Un' "era del caos" o dell'aggravarsi della crisi capitalistica? (Dall'editoriale di RP n. 24, luglio 2024)

Da quando abbiamo iniziato a preparare questo numero, i missili russi hanno colpito un ospedale pediatrico e le bombe israeliane hanno raso al suolo un'altra scuola dell'UNRWA, questa volta a Nuseirat, Gaza; le notizie ci ricordano che, in questo anno di distrazione elettorale, la guerra continua a devastare vite in almeno cinquanta paesi in tutto il mondo. A queste ultime non viene riservata copertura in prima serata del "tritacarne" ucraino o della devastazione a Gaza, ma portano in dote la stessa quantità di miseria a coloro che sono sulla linea di tiro. In Sudan, ad esempio, la guerra tra le fazioni al potere, iniziata 15 mesi fa, infuria con il supporto delle potenze imperialiste locali e non. Nessuno conosce il vero numero delle vittime (ben oltre 15.000), ma i cimiteri sono ormai pieni. Qui i servizi umanitari presi di mira sono in particolare i centri sanitari. Secondo l'OMS, 60 attacchi in pochi mesi hanno disattivato il 70% dei servizi sanitari. La guerra totale imperialista non ammette "danni collaterali". Sono lotte all'ultimo sangue in cui l'annientamento dell'"altro" in termini di capitale variabile e costante è l'obiettivo dell'esercizio. il Segretario generale delle Nazioni Unite, a febbraio, ha detto che il mondo sta entrando in "un'era di caos" in cui la guerra significa "un pericoloso e imprevedibile tutti contro tutti con totale impunità". Si è spinto fino a dire che a differenza della Guerra fredda, quando "meccanismi consolidati aiutavano a gestire le relazioni tra le superpotenze", tali meccanismi mancano "nel mondo multipolare di oggi". Le sue osservazioni sono incontestabili ma la sua soluzione, ovviamente, è stata semplicemente quella di suggerire di rendere l'ONU più efficace, ignorando il fatto che lungi dall'essere un organismo per la pace è sempre stato solo un altro forum per esprimere la rivalità inter-imperialista. Per comprendere l'attuale deriva verso una guerra totale dobbiamo guardare altrove.

In particolare, dobbiamo andare alla base materiale della società e questo significa fare un'analisi approfondita della situazione economica. Questo significa andare un po' più a fondo del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Nella guerra fredda a cui fa riferimento, lo “scontro nucleare” non fu il motivo principale per cui si evitò una guerra mondiale. Fondamentalmente le due potenze che si imposero come dominanti in seguito alla Seconda Guerra Mondiale erano in linea di massima soddisfatte dello status quo. Inoltre, la guerra aveva distrutto così tanto valore che venne seguita dal più grande boom della storia del capitalismo. Entrambe le superpotenze avevano più da perdere che da guadagnare da una guerra totale. Fu la fine di quel boom, all'inizio degli anni Settanta, e la crescita della resistenza della classe lavoratrice ai tentativi degli Stati capitalisti di farci pagare la crisi, che ha dato vita a organizzazioni come la CWO. Sin dalla nostra fondazione, quasi cinquant'anni fa, abbiamo cercato di comprendere le basi materiali di tutti i cambiamenti e le svolte dello sviluppo capitalistico e l'ultimo contributo è la quinta parte del nostro documento sui fondamenti economici del capitalismo, pubblicata in questo numero.

Questo non soltanto spiega perché si è verificata la globalizzazione, ma anche cosa le conseguenze sulla classe lavoratrice mondiale. Le vecchie concentrazioni operaie dell'era fordista, nel mondo capitalistico “avanzato”, sono stati sostituiti da unità più piccole, poiché anche i monopoli hanno affidato i servizi a società ausiliarie. Questa nuova composizione di classe comporta maggiori sfide per i rivoluzionari. Alcune teorie sono state superate dagli eventi. L'idea dei sindacalisti e dei comunisti dei consigli, secondo cui i lavoratori, semplicemente assumendo il controllo delle unità produttive, possono distruggere lo Stato capitalista e il suo ordine sociale, ha perso la sua forza, come abbiamo mostrato nel nostro articolo di rassegna su Anton Pannekoek. Pannekoek aveva però ragione su una cosa: la chiave della liberazione della classe lavoratrice sta nella sua coscienza. Il capitalismo non sarà semplicemente soppresso dalla super-militanza. Il rovesciamento del capitalismo e la creazione delle fondamenta di un nuovo mondo comunista possono avvenire solo attraverso l'azione consapevole di milioni di lavoratori in tutto il mondo.Ciò significa che abbiamo più che mai bisogno di una forza politica internazionale credibile che unisca la classe attorno a un programma chiaro. Date le minacce all'esistenza umana poste dalla continua distruzione dell'ambiente da parte del capitalismo e dalla prospettiva di una guerra imperialista generalizzata che emerga da una qualsiasi delle guerre in corso oggi in tutto il pianeta, questo è più urgente che mai. Pannekoek visse i disastri della Seconda e della Terza Internazionale, che finirono entrambe per tradire la classe lavoratrice. Era ben consapevole che la lotta elementare della classe operaia doveva comportare lo sviluppo di idee rivoluzionarie, ma non spiegò come queste potessero essere mantenute nel tempo. Considerava anche i consigli (soviet) in sé come le uniche arene per la lotta tra idee, sebbene spesso incarnate da partiti, ma non vedeva il partito come un'emanazione collettiva della coscienza degli stessi lavoratori prima della rivoluzione. Oggi possiamo vedere che un organismo politico internazionale organizzato e un chiaro programma rivoluzionario basato sulle acquisizioni della storia di lotta della classe lavoratrice stessa sono fattori essenziali nella lotta per rovesciare il sistema. Non stiamo parlando qui di un partito che aspira al governo (questo è il compito dei consigli: la modalità storicamente scoperta dai lavoratori russi per far funzionare una società di massa, garantendo al contempo la massima partecipazione di tutti i suoi membri). Stiamo parlando di un'Internazionale capace di affrontare non solo i falsi amici dei lavoratori che spacciano le ideologie reazionarie dello stalinismo e della socialdemocrazia (oggi abbracciate da molti trotskisti), ma anche nuovi pericoli politici che emergeranno per deviare e minare la lotta indipendente della classe lavoratrice.

È in questo contesto che siamo pronti a collaborare per costruire la resistenza dei lavoratori alla guerra, rifiutando innanzitutto il nazionalismo, interagendo con tutti coloro che riconoscono che la classe lavoratrice, che produce la ricchezza delle nazioni, è l'unica forza globale che ha il potenziale per fermare la marcia imperialista alla guerra mondiale.Parte della preparazione è ideologica e questo si è riflesso nelle recenti elezioni nell'UE, nel Regno Unito e in Francia, dove la "scelta" davanti agli elettori riguardava il modo migliore per intensificare i preparativi militari e fermare l'immigrazione delle vittime della guerra e della crisi economica in tutto il mondo, che avrebbero portato con sé i loro "valori alieni". Il ruolo della politica identitaria è stato più ovvio che mai in queste elezioni. In Francia, l'ascesa del Rassemblement National ha dato il via libera agli attacchi razzisti contro i cittadini francesi con origini nel Nord Africa o nelle altre ex colonie francesi. Oggi il partito di Le Pen, che un tempo era così antisemita da liquidare l'Olocausto come "un dettaglio della storia", ora si schiera con Israele visto come compagno di lotta contro l'islamismo. Nel Regno Unito, in seggi come Batley e Dewsbury, i sostenitori della causa nazionale palestinese sono stati eletti da elettori musulmani, mentre migliaia di lavoratori bianchi si sono rivolti al razzista Reform Party. Tale polarizzazione è un prodotto della crisi capitalista vecchia di decenni che oggi vede quasi la metà degli adulti del Regno Unito, 20,3 milioni di persone vivere alla giornata sul credito solo per sopravvivere. Nella sesta nazione capitalista più ricca del pianeta, quasi 3 milioni di persone utilizzano regolarmente le mense dei poveri. In tutti i paesi più ricchi dell'OCSE, i salari reali sono diminuiti dal 2021 e questo si aggiunge al lungo declino dei salari come quota del PIL dal 1979. In queste circostanze, ai lavoratori non è immediatamente evidente che la loro miserabile qualità di vita è causata da qualche astrazione come "il sistema capitalista". Quanto è facile e conveniente dare la colpa ai migranti, ai musulmani, agli ebrei o a chiunque altro possa essere trasformato in un capro espiatorio.

Ma non è questo il nostro unico problema nel costruire un movimento di classe. Ci sono anche le divisioni nel movimento rivoluzionario che 100 anni di controrivoluzione hanno prodotto, come mostra il nostro articolo su Pannekoek. Ciò non solo produce falsi internazionalisti o part-time come gli stalinisti, che useranno il "disfattismo rivoluzionario" come copertura per sostenere la Russia in Ucraina, ma ha anche lasciato un'eredità di sospetto tra i rivoluzionari che vedono tutti i tentativi di organizzazione politica come "racket" (à la Camatte). Altri semplicemente non vedono la gravità della situazione attuale, anche quando assumono posizioni internazionaliste corrette. All'incontro di Arezzo ogni altra delegazione ha sostenuto che le nostre preoccupazioni sulla guerra generalizzata erano esagerate o che "la classe lavoratrice sta frenando la guerra". A Praga la differenza principale era tra coloro (principalmente anarchici, bisogna dirlo) che sostenevano che le azioni esemplari (la "propaganda del fatto" del diciannovesimo secolo) erano gli strumenti per combattere il militarismo e coloro (come noi) che sostenevano che solo la classe lavoratrice nel suo insieme, al di là delle minoranze rivoluzionarie, potesse porre fine alla guerra fermando il capitalismo. Il nostro lavoro deve essere quello di diffondere propaganda su dove precisamente ci sta portando il capitalismo e questo significa costruire un movimento abbastanza diffuso da raggiungere il resto della classe operaia. È con questo spirito e con questa motivazione che ci siamo uniti ad altri nei comitati No War but the Class War per fare un passo concreto verso una più ampia resistenza di classe. È stato con questo spirito che abbiamo anche partecipato all'incontro internazionale a Praga riportato in questo numero, così come all'incontro più piccolo ad Arezzo.

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Mercoledì, September 4, 2024