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Home ›Il boia è la borghesia, non i “popoli”
Le borghesia sono tutte uguali: non esitano a diventare feroci o, meglio, a tirare fuori in maniera esplicita la violenza - insita nella propria società, come in tutte quelle divise in classi contrapposte - strumento indispensabile per assicurare il proprio dominio.
Ciò che colpisce e disorienta chi non ha gli attrezzi per decifrare la storia è che a esercitare una ferocia raccapricciante su gente inerme siano i discendenti dei sopravvissuti di Auschwitz e di Treblinka, dei massacri sistematici perpetrati dagli Einsatzgruppen nazisti nei territori europei dell'ex URSS. Si sta parlando, è ovvio, delle azioni dello stato israeliano nei confronti della popolazione palestinese della Striscia di Gaza, della Cisgiordania, dei prigionieri, combattenti e non combattenti, ritenuti, questi ultimi, comunque implicati nelle formazioni armate palestinesi.
Chi credeva, e crede, alle fandonie della democrazia borghese, dava e dà credito alle solenni dichiarazioni emanate, dopo la seconda guerra mondiale, dalle istituzioni internazionali della borghesia: mai più! Mai più guerre, mai più massacri di gente indifesa, mai più campi di concentramento: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo – la Carta costitutiva dell'ONU - sarebbe diventata la stella polare dei rapporti tra stati e tra gli stati e i propri cittadini. Naturalmente, neanche gli estensori del documento credevano a quello che scrivevano, a meno di non pensare che i governi, apparati al servizio del potere di una sola classe, nel loro modo di agire si sarebbero davvero fatti guidare dallo spirito umanitario della Dichiarazione. Infatti, la polvere dei bombardamenti aleggiava ancora sulle macerie di mezzo mondo, quando le guerre - prodotto necessario dell'imperialismo, cioè del capitalismo della nostra epoca – ricominciavano, con l'inevitabile seguito di orrori e di nefandezze, in cui i civili sarebbero diventati la parte di gran lunga più numerosa delle vittime. Lager, torture, pulizie etniche fino a genocidi veri e proprio (per es., la Cambogia dei Khmer rossi nel 1975-79 o il Ruanda nel 1994) commessi da fazioni borghesi in conflitto, a loro volta articolazioni e appendici di questo o quell'aggregato imperialista, quando non compiuti direttamente dagli stati capifila dei blocchi imperialisti, cioè gli USA e l'URSS.
La cosiddetta comunità internazionale non è mai andata oltre ipocrite parole di rammarico, inutili e scontate raccomandazioni sul “cessate il fuoco”, quando invece la violenza brutale non veniva giustificata con la scusa di esportare la democrazia, difendere i diritti umani e quello dei popoli aggrediti dal dittatore di turno. Valeva ieri per l'Afghanistan e l'Iraq, vale oggi per le decine di guerre sparse per il mondo, per l'Ucraina e per il tritacarne che è diventata la Palestina. Lì, due borghesie, ugualmente imbrattate di sangue per lo più proletario, tramite i rispettivi governi (e i blocchi imperialisti che li sostengono) danno fondo al repertorio della brutalità e dell'infamia, tra l'indifferenza, ossia la complicità, delle istituzioni della borghesia internazionale.
Un reportage pubblicato dal Manifesto del 5 luglio scorso, descrive il trattamento dei prigionieri palestinesi in un campo di concentramento israeliano, Sde Teiman nel Neghev, che non ha niente da invidiare a quello di Abu Ghraib in Iraq, al tempo della seconda guerra del Golfo, o, per quanto riguarda il disprezzo dei detenuti e la mancanza di scrupoli nell'esercizio della violenza, a quello dei campi nazisti per prigionieri politici. Un medico israeliano pacifista, entrato in quel lager, così parla delle condizioni dei prigionieri: «Ho notato subito che erano legati, mano e gamba separatamente, ai bordi del letto. Erano bendati [24 ore su 24 ore, per giorni interi] quasi nudi e col pannolone. Costretti a rimanere a letto, sempre sdraiati sulla schiena, non vanno mai in bagno e non vengono portati ai bagni» (pag. 2). Viene anche riportato un articolo di una rivista israeliana, anch'essa pacifista, che dice che lo stupro, con oggetti e cani, è prassi abituale e «diversi prigionieri sono stati uccisi durante interrogatori violenti. Altri detenuti feriti a Gaza sono stati costretti all'imputazione di arti o alla rimozione di proiettili dai loro corpi senza anestesia» (pag. 3). Non male per l'unica democrazia del Medio Oriente, come viene definito lo Stato di Israele, il che è la riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che la democrazia borghese non si perita di ricorrere a metodi solitamente attribuiti ai regimi autoritari, quando lo ritiene necessario. D'altronde, l'attuale governo israeliano è discendente, politicamente parlando, di quell'ala del sionismo di estrema destra che negli anni Trenta del secolo scorso si sarebbe volentieri accordato, per le numerose affinità “elettive”, con il nazismo, se non fosse stato il suo (del nazismo) irriducibile antisemitismo a impedirlo. Detto questo, non è che governi di altro colore politico abbiano avuto più riguardi per gli strati sociali inferiori palestinesi – a cominciare dal 1948 – ma nemmeno le borghesie arabe dell'area e neanche la stessa borghesia palestinese che da sempre usa il “proprio” proletariato, in “pace” e in guerra, per perseguire i propri fini economico-politici. Ma se dal punto di vista quantitativo i crimini della borghesia israeliana raggiungono livelli incomparabilmente più alti di quelli della borghesia palestinese, la responsabilità politica di quest'ultima nel macello di Gaza è pari a quella del suo antagonista. Come abbiamo sempre detto, Hamas, la Jihad e le altre formazioni della “resistenza palestinese”, scatenando il massacro del 7 ottobre, non potevano non sapere che la vendetta sarebbe stata terribile, offrendo tra l'altro al macellaio Netanyahu l'insperata possibilità di rimanere sulla traballante poltrona di primo ministro. Cinicamente, il “faro dei popoli oppressi”, che secondo alcuni sarebbero Hamas e trista compagnia, non ha esitato a esporre la popolazione di cui dovrebbe difendere interessi e incolumità alla rappresaglia tremenda del governo nazistoide israeliano.
Ma per tornare alla considerazione iniziale, come durante la seconda guerra mondiale non era il “popolo tedesco” a sterminare ebrei e “sottoumani” in genere, bensì una parte di quel popolo, la borghesia, che schiacciava la maggioranza del popolo tedesco – il proletariato – e lo mandava a massacrare e a farsi massacrare per i propri interessi, così oggi il fatto di essere ebrei e di discendere dagli scampati alla Shoah, non conferisce al “popolo israeliano” la legittimità e l'immunità per i suoi crimini di massa. Anche in questo caso, però, il “popolo” in quanto entità astratta non c'entra nulla: è la borghesia, la classe che detiene il potere, in Israele come a Gaza come ovunque, l'unico imputato in un processo che solo il proletariato un giorno potrà e dovrà istruire per emettere la condanna definitiva di un sistema sociale ormai solamente distruttivo. Cose scontate... per noi.
cb
PS Avevamo appena chiuso il pezzo, quando è arrivata la notizia del bombardamento russo sull'ospedale pediatrico di Kiev, che ha provocato l'inevitabile strage, per lo più di bambini. Un altro capitolo, uno in più, nel libro dell'orrore e dell'infamia che sono le guerre, oggi dell'imperialismo.
Governi, politici, pennivendoli vari pro-Ucraina, si sono affrettati a condannare la crudeltà di Putin con sdegnata fermezza, atteggiamento che, ovviamente, non hanno nei confronti di un altro personaggio (cioè di una borghesia) non meno criminale: il premier israeliano di cui si parla sopra. Logico: questo è uno dei “nostri” affiliati, quello appartiene a un'altra cosca.
Intanto, la rivista medica The Lancet calcola che i morti a Gaza sono molto sottostimati, che almeno 10.000 vittime sono ancora sotto le macerie e che se l'offensiva israeliana non si ferma, nei prossimi mesi i decessi nella Striscia potrebbero superare i 186.000. Infatti, secondo la rivista, a ogni persona uccisa nelle azioni militari dirette, si devono associare da tre a quindici uccise indirettamente (si fa per dire) dalla fame, dalle malattie, dalla mancanza di ospedali rasi al suolo, dalla mancanza di tutto. Ma si sa, la carità, la pietà della borghesia, di qualunque fronte, sono sempre pelose, servono solo a mimetizzare – malamente - la propria natura criminale.
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