Il significato di un convegno - Una pagina della nostra storia

Dalla rivista giovanile internazionalista "Amici di Spartaco" #24 - Pubblichiamo un articolo apparso su Battaglia Comunista il 6/07/1945 scritto dai nostri precedessori, i compagni delle federazioni giovanili internazionaliste di Piemonte e Lombardia. L’articolo racconta con la vivida forza del documento originale i sentimenti e il metodo di lavoro dei compagni. Notevole l’analisi sulla necessità di avere chiare le idee sull’azione e di impostare le relazioni con gli altri gruppi con la chiarificazione politica aldilà del tatticismo e dell’opportunismo.

Nei giorni 30 giugno e 1° luglio ha avuto luogo a Torino un convegno fra i compagni delle Federazioni del Piemonte e della Lombardia dei giovani comunisti internazionalisti allo scopo di discutere e risolvere i vari problemi inerenti all’organizzazione del movimento. La discussione ha portato alla creazione di un organismo giovanile centrale il cui compito consisterà nel dare nuovo impulso e unità di direttrice e di intenti all’agitazione rivoluzionaria della gioventù internazionalista.

La gioventù di oggi è scettica, perplessa, tende a giudicare uomini e cose con una certa diffidenza, vive per così dire ai margini della vita politica, osserva come trasognata ciò che le accade d’attorno e della cui portata non sa rendersi esattamente conto. Vent’anni di tirannia fascista hanno disabituato i giovani alla libera discussione dei propri problemi, alla lotta continua contro gli sfruttatori, al perenne conflittare di idee: solo la parola del partito governativo, cioè quella della borghesia agraria, finanziaria e industriale era la parola giusta, indiscutibile, che bisognava accogliere senza riserve, ciecamente. E i ragazzi della generazione che vide la luce dopo la scorsa guerra vissero e crebbero in questo clima asfissiante di morte morale, abituati al feticismo della retorica e a quello di uno sport, che esercitandone le attitudini fino alla spossatezza, li abbandonava allo stesso tempo nella più squallida miseria intellettuale.

Il retaggio che abbiamo raccolto da questo lungo periodo è ovunque smarrimento. E nulla è stato fatto o tentato per sradicare dalle coscienze le fatali e deleterie conseguenze di 20 anni di schiavitù. Nulla è stato fatto o tentato perché nulla poteva essere tentato o fatto: la schiavitù sotto altre forme e catene continua. Alle coattive organizzazioni giovanili fasciste è stato sostituito il libero e democratico Fronte della Gioventù: là si canalizzano i giovani verso l’abbrutimento fisico, mezzo per raggiungere quello morale: qui invece si discute, sotto la protezione dell’affascinante, ma in realtà inesistente vessillo della libertà di parole, si soffoca l’ardente e irresistibile volontà di sapere della nostra smarrita generazione.

Scompare così qualsiasi vivificante rapporto fra pensiero e azione: si discute ma non si agisce. Si discute, si fanno discorsi, si stampano giornali, ma non si agisce. Si tenta di inculcare la soddisfazione e la convinzione di un’azione compiuta, ma che in realtà non è stata neppure affrontata. Agire per una organizzazione giovanile proletaria, non significa lanciare ai quattro venti la parola d’ordine della ricostruzione borghese; agire per i giovani lavoratori non significa chinare di nuovo la schiena sotto i ceppi del capitalismo, ed accingersi ad una ricostruzione che si compierà solo a vantaggio della borghesia internazionale o che costituirà un grosso affare sia per i capitalisti italiani che hanno appoggiato e finanziato il fascismo in quanto forza reazionaria antiproletaria, sia per la borghesia degli altri paesi che plaudi al fascismo.

Agire, per i giovani proletari significa porre chiaramente ed inesorabilmente i problemi concreti del giorno, significa impostare in senso rigidamente classista la lotta quotidiana del proletariato per la vita, significa soprattutto compiere instancabilmente la necessaria e indispensabile opera di chiarificazione politica e ideologica circa le posizioni che in questi ultimi vent’anni sono state volta per volta prese dai partiti a tradizione operaia, significa smascherare spietatamente ogni forma di opportunismo e di centrismo. In una parola, agire per il partito rivoluzionario, del proletariato, significa riportare sul terreno della lotta rivoluzionaria la massa dei lavoratori.

Quest’opera di chiarificazione e di penetrazione ci sarà facilitata se possederemo una salda struttura organizzativa e se sapremo, accanto alla compattezza ideologica, dare alle masse un forte e aggressivo ordinamento, sia per la lotta quotidiana contro i soprusi della borghesia, che per la battaglia definitiva per la conquista rivoluzionaria del potere. Quella che abbiamo compiuta nei giorni scorsi e però solo una tappa: una tappa all’inizio del cammino. Dobbiamo ancora percorrere molta strada. La meta, teniamolo sempre ben presente, è una sola e si chiama Rivoluzione internazionale.

Comments

Mi sono sempre chiesto come si pongono i giovani attivisti di fronte a questa dilagante politica odierna della non azione e della autotutela della propria posizione di potere a prescindere dalle effettive esigenze della massa dei cossidetti "rappresentati".