Dollari e rubli si contendono il comando di una economia di carta straccia

Gli “esperti” del sistema monetario internazionale assistono perplessi alle varie mosse finanziarie con le quali, a livello globale, i governi borghesi cercano di contrastare la crisi – più che evidente – in cui sta sprofondando la cosiddetta “economia reale”. E qui siamo davanti alle “acute osservazioni” offerteci tempo fa da G. Salerno Aletta, in un editoriale di TeleBorsa che, a certa… “sinistra in rete”, sembra non dispiacere. Riguardano il più che preoccupante avanzare di una opprimente e al tempo stesso pericolosa “economia di carta” che domina quello che sarebbe il mondo, del tutto virtuale, in cui continuano a movimentarsi le illusorie aspettative del capitale. Una questione di vita (progresso del sistema) o morte (crisi globale) per quel capitalismo che, se non vede una crescita forte e costante delle transazioni commerciali, comincia a tremare. E con gli Usa che piangono l’indebolirsi di un monopolio monetario di cui hanno goduto (e in buona parte godono ancora), anche la concorrenza imperialistica di Mosca e Pechino non ride più di tanto.

Cosa fare, mentre l’orizzonte si fa sempre più oscuro? Il “sottostante” materiale al quale si appoggerebbe ora la Russia, mentre gli… spiriti delle valute internazionali si agitano nervosamente, sarebbe l’abbondante quantità di idrocarburi di cui dispone e che vorrebbe fossero pagati in rubli: sempre accattivante per Mosca l’idea di poter forse mettere fine alla supremazia monetaria del dollaro per imporre quella del rublo…

Con la moneta russa, gli Stati europei dovrebbero pagare il gas, nel caso volessero comperarlo. Ma – attenzione – una eventuale chiusura totale dei rubinetti sarebbe un problema anche per la Gazprombank, la banca russa al centro dell'affare energetico che sottostà al movimentarsi di carri armati e missili in Ucraina. E’ d’obbligo per Mosca sostenere la valuta nazionale e possibilmente alzare il prezzo del metano: questo anche per meglio finanziare l’operazione militare in corso. Le vendite di gas portavano nelle casse moscovite quasi un miliardo di dollari al giorno...

Va anche detto che il 58% delle vendite di Gazprom avveniva in euro, il 39% in dollari e il 3% in sterline; inoltre Gazprom era obbligata a versare l’80% dei proventi in valuta estera alla Banca centrale russa, cambiandoli prima in rubli. A questo punto, l’applicazione di un cerotto alle ferite commerciali e monetarie non fermerebbe le fluttuazioni della valuta russa; messe in sospeso le vendite di metano russo all’Occidente, i russi sono costretti a guardare verso Oriente (Cina e altri paesi africani e asiatici).

Ma intanto la svalutazione della moneta russa rimarrebbe pur sempre una minaccia difficile da scongiurare, mentre anche una momentanea ripresa delle quotazioni del rublo rispetto ad euro e dollaro apparirebbe del tutto transitoria. Pur trattandosi di livelli commerciali lontani da quelli precedenti l’inizio del conflitto in Ucraina, Putin pensa di poter riuscire a contrastare le sanzioni sempre più restrittive applicate dai Paesi occidentali e che potrebbero portare presto gravi danni all’economia russa, assetata di plusvalore proveniente dalle rendite delle sue risorse energetiche, e difficilmente in grado di rinunciare al ruolo russo di fornitore unico di gas e petrolio all’Europa. Una importante risorsa, questa, fino a ieri nelle mani di Mosca.

Comunque le richieste di rubli si sono rarefatte. Pressata dalle funeste previsioni delle agenzie di rating, i debiti della Russia potrebbero concretizzarsi con un default che – non lo si dimentichi – preoccupa in fondo un po’ tutti. Mosca ha da poco evitato uno di questi rischi: si trattava di interessi dovuti agli investitori esteri per 117 milioni di dollari e Mosca ha infine pagato le due obbligazioni statali.

Fra l’altro, una perdita di valore del rublo rispetto all’euro sarebbe un altro grosso pericolo…

La guerra scatenatasi in terra ucraina, per quanto possa essere… “brutale e violentissima” (un pizzico di ipocrisia non guasta, nei commenti… umanitari di giornalisti e governanti) fa parte dei tentativi dell’imperialismo russo – mentre quello cinese fa i conti in tasca propria e appare preoccupato – di migliorare le sue condizioni… capitalistiche. Ma non sembra risolvere i tanti problemi economici e strategici che lo travagliano, al pari – sia chiaro, per chi pensa a qualche nostra simpatia per questo o quello – anche tutti gli altri. Tempo al tempo, la matassa si ingarbuglia.

Da un momento all’altro la montagna di debiti e di deficit franerà. Lo sviluppo inarrestabile delle forze produttive mette il sistema capitalistico (da chiunque e con qualunque etichetta sia amministrato) in una crisi sempre più approfondita. I suoi saggi di profitto si vanno riducendo e la sua valorizzazione decade man mano che si restringe quella forza-lavoro dal cui sfruttamento - nei processi produttivi di merci - proviene tutto il plusvalore di cui si nutre. E poiché il capitalismo non ha scelte politiche da poter fare ma solo leggi vincolanti alle quali deve sottostare per sopravvivere, altro a noi non rimane che infrangere i recinti in cui siamo rinchiusi, e con la guida del partito rivoluzionario mettere sottosopra l’attuale società di classe.

dc

Mercoledì, January 11, 2023