2013-12-15 - Un paio di considerazioni sull'uso dei forconi

BCinforma - Newsletter del P.C. Internazionalista (Battaglia Comunista)

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Un paio di considerazioni sull'uso dei forconi

Il movimento dei Forconi, recentemente ribattezzato del 9 dicembre, lo definiamo inizialmente per quello che non e`. Non e` un movimento proletario anche se frange di classe sono presenti. Non e` un momento di lotta insurrezionale perche` fa riferimento alla nazione e alla Costituzione. Tanto meno e` un movimento rivoluzionario, nel senso di proporre un qualunque sovvertimento dei valori economici capitalistici e di quelli sociali borghesi.

Quella dei Forconi e` semplicemente una protesta forte, da nord a sud passando per le disastrate terre del centro Italia, interclassista, trasversale a molte categorie del mondo del lavoro - dipendente e, non certo da ultimo, autonomo - politicamente informe e organizzativamente spontanea con tutti i limiti del caso. In sintesi e` una protesta che e` figlia della crisi, del tessuto economico italiano e di altre cose che andremo ad elencare con un minimo d'ordine.

La sua composizione di classe e` spuria, c'e` dentro di tutto, dai trasportatori (padroncini e dipendenti) agli auto-ferrotranvieri, ai contadini del nord est e della Sicilia con l'aggiunta di studenti nella grandi citta`, di giovani cassa integrati, precari e disoccupati. La componente maggioritaria e` prevalentemente rappresentata da una piccola borghesia in avanzato stato di proletarizzazione, da piccole frange di proletariato giovanile e da studenti. La crisi ha distrutto il tessuto sociale, ha fatto chiudere centinaia di migliaia di fabbriche, di piccole e piccolissime imprese, la disoccupazione e` arrivata al 12,5%, al 41% quella giovanile. Le banche continuano a investire nella speculazione senza dare ossigeno alla macchina dello sfruttamento capitalistico. Nove milioni di proletari vivono sotto la soglia della poverta` ed e` quindi normale, anche se con grande ritardo e poca intensita`, che qualcosa si muova. Si potrebbe recriminare che le masse proletarie stiano, per il momento, segnando il passo, che il movimento in realta` e` meno consistente di quanto appaia e che la sua matrice sia prevalentemente piccolo borghese. Vero, parzialmente vero, discutibile a seconda della sponda di riferimento, ma due cose sono da sottolineare.

La prima e` che, sulla spinta del perdurare della crisi, qualche movimento tellurico e` stato prodotto. Questo al momento passa il convento, i movimenti puri di classe non sono mai esistiti, inutile invocarli, molto meglio analizzare quanto avviene sul campo per trarne qualche indicazione. I movimenti tellurici sono la conseguenza, oltre che della devastante situazione economica, di una crisi della rappresentanza politica, sia di destra che di sinistra. Nelle piazze sono scesi i disillusi della politica della Lega, del Pd e di Sel. Si dichiarano apartitici, non ideologici, anche se fanno l'occhiolino a quelle forze che si presentano piu` agguerrite sul terreno del radical riformismo borghese. Ne fanno testo alcuni slogan distribuiti per mezzo di volantini nella giornata di mercoledi` 11/12 in tutte le zone d'Italia, dove il Movimento 9 dicembre e` stato in grado di mettere in campo la sua organizzazione: "Questa Italia si ribella e scende nelle strade e nelle piazze contro il Far West della globalizzazione che ha sterminato il lavoro degli italiani. Contro questo modello d'Europa, per riprenderci la sovranita` popolare e monetaria, per riappropriarci della democrazia, per il rispetto della Costituzione, contro un governo di nominati, per difendere la nostra dignita`". Si chiude con un ecumenico "siamo tutti cittadini italiani". Il che, se da un lato rappresenta meglio di ogni analisi il carattere interclassista, nazionalista e conservatore del "movimento", dall'alto mette in evidenza il pericolo che esso possa generare, oltre alla disaffezione nei confronti della politica, la messa in crisi della pace sociale, non per volonta` sua ma per "naturale" esondazione delle ragioni della protesta, e magari con una componente di classe in piu`.

La seconda e` che, indipendentemente dalla composizione di classe del movimento, dal suo attuale livello di proposta politica, se non c'e` una pur piccola bussola di orientamento politico proletario, non solo le componenti sociali della protesta non compiranno mai un passo in avanti, nemmeno sul terreno dal quale sono nati e destinati a rimanere, quello dell'idealismo riformista e rivendicativo, pur "contaminato" dal germe della lotta dura, ma correranno il rischio di essere fagocitati dal piu` becero populismo di destra o di sedicente sinistra, o di dichiarato promiscuo qualunquismo. Non a caso e` visibile l'interesse politico dei gruppi neofascisti, presenti in forza alle manifestazioni, spesso sotto le vesti delle tifoserie (FN, Casa Pound, Fiamma Tricolore) e dei grillini accomunati dallo slogan "tutti a casa" e dalla assoluta mancanza di un programma politico che non sia quello della conservazione democratica o della gestione "forte" del potere senza, ovviamente, un accenno alle cause della crisi, all'anticapitalismo e a una prospettiva rivoluzionaria che ponga il problema di una alternativa sociale nel modo di produrre e di consumare.

Oggi in piazza c'e` un movimento spurio con un bagaglio ideologico piccolo borghese - verso cui le forze dell'ordine borghese hanno avuto un atteggiamento "particolare" - domani si potrebbe presentare una ripresa della lotta di classe a prevalenza proletaria, ma altrettanto debole da un punto di vista della strategia politica. In ogni caso e` piu` che mai all'ordine del giorno il rafforzamento del partito di classe, delle messa in campo di una strategia rivoluzionaria che, partendo dalla situazione reale, e non da quella che si preferirebbe avere, sappia dare un obiettivo, una strategia politica e una tattica conseguente. Altrimenti qualsiasi movimento, anche il piu` radicale, e` destinato al fallimento, o perche` risucchiato all'interno degli stessi meccanismi borghesi che lo hanno generato, o perche` velleitario sul terreno degli impossibili obiettivi riformistici che si e` confusamente dato.

Solo la ripresa della lotta di classe, solo il rafforzamento del partito rivoluzionario possono tentare di dare una soluzione all'attuale crisi del capitalismo, sia nella versione domestica che in quella internazionale. In caso contrario sara` sempre il vessillo tricolore a sventolare nelle manifestazioni, come in questi giorni, e mai un drappo rosso che aggreghi la sana rabbia proletaria.

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