiarsi delle bolle speculative. Fino al loro esplodere che brucia i depositi cartacei e gli ammassi di debiti pronti rovinosamente a crollare. Dopo quello industriale, i settori finanziario, assicurativo e immobiliare ricadono in piena crisi sistemica. I debiti delle imprese e dei privati minacciano la sopravvivenza immediata dei governi e quella di un sistema sociale che – economicamente – si aggrappa come ultima spiaggia a nefaste forme di protezionismo, monopolismo e, di nuovo, statalismo.

C’è poi chi – visti i rapporti tutt’altro che “amichevoli” fra i diversi centri imperialistici – ha parlato di una “creazione” del virus da parte del capitalismo più aggressivo (i cattivi contro i buoni…). Sempre con una aperta messa in scena dell’interesse “nazionale” a giustificazione di qualche misura di “militarizzazione” che ha accompagnato eccezionali imposizioni, per altro dettate dalla grave situazione, con la “violazione” di alcune “libertà” personali. Restrizioni interessanti anche per la sicurezza dell’ordine borghese, sempre alla ricerca di pretesti per esasperare il proprio controllo sociale. Le “voci” attorno al sospetto di misteriosi “complotti” vanno dunque riferite al conflitto soprattutto tra Washington e Pechino, con la Russia come terzo incomodo. E se gli Usa hanno parlato di una pandemia provocata dal “virus cinese” o “virus Wuhan”, il governo cinese ha espulso giornalisti americani troppo curiosi, mantenendo viva la tensione diplomatica e mediatica fra le due opposte capitali. Ma a parte tutto questo, la situazione è veramente grave, e più di un brivido corre lungo la schiena della borghesia…

Un quadro che diventa terrificante. La vitale, per il capitale, produzione di merci da vendersi sui mercati, tende a regredire anziché svilupparsi come invece richiederebbe la sopravvivenza del capitalismo e il suo continuo sviluppo. Altro che “protezione della salute, del welfare, del lavoro e dell’ambiente”, come vanno cianciando i servi del capitale! E reclamano finanziamenti i quali, quando misurano i saggi di profitto che possono ottenere, cercano disperatamente (e inutilmente) altre sfere in cui muoversi. Produzione mercantile, consumi, investimenti e uellache gli Quella che gli “esperti” definisconomovimenti di capitale si restringono a vista d’occhio, con il Pil che in tutti i paesi – Usa compresi – segna un calo vicino alle due cifre percentuali. A salire sono solo i debiti e la disoccupazione, di cui si prevedono – da parte degli stessi capitalisti – cifre impressionanti.

Sui mercati si sta diffondendo un forte nervosismo man mano che le contraddizioni insite nel capitalismo vengono alla luce, costringendo gli apologeti del capitale ad ammettere conseguenze drammatiche sulle condizioni di esistenza del proletariato, nella vana speranza di vedere salire i loro profitti. È il momento degli appelli, grondanti ipocrisia, dell’unità nazionale e della salute… pubblica, mentre potrebbero esplodere violentemente le tensioni sociali che l’epidemia di coronavirus peggiora di giorno in giorno, scuotendo quelli che sono gli scenari economici della società borghese. Fra gli stessi “addetti ai lavori” c’è chi teme, a lungo andare, una possibile deflagrazione del sistema, in barba a politiche monetarie che fra i loro risultati vedono gli “indebitamenti” aumentare a decine e decine di migliaia di miliardi di dollari.

Interpretata – fino a ieri – come una situazione che vedeva il manifestarsi di “alta incertezza dell’economia mondiale”, oggi – di fronte all’espandersi dell’epidemia e alla necessità di alcune misure obbligate di isolamento… sociale - il rischio per il capitalismo sta diventando quello che con la chiusura di fabbriche e mercati si tolga ad esso sia la “creazione” che la realizzazione del valore. Non solo gli Usa, ma la stessa Cina (col suo imperialismo “socialista”), registrano forti ribassi nelle esportazioni, tali da aumentare fortemente i disavanzi commerciali. Chi guarda a Pechino, sperando questo possa “assicurare elementi di ordine nel sistema mondiale” (così scrivono i “servi sciocchi”…) comincia a preoccuparsi – visto pure il “declino americano” – della tenuta egemonica del capitale nel mondo! Dietro alla guerra dei dazi scatenata pochi mesi fa dagli Usa, i fronti delle guerre commerciali – quelle che preparano il terreno logistico per scontri bellici mondiali interimperialistici – si allargano ovunque.

Ormai, sta avanzando una pandemia economica che difficilmente l’ordine capitalistico potrà sopportare, anche dopo aver scaricato sulle masse proletarie nel mondo quelle che saranno le più drammatiche conseguenze. Al momento, la borghesia sembra puntare sulla consueta tattica della “sacra unione” fra capitalisti e proletari, per asservire questi alla precaria stabilità di un sistema economico, sociale e politico, che ci sta letteralmente strangolando. Con una finanza che pretenderebbe l’assoluta autonomia da quella che è la produzione-vendita di merci. Il teatrino delle Borse offre lo spettacolo di perdite a due cifre percentuali, dopo un breve periodo di rialzi del tutto ingiustificati: in pochi giorni si bruciano i cosiddetti “guadagni” di un anno! La Fed ha ripreso ad iniettare liquidità, miliardi di dollari e, sia pure in minor quantità, lo stesso comincia a fare anche la BCE. I debiti pubblici lievitano a vista d’occhio. Basterebbe qualche eclatante fallimento (come quello di Lehman Brothers nel 2007) e, allora, si salvi chi può! Il tracollo del 2008 può ripetersi da un momento all’altro e in una situazione economica che – a livello globale – comincia a far tremare i polsi agli “scienziati” borghesi, in preghiera attorno ad un malato al quale il virus del profitto sta scavando la fossa. Con l’altro virus, il corona, e i disastri ambientali all’orizzonte, le prospettive si fanno tragiche e ci mostrano quanto sia nudo il “re capitale”.

Ed ora si reclamano “aiuti”dallo Stato. Anche il Financial Times (fu un ammiratore della Thacher…) diventa improvvisamente un sostenitore dello statalismo. Il mercato libero non sembra più un affidabile sostegno per lo sviluppo del capitale; ci vuole un sostanzioso aiuto dello Stato con interventi che sorreggano quella che alcuni consideravano una “mano invisibile” alleata del capitale.

Crescono dunque le preoccupazioni riguardanti sia il presente sia il futuro del capitale. Tanto più che a livello di ogni singolo Stato si diffonde il timore, ufficioso, di “atti di rivolta e di violenza” che potrebbero accompagnarsi al crescente “disagio”. Termini testualmente usati dal nostro ministro degli Interni, secondo il quale occorre preparare "una strategia complessiva di presidio della legalità", pronti a spegnere ogni focolaio di espressione estremistica. Qualche riguardo, semmai, verso destra… Nel complesso – e sono sempre affermazioni ufficiali – i prefetti devono svolgere un'attenta attività di monitoraggio per "contenere le manifestazioni di disagio che possono verosimilmente avere risvolti anche sotto il profilo dell'ordine e sicurezza pubblica". Non si scherza quando in gioco vi è il pericolo di una “disgregazione del tessuto sociale ed economico” il quale andrebbe tutelato, con tutti i crisma della “legalità democratica”, da ogni eccesso (eversivo) che minacci gli equilibri del mercato di beni e servizi, non rispettando quelle che sarebbero le “ordinarie regole di concorrenza”. Siamo a un capolavoro della ipocrita logica che regola i rapporti fra le varie organizzazioni, più o meno criminali, presenti e operanti nel bel mondo borghese. Col loro movimento di capitali “puliti” e sporchi…

Tornando ai propagandisti dello statalismo, con aziende e banche in proprietà dello Stato, in realtà altro non fanno che cambiare l’abito ad un capitalismo che cammina barcollando. Parlano sempre di salari che, in quantità più giuste!, dovrebbero remunerare il lavoro, sfruttandolo “democraticamente” in modo che si possano equilibrare costi e ricavi, entrate e uscite in denaro per valorizzare il capitale. Col sindacato, “riconosciuto e ammesso nelle fabbriche”, il quale “attua nuove misure” efficaci nel rimettere in ordine le aziende con programmi di “sviluppo”… e con l’etichetta del controllo operaio (eccolo che ritorna!).

Incombe il “costo” dei debiti. La scarsa domanda (acquisto) di merci, mentre un quarto dell’umanità soffre addirittura la fame, è diventata - con il coronavirus - una voragine nella quale il capitalismo rischia di precipitare trascinando tutto e tutti con sé. Il drammatico spettacolo offertoci (e imposto) è quello di allarmanti condizioni di vita per almeno due miliardi di esseri umani, allargandosi la caduta mondiale di quasi tutti i settori produttivi e commerciali. Per il capitalismo, perdurando questa situazione, sarebbe come essere entrato in una stanza mortuaria. Eccolo quindi costretto ad aggrapparsi ad un tentativo di sopravvivenza momentanea, ricorrendo a politiche monetarie “espansive” le quali dovrebbero lanciare una ripresa che – in realtà inseguita da più decenni – si è oggi trasformata in un costante regresso sia economico sia finanziario dell’intero sistema a livello globale. Al contrario di una conclusione bellica, e in attesa di quella!, qui non ci sono né vinti né vincitori.

Le cause di fondo della crisi del 2008 sono rimaste tale e quali, anzi sono peggiorate. La liquidità immessa nel sistema ha peggiorato la situazione della crisi finanziaria (dopo quella produttiva di merci), come era d’altronde più che naturale. Per noi, almeno, cocciuti vetero-marxisti, ma non altrettanto per gli “esperti” borghesi!

Qualche anno dopo il 2010, hanno cominciato a circolare i Clo (Collateralised loan obligation), altri titoli tossici peggiori dei precedenti Cdo. Ha così ripreso vigore l’accumulo di cataste di debiti che hanno peggiorato gli effetti della invasione dei mutui subprime precedente al crollo del 2008. “Manovre” – si dice – che dovevano servire a garantire linee di credito accessibili a tutti, per evitare problemi di “corsa al contante”. Alcuni governi, intanto, rimuginavano vaghi pensieri attorno a un tentativo di parziali tassazioni delle transazioni finanziarie: un tentativo estremo il quale, vista la globalizzazione del capitale, avrebbe dovuto almeno un carattere sovranazionale. Figuriamoci!

Intanto, la crescita degli indebitamenti è proseguita ovunque, in particolare attingendo dal mercato obbligazionario dove le grandi società, come negli Usa, hanno fatto debiti per poi ricomprare sul mercato le loro stesse azioni. Una relativa pacchia per i manager che hanno i loro bonus aziendali legati alle quotazioni azionarie. Questo capitalismo drogato è servito anche alle grandi società alberghiere e alle compagnie aeree americane, con un movimento fittizio – certamente “non produttivo”… – di miliardi di dollari alla ricerca di facili ma fasulli guadagni.

Preghiere al dio capitale. I sacerdoti del dio capitale continuano a pregare i loro totem per salvare l’attuale sistema economico e mantenere l’ordine sociale che lo circonda e sostiene. Tentano in tutti i modi di adattargli le condizioni ambientali per lui propizie, e così costringendo l’intera umanità a percorrere la strada che conduce verso un baratro senza fondo.

Con le crisi che si succedono nelle diverse sfere del sistema, nulla cambia né potrà mai cambiare finché dura il capitalismo. I valori di mercato hanno continuato la loro caduta, iniziata anni fa; questa è la diretta conseguenza del fatto che non si produce plusvalore a sufficienza per la valorizzazione reale delle enormi quantità di capitale, quelle ottenute dal precedente sfruttamento della viva forza-lavoro per produrre merci. Merci che il capitale oggi deve vendere, non depositare nei magazzini: ma per vincere la concorrenza internazionale deve aumentare la produttività tecnologica aziendale. E questo significa diminuzione dei lavoratori, col lavoro morto che vampirizza lavoro vivo; poi però ecco che, alla lunga, cala il saggio di profitto. Quel profitto che solo il lavoro vivo, sfruttato dal capitale, può generare e che dovrebbe (dal settore industriale) sostenere anche gli appetiti di guadagno del settore finanziario.

Strumenti fasulli e iniezioni di liquidità. Va detto a chiare lettere che il marciume (e le sofferenze…) che cola dai rapporti di questo sistema, giunto al suo capolinea storico, era evidente ancor prima del diffondersi del coronavirus; le iniezioni di liquidità (di cui godono principalmente le banche per i loro sporchi affari), se da un lato mirano a prolungare l’esistenza del capitalismo, dall’altro lato peggiorano il suo stato agonico. In effetti, la “macchina” per la produzione di merci era già talmente arrugginita, che neppure le preghiere del papa potevano – né potrebbero ancor più oggi - farla ripartire. E neppure possono farlo i mitra e le bombe delle bande islamiste agitanti le bandiere di Allah!

Il mercato finanziario continua ad essere invaso da un ammasso di strumenti derivati: opzioni, futures, swap. Non rappresentano né merci né servizi, ma soltanto scommesse sui loro andamenti sottostanti. Sono nel frattempo diventati frenetici gli scambi ad alta frequenza di queste fantasiose figure di “valori sintetici”: si muovono con transazioni della durata di pochi minuti in mercati specializzati in effimere rappresentazioni di alta finanza, letteralmente invasi da una liquidità “gestita” da algoritmi e automazioni da fantascienza. Naturalmente le bolle speculative trovano qui un terreno altamente favorevole al loro pericoloso gonfiarsi, fatto di affannose ricerche del “massimo guadagno” alla faccia di un “equo piano di gioco del mercato”, invocato dai farisei di turno (sinistra o destra, pari sono).

Una conseguenza è indubbia: non solo il debito pubblico aumenta e aumenterà, ma - come ha detto il super-banchiere Draghi – assorbirà il “debito del settore privato” nel disperato tentativo di frenare una esplosione del sistema. Non solo il debito pubblico, crescendo, dovrebbe cancellare quello privato, ma lo si presenta come se fosse in grado di ridare slancio a tutto il sistema. A rimettere definitivamente le cose a posto dovrebbe poi pensarci il mercato, oggi però sempre meno affollato… E le speranze borghesi (che qui si affiderebbero di nuovo alle “invisibili mani del mercato”) sarebbero quelle di evitare una catastrofe dell’attuale sistema economico-sociale, ricorrendo ai soliti imbrogli finanziari e monetari. Continuano ad aggirarsi attorno alla speranza illusoria che lo Stato possa fornire sovvenzioni ai suoi cittadini: a parte le procedure farraginose e le possibili applicazioni del codice penale per “indebita percezione e truffa ai danni dello Stato”, ecco che si parla addirittura di 6,3 miliardi di euro a FCA! Soldi che comunque gonfieranno i deficit “pubblici” che poi saranno socializzati…

Ci si aggrappa alla speranza di una ripresa economica che consenta il rinnovo del debito (con le dovute tassazioni) e la sua discesa nel rapporto ad un Pil che dovrebbe crescere in modi molto più sostenuti che nel deludente passato! Insomma, siamo ad una partita doppia che alla fine prevederebbe entrate che pareggino le uscite! Già, lo Stato “garantisce” i prestiti alle imprese con la speranza che non vi siano fallimenti e che i miliardi non siano tutti a rischio. Soprattutto aumentando la produttività industriale. Le imprese dovrebbero quindi innovarsi - inseguendo l’illusione di poter aumentare i saggi di profitto! – altrimenti sarà, come oggi avviene, il sistema stesso a rifiutare gli investimenti!

Diventa poi una beffa l’idea (di nuovo in circolazione) di gettare soldi (fotocopiati…) dagli elicotteri, con la garanzia di titoli emessi da Stati che offrirebbero come unica copertura niente altro che i loro debiti! Aggiungete alle “grandi manovre” anche le Banche che aprirebbero “linee di credito”, al momento… facilitate e in seguito usate per ricattare e dissanguare i “debitori”! Dai salotti degli “esperti” (compresi drappelli di docenti universitari ad alto livello…) arriva un’altra strabiliante idea: l’emissione di titoli nominativi, non cedibili né incassabili prima della scadenza. E soprattutto con un tasso di interesse (altrimenti nessuno li vorrebbe, anche se poi i prestiti si ripagano proprio con gli interessi!) che non dovrebbe però superare il tasso di crescita del Pil reale. Il quale non cresce...

Altri “esperti” altolocati, quelli del Financial Times, si trovano poi d’accordo con Draghi il quale - ritorniamo ai suoi “pensieri” – vorrebbe dalle pubbliche risorse finanziarie estrarre denaro per coprire i debiti privati inesigibili. E ci sarebbe la carta da giocare, per questo club di soci onorari del capitale: “statalizzare” e così scaricare con tutti i crismi legali i famosi costi su quella classe a cui spetterebbe storicamente (la “loro” storia!) tale carico: il proletariato. Unico modo praticato dalla borghesia per governare – finché le sarà possibile – la crisi del capitale. (1)

Ed eccoci al ritorno in scena – la platea è comunque quasi deserta e i pochi presenti rumoreggiano e fischiano… - di forme slavate di pianificazioni pubbliche che si proporrebbero di superare le “strozzature” dei mercati, con gestioni e amministrazioni che mirerebbero a “regolare” sia le catene produttive e sia i prezzi. Auspicando – in contraddizione con le singole statizzazioni nazionali – il “coordinamento internazionale delle misure anti-crisi”... e il rilancio politico che dovrebbe consolare i “cittadini”, ovvero una “rinascita civile e democratica in una situazione di relativa normalità”… conseguente alla “espansione del debito pubblico”. E’ quello che ci capita di leggere sulle pagine della “libera stampa” che dovrebbe contribuire a formare la “pubblica opinione”. Come sempre, e ancora una volta, sia a destra che a sinistra!

Il quadro generale si incupisce. Poche settimane prima della ufficiale esplosione epidemica del coronavirus, un rapporto della Commissione europea informava che nella sola UE le forti disuguaglianze economico-sociali, e le condizioni di una miseria che si espandeva in tutti gli Stati, causavano ben 707mila morti l’anno. Altro che “protezione sanitaria universale e ugualitaria”, altro che “creazione di nuove attività produttive per far ripartire l’economia”: il capitalismo è un malato cronico, ormai in preda a spasmi agonici i quali rendono sempre più drammatico lo sviluppo di una disoccupazione (senza lavoro-salariato nella società borghese si muore!) che ormai da anni aumenta e sta dilagando come un incubo quasi ovunque. Ritorniamo su queste tragiche conseguenze riportando alcune stime fornite dall’Ilo e secondo le quali 200 milioni di lavoratori stanno perdendo il lavoro, ufficiosamente a causa del corona virus. Circa 2,7 miliardi di lavoratori pari all’81% della forza-lavoro mondiale (circa 3,3 miliardi) sarebbero coinvolti nel blocco delle attività economiche. Addirittura si calcola – sempre dall’Ilo – che ben 197 milioni di lavoratori perderanno il posto nel secondo trimestre del 2020. Il 6,7% del totale. E senza lavoro, nel modo di produzione capitalistico, non c’è salario e quindi si cade in totale miseria.

Diventato il dominatore dell’intero globo terrestre, il capitalismo si irrigidisce su se stesso; è costretto a rallentare la sua vitale produzione di merci (e questo già ancora prima del coronavirus!) e il denaro - che dovrebbe rappresentare il valore delle merci prodotte – si mummifica fino a rappresentare niente altro che la morte del capitalismo stesso. Cominciano a franare quelle che venivano presentate come le “dinamiche” del sistema, con le esigenze di esportazione ed importazione di materie prime, energia e merci. Ed ora tutto sta precipitando in un profondo disfacimento.

Un cataclisma socio-economico. Si invocano sovvenzioni e “finanziamenti” i quali – nella logica economica dominante – non devono e non possono essere “a fondo perduto” ma dovranno essere rimborsati a quello che sarà il “creditore finale”, dopo aver fissate le debite scadenze, con un tasso di interesse. Sarà lo Stato a regolare i conti? Ebbene realisticamente, e non siano noi a far queste previsioni, il debito “pubblico” in rapporto al Pil dovrebbe aumentare di almeno 15 punti. In Italia saremmo al 150%... in una realtà economico-finanziaria che sta sprofondando nella crisi della produzione di merci e degli investimenti di capitali.

La ricerca del profitto si farà sempre più frenetica: senza che gli sia garantito un plusvalore adeguato, il capitalismo entra in agonia. Ed ecco – con alla testa la “sinistra” e dietro, a distanza variabile, la destra – l’intellighentia borghese che rispolvera la panacea della pianificazione. Quello che vorrebbe essere un “cambiamento”, non solo non intacca minimamente le leggi del mercato e del valore di scambio, ma si proporrebbe di rappresentare e consolidare - con gli abiti della “proprietà pubblica” - quella privata. Per di più facendo appello alle “competenze e risorse dei lavoratori”, compresi quelli che gli aumenti della produttività trasformano in “esuberi”! La società borghese si aggrappa quindi di nuovo alla presenza e al ruolo dello Stato e tace sulla reale sua funzione, quella che lo vede agire nel ruolo di «forza pubblica al fine di un asservimento sociale organizzato» per la difesa del presente modo di produzione, dei rapporti sociali che garantiscono il dispotismo della classe dominante, la borghesia, e l’asservimento della classe subalterna, il proletariato.

Che cosa attira il capitale. In Europa, le istituzioni economico-politiche boccheggiano davanti al diffondersi di una crisi che non presenta vie di uscita per il sistema. Si succedono gli appelli trasudanti la consueta ipocrisia, col richiamo a presunti valori morali e spirituali che alimentano poi i contrasti attorno alla richiesta di una emissione – ultimo stratagemma - di eurobond. Per gli uni e per gli altri l’importante è gettar fumo negli occhi: demagogia, urlano gli uni, accusando di faciloneria gli arruffa-popoli di turno; siete “sciacalli e serpenti”, accusano gli altri. Tutti galleggiano su mercati in tempesta, invocando la solidarietà dei “cittadini” (sfruttati e sfruttatori) per una… serenità presentata come l’“interesse comune”. Ma per gli stessi “esperti” al capezzale del loro tanto venerato dio in terra, fino a ieri ritenuto “onnipotente”, non esistono cure capaci di annullare il rischio di assestare al traballante sistema qualche altro colpo anziché una guarigione!

In effetti non vi sono né patrimoni né eventuali “risorse tributarie” in grado di garantire alcun titolo di debito emesso per raccogliere denaro da usare per finanziare spese correnti. E con i debiti pubblici che reclamano “ristrutturazioni”, c’è poco da scherzare! Questo oltre alla realtà, oggettiva, di tassi d’interesse che per attirare qualche “risparmiatore” dovrebbero toccare vette molto alte.

Tra cause ed effetti, la catastrofe è nell’aria. Soffermandoci al pensiero della intellighentia borghese, quello vagheggiante un finanziamento di futuri consumi, lo vediamo infrangersi e dissolversi di fronte alle contraddizioni interne della circolazione e dell’accumulazione del capitale. Gira e rigira, il problema rimane sempre quello della ricerca del profitto che dovrebbe valorizzare il denaro nel suo passaggio attraverso i “momenti” della produzione di merci e del loro “consumo”, seguendo una spirale infinita di crescita. Cercando di rispettare tali meccanismi economici, ecco che una enorme massa di capitale fittizio, di denaro e di debiti, ha già definitivamente dissolto ogni orizzonte… di gloria! Il “valore”, di cui si nutre il capitale, si è ridotto ai minimi termini. L’attuale pandemia sta assestando colpi che rischiano di farsi letali per un sistema già di per sé claudicante… e che ogni sua azione-reazione non fa che peggiorarne le condizioni.

Sono molti gli anelli di quella che viene definita la catena del valore e che si stanno spezzando via via che le “distanze sociali” sono non solo fisiche ma anche e soprattutto… economiche. Crollano le “entrate” (un miliardo e mezzo di dollari) del turismo internazionale; molte fabbriche e imprese commerciali parlano di fallimenti; l’accumulazione di capitale va in rovina. Anche quei “servizi” che dovevano espandersi ed affiancarsi alla produzione di merci, si contraggono dopo aver polverizzato quel denaro che, anziché autovalorizzarsi, ha messo alle corde il capitale industriale che “crea” valore sfruttando il lavoro! Così anche molte infrastrutture (strade, ferrovie, alberghi, impianti, centri commerciali, ristoranti) non sono più in grado neppure di ripagarsi quelle che sarebbero le necessarie spese (improduttive…) di mantenimento e manutenzione.

Ai crolli finanziari ed economici del 2008, che già hanno esasperato gli interventi di politica monetaria, si aggiunge di nuovo l’aggravarsi della situazione dopo una apparente ripresa (stentata) di qualche settore industriale. Basti guardare alle imprese automobilistiche, ma sono tutti gli acquisti di merci (la domanda e il consumo sono tali soltanto se si ha denaro!) a farsi quanto meno “stagnanti” e in non pochi casi addirittura restringendosi). Che i tempi si facciano altamente difficili per il dominante sistema economico, lo confermano le preoccupazioni circolanti in alcuni settori della borghesia a proposito del timore di una diffusione di “rivolte” e persino di “rivoluzioni”…

Sarebbe spassoso, se non fossimo nel bel mezzo di una vera e propria tragedia storica, quanto si legge in scritti sia della cosiddetta “sinistra costituzionale” sia di qualche gruppo che si qualifica “antagonista”. C’è chi – richiamandosi a Marx! – trae, da quel che sta accadendo, presunti insegnamenti di carattere “ideologico”, ovvero reclamando una maggiore centralità del potere pubblico al fine di soddisfare le “necessità popolari”. Ed ecco ricomparire il richiamo ad una ulteriore “funzione della classe operaia”, invitata a “socializzare il capitalismo” ed a “prendere nelle sue mani la direzione delle attività produttive del paese, rendendo visibile la centralità economica dei lavoratori produttivi in quanto risorsa strategica per la sopravvivenza del popolo e forza propulsiva di una società in cui a decidere che cosa, quanto, quando e come produrre siano i lavoratori, orgoglio della nazione”! (Cosi si scrive alla sinistra del palcoscenico politico.) Una parte degli “antagonisti” si esibisce poi in iperboliche esaltazioni di… “lezioni” impartite da paesi ritenuti e spacciati per “socialisti o semi-socialisti”. Qui il potere e il governo sarebbero “pubblici” e quindi “razionali”, fino a “dimostrare la superiorità sociale, umana e scientifica del socialismo, in senso forte, e del potere pubblico in un senso più generale”. Col bel risultato, ottenuto da quel “nazional-socialismo”, di estorcere alla forza-lavoro degli uomini il maggior profitto possibile e ottenere la più vasta valorizzazione possibile di capitale! Secondo questi signori, il loro socialismo mirerebbe ad un bilanciamento di entrate-uscite sotto l’assillo di una costante produzione e circolazione di merci da scambiare. Quanto al debito pubblico, già si parla, a denti stretti, dei “grandi sacrifici che attendono la popolazione”…

In conclusione, il capitalismo è con l’acqua alla gola. Con le insolvenze che alla fine esploderanno a fronte della catasta di debiti che aumenta a vista d’occhio. Diventa sempre più difficile sostenere il moribondo. La carta dello statalismo sarà ancora giocata – purtroppo alimentando qualche altra illusione nella classe operaia – ma gli scricchiolii del sistema sono piuttosto forti. Potrebbe infine essere la volta buona per assestargli il colpo di grazia, ma è evidente che davanti a noi c’è molto lavoro da fare (compreso il partito come organizzazione politica di classe) per accelerare i giri della ruota della storia. Purtroppo non sempre veloce come vorremmo…

DC

(1) Se poi rivolgiamo gli sguardi - per esempio – ai numerosi campi di rifugiati nel mondo, l’epidemia potrebbe portare allo “sfoltimento” di una popolazione mondiale che sta diventando eccessiva per i “bisogni” del capitale. Tant’è che sul Telegraph abbiamo letto:

Con una prospettiva economica del tutto disinteressata, il Covid-19 potrebbe anche rivelarsi mediamente vantaggioso a lungo termine, abbattendo soprattutto le persone anziane non autosufficienti…

Domenica, July 11, 2021

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.