La tattica del Comintern dal 1926 al 1940

4. La tattica dell’offensiva e del socialfascismo (1929-1934)

Nel seno dei partiti socialisti della Seconda Internazionale, sia prima del 1914, sia quando, nell'immediato dopoguerra, fra il 1919 ed il 1921, si fondavano i partiti comunisti in tutti i paesi, il riflesso nel campo organizzativo, delle posizioni politiche della destra riformista e della sinistra rivoluzionaria, era opposto e consisteva in un atteggiamento unitario della prima, scissionista della seconda. In Italia fu la frazione astensionista che - in stretta concordanza con le decisioni del 2° Congresso dell'Internazionale Comunista del Settembre 1920 - prese l'iniziativa della scissione del "vecchio e glorioso Partito Socialista". Mentre tutte le correnti di questo partito, destra riformista e sinistra massimalista, compreso Gramsci e l'Ordine Nuovo, erano per l'unità "da Turati a Bordiga".

L'Internazionale Comunista - sotto la guida di Lenin - seguiva correttamente il metodo di Marx nella costruzione dell'organo fondamentale della classe proletaria: il partito di classe. Questo non può sorgere che sulla base della rigorosa definizione di un programma teorico e di una corrispondente azione politica la quale trovi nell'organizzazione del Partito, esclusivamente limitata a coloro che a questo programma ed a quest'azione aderiscono, lo strumento atto a determinare quello spostamento delle situazioni che è consentito dal grado della loro maturazione rivoluzionaria. Che tanto la destra quanto tutte le altre correnti politiche intermedie siano per l'unità, questo non deve stupire giacché in definitiva esse agiscono sulla linea della conservazione del mondo borghese. Al contrario la sinistra marxista non può tendere allo sconvolgimento di questo mondo borghese che alla condizione di realizzarne la premessa nel campo ideologico, teorico ed organizzativo attraverso quella decisiva scissione che determina l'autonomia storica della classe proletaria.

Nel seno della Terza Internazionale il processo si manifesta in modo differente. L'influenzamento dapprima, l'accaparramento in seguito di quest’organizzazio- ne da parte del capitalismo si compie attraverso l'espulsione dal suo seno di ogni corrente che non si pieghi alle decisioni controrivoluzionarie del centro dirigente. Il fatto che determina questa modificazione è la presenza dello stato proletario il quale - nell'attuale fase storica di totalitarismo statale - non può tollerare alcun inciampo, ostacolo od opposizione. Se è vero che lo stato borghese-democratico può ancora tollerare quelle discussioni od opposizioni le quali, poiché si svolgono alla periferia della sua attività, non potranno mai turbarne l'evoluzione determinata dal fulcro trovantesi nel processo di sviluppo de monopolismo finanziario, per quanto concerne invece sia lo stato proletario in via di degenerazione, sia lo stato borghese a tipo fascista (risultante dalla fase più avanzata rispetto a quella democratica della lotta fra le classi), la dittatura del centro dirigente si completa con l'esclusione di ogni possibilità di opposizione di tendenze agenti anche nel campo periferico.

É noto che, al tempo di Lenin, il Partito russo conobbe un'intensa attività di discussioni nel suo seno e che, fino al 1920, poterono esistere nel suo seno persino delle frazioni organizzate. Ma si trattava allora del periodo in cui era affannosamente ricercato l'adeguamento della politica dello stato proletario alle necessità della rivoluzione mondiale. Poi il problema fu capovolto e si trattava di adeguare la politica del Partito a quella dello stato il quale obbediva sempre più alle necessità contingenti mutevoli e contraddittorie del suo allinearsi col ciclo generale dell'evoluzione storica del regime capitalista internazionale, nel quale esso si avviava ad essere incorporato.

Il centro dirigente deve disporre in modo assoluto e monopolistico di tutti gli organi dello stato; comincia con le espulsioni dal partito, e finirà con l'esecuzione sommaria non solo di coloro che si oppongono irremovibilmente all'instaurato corso della controrivoluzione ma persino di coloro che tentano di salvare la vita con l'abiura della loro precedente opposizione. Malgrado le capitolazioni, le differenti opposizioni nel seno del Partito russo, sono annientate con la violenza e col terrore. Trotzky, dal canto suo, resta fermo nella sua intransigente opposizione a Stalin; ma, poiché ricalca sul corso della rivoluzione russa lo schema della rivoluzione francese, considera che il capovolgimento della funzione dello stato russo da rivoluzionaria in controrivoluzionaria non può realizzarsi che con l'apparizione del Bonaparte russo. Fino a questa apparizione, poiché esiste un'impossibilità di intensa industrializzazione della Russia e si presenta l'ineluttabilità dell'attacco militare del resto del mondo capitalista contro la Russia, esistono anche le condizioni per "raddrizzare" l'Internazionale sia dall'interno sia, quando questo si rivelerà impossibile a causa del regime di epurazione vigente nell'Internazionale, anche attraverso le sinistre socialiste.

La sinistra italiana, invece, in stretta connessione con le stesse posizioni di Marx, Lenin e con l'indicato procedimento seguito per la fondazione del Partito a Livorno, non entrò mai sia nella via delle capitolazioni di Zinoviev sia nella via del raddrizzamento di Trotzky, ma dalla opposizione programmatica nel campo politico fece discendere il conseguente procedimento frazionista sollevando costantemente il problema della sostituzione del corpo politico controrivoluzionario con quello opposto che restava nell'orientamento della rivoluzione mondiale.

In una parola, nei partiti socialisti della Seconda Internazionale la corruzione progressiva si affermava sotto la suggestione della forza d'inerzia delle forze storiche della conservazione borghese le quali cercavano di attirare nel loro girone anche la tendenza marxista e proletaria trattenendola nel seno del "Partito unito". Invece nei partiti comunisti, a causa dell'esistenza dello stato "proletario", l'inquinamento borghese non poteva realizzarsi che grazie all'eliminazione disciplinare prima, violenta poi di ogni tendenza che non si adeguasse alle necessità mutevoli dell'evoluzione controrivoluzionaria di questo stato: di quelle orientate verso la sinistra come anche delle altre di destra; dopo il processo di Zinoviev si avrà anche quello dei destri Rikov e Bukharin.

Sul piano politico poi, mentre il processo di sviluppo della destra riformista segue una concatenazione logica che ci permette di ritrovare, nell'assalto teorico di Bernstein e del revisionismo della fine del secolo scorso, le premesse del tradimento del 1914 e dei Noske nel 1919, per quanto concerne invece il corso degenerativo dell'Internazionale Comunista vedremo un succedersi di posizioni politiche in violento contrasto l'una con l'altra. Trotzky vede, all'alba del "terzo periodo" di cui ci occupiamo particolarmente in questo capitolo, (all'epoca del Sesto Congresso nel 1928), un orientamento di sinistra suscettibile di evolvere verso un "raddrizzamento" dell'Internazionale; la nostra corrente invece vi vede un momento di quel processo di sviluppo che doveva condurre i partiti comunisti a diventare uno degli strumenti essenziali del capitalismo mondiale, processo che era destinato a giungere al suo compimento a meno di non spezzarsi grazie alla vittoria delle frazioni della sinistra marxista nel seno dei partiti comunisti.

Inoltre la nostra corrente non faceva discendere dall'accrescersi della distanza fra la politica degenerante dell'Internazionale ed i programmi e gli interessi della classe proletaria la conclusione della necessità della costruzione dei nuovi partiti. Il fatto che questa distanza si aggravava mentre il processo storico non determinava l'opposta riaffermazione della classe proletaria, ci spingeva a non commettere avventure del tipo di quella preconizzata da Trotzky che giunse fino a sostenere, dopo la presa del potere da parte di Hitler nel gennaio 1933, l'entrata dell'opposizione nei partiti socialisti. La nostra frazione continuava a preparare le condizioni della ripresa proletaria, attraverso la reale comprensione dell'evoluzione del mondo capitalista, nella cui orbita era entrata anche la Russia Sovietica.


Abbiamo già visto nel capitolo destinato agli avvenimenti cinesi del 1926-27 che la caratteristica della tattica dell'Internazionale è data non da posizioni soltanto opportuniste, ma da posizioni che si oppongono in modo violento agli interessi immediati e finalistici del proletariato. L'Internazionale non può restare a mezza strada, essa deve andare fino in fondo: questo è richiesto dalle necessità dell'evoluzione controrivoluzionaria dello stato che è nel suo seno e che, dopo il trionfo della teoria del "socialismo in un solo paese", dopo avere rotto con gli interessi del proletariato mondiale non può restare sospeso in aria, e deve volgersi direttamente e violentemente verso gli opposti interessi della conservazione del mondo capitalista.

Quando le possibilità rivoluzionarie esistevano in Cina, fino al marzo 1927, si preconizza la politica e la tattica della disciplina del proletariato alla borghesia; quando queste possibilità non esistono più ci si orienta verso l'insurrezione di Canton del dicembre 1927; portando così a compimento quel corso politico che doveva condurre allo schiantamento del proletariato cinese.

Nel 1928 matura la formidabile crisi economica che scoppierà l'anno seguente in America e si estenderà successivamente a tutti i paesi. La tattica dell'Internazionale resta; nel 1928, ancora impregnata dei criteri seguiti in Inghilterra con il Comitato Anglo-russo ed in Cina col blocco delle quattro classi.

L'"insurrezione" di Canton non è ancora che un episodio, che come abbiamo visto nel capitolo precedente, viene persino criticato - sebbene in sordina - all'Esecutivo Allargato del febbraio 1928. Gli avvenimenti dovevano però mostrare che non si trattava affatto di un episodio incidentale ma di un prodromo che caratterizza bene la tattica del "terzo periodo" che si instaura solo nell'anno successivo. Frattanto si applica in Francia la tattica della "disciplina repubblicana" (che va sotto il nome di "tattica di Clichy") e che porta i comunisti ad assicurare l'elezione dei senatori socialisti e radical-socialisti contro la destra di Poincaré e Tardieu; in Germania la politica del referendum "popolare" contro le indennità ai principi; mentre il Partito italiano - in correlazione con la politica seguita nel primo periodo dell'Aventino nel giugno-novembre 1924 - lancia la direttiva dei "Comitati Antifascisti" (blocco che postula l'adesione di socialisti, riformisti e di tutti gli oppositori del fascismo). Il C. C. del Partito scrive d'altra parte in una lettera diretta alla nostra corrente e pubblicata nel n. 4 del 1° agosto 1928 di Prometeo (edizione estera):

Noi dobbiamo anche metterci alla testa (sottolineato nell'originale) della lotta per la repubblica, ma dare a questa lotta, subito, un contenuto di classe. Si, dobbiamo dire, anche noi siamo per la repubblica garantita da una assemblea di operai e contadini.

La repubblica italiana è venuta ed essa - come tutti sappiamo - è "garantita" dall'assemblea di operai e contadini, i quali nel baraccone di Montecitorio vegliano affannosamente al successo della ricostruzione della società capitalista dopo gli sconvolgimenti occasionati dalla guerra e dalla disfatta militare.

Nel 1928 l'Internazionale resta dunque nel quadro della tattica del 1926 e 1927 ed agisce in quanto ala sinistra delle formazioni politiche della democrazia borghese.

Poi si passa ad una radicale modificazione.


Cominciamo con l'esaminare l'aspetto teorico della nuova tattica che in una scala progressiva sarà decisa dal IX Esecutivo Allargato (marzo 1928), dal VI Congresso Mondiale dell'Internazionale e dal contemporaneo IV Congresso dell'Internazionale Sindacale Rossa dell'estate 1928, dal X Esecutivo Allargato del Luglio 1929 ed infine dall'XI Esecutivo Allargato del 1931.

Nella "Risoluzione sul ruolo del Partito Comunista nella Rivoluzione proletaria" il 2° Congresso dell'Internazionale aveva ammonito: "Le nozioni di Partito e classe devono essere distinte con la più grande cura". La "tattica del terzo periodo", dopo avere completamente falsato i criteri di delimitazione della classe, giunge fino alla demagogica identificazione della classe nel Partito.

Nel campo economico e sociale il Marxismo delimita la classe in funzione delle basi del regime capitalista del salariato e considera che ne fanno parte quelli appunto che vivono del loro salario.

La trasformazione è ora radicale: chi compone la classe in modo prevalente è la parte dei lavoratori colpita dalla violenta crisi economica, cioè i disoccupati ai qual si rivolge anche la demagogia nazista. Il Partito, in conseguenza, non stabilisce un piano di mobilitazione totale del proletariato, ma limita la sua azione alla mobilitazione dei disoccupati. Corrispondentemente i disorganizzati vengono considerati più coscienti dei lavoratori inquadrati nei sindacati e si fonda l'"Opposizione Sindacale Rivoluzionaria" mentre si trascura ogni lavoro nel seno dei sindacati diretti dai "social-fascisti". Il proletariato si trova così spezzato in due: la parte controllata dal Partito, che comprende poi l'avanguardia, è scissa dal resto della classe lavoratrice e lanciata in azioni offensive, che dovevano offrire le migliori condizioni al successo della repressione capitalista.

Nel campo più schiettamente politico la nuova tattica non mira a colpire la classe capitalista nel suo complesso, ma ne isola una delle forze, quella socialdemocratica che sarà qualificata "social-fascista". In Germania, dove allora è il perno dell'evoluzione del capitalismo mondiale e dove si prepara la liquidazione del personale democratico per sostituirvi quello nazista mentre è in corso la modificazione corrispondente della struttura dello stato capitalista, il Comintern invece di impostare l'azione di classe del proletariato contro il capitalismo, chiama le masse a combattere isolatamente il "social-fascismo" come nemico numero uno, il che doveva fare del Partito Comunista un fiancheggiatore dell'attacco di Hitler. E quando questi prende l'iniziativa di un referendum "popolare" per rovesciare il governo socialdemocratico di Prussia, il Partito tende di fatto alla stessa meta poiché non fa del suo intervento al referendum un momento dell'azione generale contro la classe capitalista, ma resta nel quadro d'ella lotta contro il "social-fascismo".

Sul piano politico più generale la politica del Partito è sintetizzata nella formula di "classe contro classe". La classe proletaria è oramai costituita dal Partito da cui promanano tutte le formazioni annesse (opposizione sindacale rivoluzionaria, Lega anti-imperialista, Amici dell'U. R. S. S. ed i molteplici altri organismi collaterali): tutto quanto è al di fuori del Partito e dei suoi annessi (e non si dimentichi che dal Comintern erano state espulse tutte le correnti marxiste) è la classe borghese o più esattamente il "social-fascismo". Gli organismi di massa non derivano più dalle basi dell'economia capitalista ma risultano dall'iniziativa del Partito, mentre le frazioni sindacali sono praticamente eliminate e mancano della loro ragione di essere, dato che i sindacati - agendo fuori dell'orbita del Partito, - sono degli organismi "social-fascisti".

È in questo periodo che sorge la grande divinità della "linea politica del Partito". Come si era lontani dal tempo di Lenin quando le posizioni tattiche del Partito erano sottoposte alla verifica degli avvenimenti e si cercava affannosamente di determinarne la validità! Ormai la "linea politica" era consacrata un'istituzione divina e diventava un delitto non solamente contestarne l'infallibilità, ma anche non comprenderne il nascosto significato. Cosa, questa, assolutamente impossibile giacché la "linea politica del Partito" obbediva unicamente alle indicate necessità dell'adeguazione dello stato russo al suo nuovo ruolo di strumento della contro-rivoluzione mondiale e chi poteva rifletterne le vicissitudini era unicamente il centro direttivo che si trovava alla testa di questo stato. Ne conseguivano le svolte brusche e ripetute che lasciavano regolarmente cadere nell'inferno dei colpevoli quei dirigenti del Partito che, per il fatto di non avere completamente abbandonata la facoltà di ragionare e di riflettere, dimostravano di non essere dei "veri" bolscevichi poiché non giungevano a difendere oggi con eguale calore l'opposto di quanto dicevano ieri.

Si potrebbe, in forza di un'analisi superficiale, considerare che i successi realizzati nel campo dell'industrializzazione in Russia, il rafforzamento economico e quindi militare dello stato russo ed il contemporaneo scatenamento dell'offensiva "rivoluzionaria" negli altri paesi avrebbero dovuto determinare una replica violenta da parte del capitalismo contro lo stato russo. Non solamente questo non avvenne, ma poco dopo la vittoria di Hitler in Germania gli stati Uniti riconoscevano ufficialmente la Russia che - secondo le affermazioni stesse dei dirigenti del Comintern - conseguiva così una importantissima vittoria diplomatica, mentre le porte della Società delle Nazioni - quella che Lenin qualificò con esattezza "la società dei briganti" - si aprivano all'ingresso della Russia dei Soviet. Era questo il logico epilogo del corso seguito dalla politica del Comintern.

In effetti esisteva una concomitanza strettissima tra i successi dei piani quinquennali (resi possibili anche grazie al concorso del capitalismo il quale importava in Russia materie prime contro esportazione di grano, mentre le razioni di pane erano assolutamente insufficienti) e la politica dell'offensiva "rivoluzionaria". In Russia le "colossali vittorie del socialismo" erano in realtà il risultato dell'intensificato sfruttamento dei proletari, e negli altri paesi la classe proletaria era messa - grazie alla tattica del "terzo periodo" - nell'impossibilità di reagire all'offensiva capitalista. E la vittoria della Russia nel campo dell'industrializzazione ed in quello diplomatico. come la conquista del potere da parte di Hitler in Germania, sono due aspetti di uno stesso corso: del corso vittorioso della controrivoluzione del capitalismo mondiale, sia in Russia che negli altri paesi.


Passiamo ora ad una succinta analisi dei documenti ufficiali del Comintern e degli avvenimenti che caratterizzano la tattica del "terzo periodo". Perché "terzo"? Il VI Congresso mondiale precisa così:

  • 1° periodo (1917-23), compreso tra la vittoria rivoluzionaria in Russia e la disfatta rivoluzionaria in Germania. Quello della "crisi acuta" del capitalismo e delle battaglie rivoluzionarie;
  • 2° periodo (1923-28). Quello della "stabilizzazione capitalista";
  • 3° periodo (iniziatosi nel 1928 e che doveva terminale nel 1935, quando si fece il capitombolo dal "social-fascismo" al Fronte Popolare). Quello della "radicalizzazione" delle masse.

Cominciamo col rimarcare che questa schematizzazione delle situazioni non ha nulla a vedere con il marxismo che non distingue "compartimenti" ma si rappresenta il processo di sviluppo che collega strettamente le situazioni e nel quale i criteri marxisti della lotta delle classi permettono di scorgere le fluttuazioni favorevoli e sfavorevoli. Queste si muovono, nel periodo che va dal 1917 al 1927, dalla vittoria rivoluzionaria in Russia, ed al suo riflesso nella fondazione dell'Internazionale Comunista, - vittoria del principio internazionale ed internazionalista - alla negazione di questo principio, quando, sulle orme della sconfitta della rivoluzione in Cina, trionferà la teoria nazionale e nazionalista del "socialismo in un solo paese".

La classificazione del VI Congresso lascia per esempio nel primo periodo dell'avanzata rivoluzionaria il novembre 1922 in Italia, avvenimento che ebbe un'importanza eccezionale non solo per il settore italiano ma per tutta l'evoluzione politica del mondo capitalista.

Quanto alla caratterizzazione del "terzo periodo", il VI Congresso dettaglierà così la sua analisi:

  1. La guerra è imminente. Chi si azzarda a negare quest'imminenza non è un "bolscevico". Guerra non solo fra gli imperialismi (a quest'epoca la costellazione fondamentale è presentata nel quadro dell'opposizione violenta dell'Inghilterra e degli Stati Uniti). Guerra altresì di tutti gl'imperialismi contro la Russia: vi sarebbero "ineluttabilmente" portati sia l'Inghilterra che vi vedrà la "condizione pregiudiziale per la sua ulteriore lotta contro il gigante americano", sia gli Stati Uniti i quali, se non hanno un interesse così urgente ad abbattere il "socialismo in Russia", non possono che mirare ad estendere il loro dominio anche in questo paese.
  2. L'aggravamento della lotta di classe. "Il proletariato non resta sulla difensiva, ma passa all'attacco". Le masse sono tanto più "radicalizzate" quanto più sono disorganizzate.
  3. Il nuovo ruolo della socialdemocrazia divenuta "social-fascista". Nel 1926-27 la socialdemocrazia è un'alleata alla quale (vedi Comitato anglo-russo) il Comintern abbandona la direzione dei movimenti proletari. Oggi è il nemico numero uno. I nazisti scatenano l'offensiva in Germania: il Partito non imposterà un piano di lotta contro il capitalismo e sulla base della lotta di classe, ma esclusivamente contro il "social-fascismo". Nello stesso tempo, poiché le organizzazioni sindacali di massa sono inquadrate da un apparato organizzativo "social-fascista", ne consegue la necessità di abbandonare le masse che vi si trovano e di passare alla costruzione di un'altra organizzazione: l'"Opposizione sindacale rivoluzionaria", che difende "la linea politica del Partito".

Si noti la contraddizione flagrante esistente fra le due imminenze: quella dalla rivoluzione e quella della guerra. È eretico chi ne ammette una sola. È eretico quindi il marxista il quale, in forza dell'interpretazione materialista della storia, se constata una imminenza, non può che escludere l'imminenza opposta e si fonda quindi sul capovolgimento delle situazioni nel corso del processo storico che conduce la guerra al suo opposto: alla rivoluzione.

Gli avvenimenti provavano che, punto per punto, i capisaldi della nuova tattica dovevano essere completamente smentiti. In effetti:

  1. La guerra non era affatto imminente nel 1919 e, quando essa scoppiò nel 1939. le costellazioni furono completamente diverse, l'Inghilterra diventando l'alleata degli Stati Uniti e questi due imperialismi - i più ricchi - diventando a loro volta alleati del "Paese del Socialismo".
  2. Non la classe operaia ma il capitalismo passa all'offensiva che ottiene i suoi successi nella vittoria di Hitler nel gennaio 1933 ed infine nello scatenamento della seconda guerra imperialista mondiale.
  3. Non si entra in un'epoca "social-fascista", ma in Germania sarà il fascismo che trionfa. Il capitalismo liquida temporaneamente la socialdemocrazia, salvo a richiamarla nel corso della guerra, quando, in combutta con democratici e nazional-comunisti da una parte, fascisti e nazionalsocialisti dall'altra, il mondo capitalista precipiterà nella guerra del 1939-45.

Passiamo ora ad una rapida rassegna dei fatti più importanti, che contraddistinsero la "tattica del terzo periodo".

Abbiamo già indicato che il fatto politico predominante fu l'avvento al potere di Hitler nel gennaio 1933. Numerose altre furono le manifestazioni politiche in occasione delle quali la detta tattica ebbe occasione di mostrare le sue "virtù", ma, nel quadro ristretto di quest'articolo, non possiamo che limitarci all'essenziale e cioè agli avvenimenti in Germania. É nel settembre 1930, solamente cinque mesi dopo che il capitalismo tedesco ha licenziato il governo di coalizione presieduto dal socialdemocratico Mueller, che comincia l'avanzata fascista. Contrariamente a quanto si verificò in Italia nel 1921-22, il nazismo tedesco segue una tattica prevalentemente legalitaria. Il meccanismo democratico si dimostra perfettamente idoneo a realizzare la conversione dello stato capitalista da democratico in fascista, cosa che non stupisce affatto un marxista e che sanno anche gli attuali imbroglioni nazional-comunisti e socialisti che sono al governo in Italia e altrove. Invece di attaccare, come fecero i fascisti in Italia, con la violenza e sotto la protezione della polizia democratica i fortilizi di classe del proletariato, i nazisti tedeschi impiegano il metodo del progressivo smantellamento legalitario dell'apparato dello stato delle posizioni direttive detenute dai loro complici: i partiti della democrazia e della Socialdemocrazia tedesca. Questo solo fatto, della possibilità che si offre al capitalismo di non fare ricorso esclusivo all'azione extralegale delle squadre fasciste, prova la profonda modificazione effettuatasi nella situazione, nella quale non agisce più la minaccia del partito di classe del proletariato.

Questa realtà sarà naturalmente capovolta dal Comintern. In un articolo di Ercoli (Stato operaio del settembre 1932) si legge fra l'altro:

la prima differenza [fra l'assalto nazista in Germania e quello fascista in Italia - ndr], la più importante, quella che salta agli occhi immediatamente, è quella che passa fra il periodo in cui si è compiuta la marcia su Roma ed il periodo attuale. Allora eravamo alla fine del primo periodo del dopoguerra ed alla vigilia del periodo di stabilizzazione del capitalismo. Oggi siamo nel cuore del terzo periodo, nel cuore di una crisi economica di ampiezza e di profondità non mai vedute, di una crisi che ha avuto e ha le sue manifestazioni più gravi precisamente nella Germania... In secondo luogo è necessario fermare l'attenzione sulla linea di sviluppo del movimento delle masse [...] Linea discendente [in Italia, mentre in Germania...] i combattimenti decisivi stanno ancora davanti a noi e il movimento delle masse si sta sviluppando sopra una linea ascendente, nella direzione di questi combattimenti decisivi.

In realtà i combattimenti decisivi delle masse non stavano né avanti né indietro e appena un anno dopo Hitler si vedeva consegnare il governo da Hindemburg. Il Partito, che qualche giorno prima aveva organizzato una "colossale" manifestazione allo Sportpalast di Berlino, si sfalderà completamente lo stesso giorno della salita al potere di Hitler.

I momenti essenziali dell'avanzata nazista sono:

  1. Il 9 agosto 1931, il plebiscito contro il governo social-democratico di Prussia, plebiscito richiesto da Hitler.
  2. Le elezioni per la presidenza del Reich del 13 marzo 1932.

Sul piano della tattica elettorale la questione dell'intervento del partito sia al plebiscito organizzato dai fascisti, sia alle elezioni con un candidato proprio, contro Hindemburg e Hitler, non può offrire alcun dubbio. I Comunisti non potevano prestarsi alla manovra socialdemocratica e dovevano intervenirvi; ma vi erano due modi di intervenire. Quello marxista di fare di queste due manifestazioni elettorali due occasioni di propaganda miranti a mobilitare il proletariato su basi di classe e contro il regime capitalista, il che portava come conseguenza la lotta contro l'evoluzione che era in corso nello stato capitalista da democratico in fascista, evoluzione che non poteva essere combattuta se non dal proletariato e dal suo partito contro tutte le forze capitaliste (democratiche e fasciste) solidamente unite per il trionfo del nazismo; e quello discendente dalla "tattica del terzo periodo", consistente nello staccare queste due manifestazioni elettorali dal processo reale nel quale esse erano incastrate facendone due episodi di convalida della "linea politica del partito" che combatte non più la classe borghese ma una sola delle sue forze: il "social-fascismo". Il plebiscito che i fascisti organizzano per sbalzare il governo socialdemocratico prussiano di Braun Severing diventa il "plebiscito rosso" da volgere a convalida della "politica del partito". Nelle elezioni presidenziali si chiamano le masse a votare contro Hitler e Hindenburg e per il capo del partito Thälman, ma non per la dittatura proletaria. Bensì per la realizzazione del "programma di emancipazione nazionale". Ora, poiché le dette elezioni erano altrettanti momenti della trasformazione dello stato borghese da democratico in fascista, la partecipazione del Partito non in funzione della lotta contro il capitalismo, ma della lotta contro il "social-fascismo", non poteva che condurre a facilitare la detta trasformazione dello stato. Si trattava cioè nel primo caso di realizzare la cacciata dei socialisti dal governo prussiano, nel secondo caso di affidare al partito l'obbiettivo della "emancipazione nazionale". Appare chiaro quindi che il Partito prendeva una posizione concorrente a quella nazista e, se gli avvenimenti dell'epoca portarono alla vittoria del nazismo, nulla esclude che nella situazione attuale lo stesso programma sarà inalberato dal "partito socialista unificato" di Germania il quale, sotto l'egemonia dell'imperialismo russo, parla di "emancipazione nazionale" contro la stessa "emancipazione nazionale" che l'imperialismo anglosassone vuole realizzare a suo profitto.


Quanto alla politica del partito nel campo sociale, essa discendeva dai surricordati criteri della lotta contro il "social-fascismo", della moltiplicazione delle scaramucce, della "politicizzazione degli scioperi".

Ovunque la violenta crisi economica determini un movimento di resistenza dei lavoratori e particolarmente dei disoccupati, il partito interviene immediatamente per farne un episodio di realizzazione "rivoluzionaria" con la conseguenza che, mentre la minoranza viene mitragliata, il resto della massa assiste scoraggiata all'incedere vittorioso dell'offensiva capitalista. L'episodio più caratteristico di questa tattica si ha nella manifestazione del primo maggio 1929 a Berlino quando Zörgiebel - il questore socialista degno successore di Noske - può stendere al suolo ventinove proletari senza che si determini un movimento delle masse, che peraltro non parteciperanno affatto alla manifestazione contro il "social-fascismo".

Mentre il movimento nazista progredisce a passi giganteschi, "L'Internationale Communiste" nel suo numero del primo maggio 1932, dopo le elezioni presidenziali, constata "il rinculo particolare del partito nelle regioni industriali, rinculo che si manifesta proprio in quelle regioni dove i nazionalsocialisti conseguono una serie di grandi vittorie".

Ma non per questo la grancassa della demagogia tacerà.

Thälman dichiara:

noi semineremo la disgregazione nel campo della borghesia. Noi allargheremo la breccia nelle file della socialdemocrazia e accresceremo il processo di effervescenza nel seno di questo partito. Noi formeremo delle brecce ancora più profonde nel campo hitleriano.

Questa tattica che, come abbiamo visto è in definitiva di affiancamento della politica nazista, non riceve altra giustificazione da parte dell'Internazionale al di fuori della rievocazione del ruolo giocato precedentemente dai socialdemocratici. "Stato operaio" del luglio-agosto 1931, in un articolo destinato a giustificare la politica del partito tedesco, scrive:

chi accusa i comunisti di essere gli alleati del fascismo?... Sono i ministri di polizia di Prussia, fucilatori di operai, e il signor Pietro Nenni, fascista della prima ora. Basterebbero queste considerazioni per giudicare la causa. (1)

Quando Hindenburg, il 30 gennaio 1933, consegna il potere ad Hitler, si assiste in sostanza alla replica in Germania di quella vittoria del capitalismo internazionale che era stata consacrata in Russia nel dicembre 1927, quando trionfò la "teoria del Socialismo in un solo paese". Una semplice inversione di termini in una stessa formula. In Russia socialismo nazionale, in Germania nazional-socialismo. Sono così stabilite le premesse per avviare il mondo verso la seconda guerra imperialista mondiale, dopo le tappe intermedie di Abissinia e di Spagna.

La sconfitta inferta al proletariato internazionale in Germania non determina nessuna reazione nel seno dell'Internazionale contro la tattica seguita dal Comintern. Manuilski se ne rallegra e dichiara alla riunione plenaria dell'Esecutivo dell'Internazionale (vedi Stato Operaio del febbraio 1934):

L'atteggiamento sulla questione tedesca è stato una pietra di paragone del grado di bolscevizzazione delle sezioni dell'Internazionale Comunista, della loro tempra bolscevica, della loro capacità di affrontare a testa alta le brusche svolte della situazione. Si deve riconoscere con soddisfazione a questo Plenum che le Sezioni del Comintern hanno superato con onore questa prova. Riflettete a quello che sarebbe avvenuto se questi avvenimenti si fossero prodotti alcuni anni or sono quando la bolscevizzazione dei Partiti dell'Internazionale si compieva attraverso crisi continue. Essi avrebbero provocato senza dubbio una profonda crisi del Comintern.

Non si poteva essere più cinici e nel contempo più espliciti sul significato della "bolscevizzazione". Manuilski ce lo dice in modo inequivocabile: è il pieno successo della bolscevizzazione che immunizza l'Internazionale da qualsiasi reazione contro il successo della tattica di affiancamento all'attacco di Hitler in Germania. Dopo questa prova decisiva, il Comintern non può che rivelarsi perfettamente idoneo per la successiva fase della politica guerrafondaia in Spagna, in attesa di diventare il complice delle forze democratiche e fasciste nel corso della seconda guerra imperialista mondiale.

Gli avvenimenti tedeschi dovevano accentuare il divario fra le posizioni politiche di Trotzky e quelle della nostra corrente, divario che si era già manifestato non solo sulle questioni internazionali nella critica che fece Trotzky della politica del Comintern durante gli avvenimenti tedeschi del 1923, critica che Bordiga giudicò insufficiente (vedi "La questione Trotzky" di A. Bordiga), ma anche - come abbiamo visto nei capitoli precedenti - sulla questione russa e su quella cinese.

Trotzky, ricalcando sulla situazione tedesca la tattica seguita dal Partito Bolscevico tra il 1905 ed il 1917 e particolarmente quella applicata nel settembre 1917 all'epoca della minaccia di Kornilov contro il Governo di Kerensky, partiva dalla premessa che la socialdemocrazia era storicamente una forza di opposizione all'attacco fascista, e concludeva che si dovesse preconizzare il fronte unico per opporsi all'attacco nazista. E la nostra corrente fu accusata da Trotzky di "stalinismo" perché essa ripeté, nei confronti della situazione tedesca del 1930-33, la politica seguita dal Partito d'Italia nel 1921-22, che consisteva nel fronte unico sindacale per le rivendicazioni parziali sfociante in una mobilitazione della classe lavoratrice, nel suo insieme, contro la classe capitalista. D'altra parte sulla questione del potere, per noi la posizione centrale della Dittatura proletaria doveva restare immutata e non poteva conoscere alcun surrogato. Trotzky non solamente non accettò la polemica con la nostra corrente, ma insofferente delle critiche che questa muoveva all'opposizione Internazionale, non poté trovare altra soluzione che quella amministrativa della nostra espulsione dalla detta Opposizione internazionale, sanzionata nel 1932. Trotzky non comprese che non era possibile giudicare l'evoluzione dello stato capitalista del 1930-33 in funzione dell'evoluzione che si era determinata nel periodo precedente alla prima guerra imperialista mondiale. Se prima lo stato capitalista evolveva secondo il procedimento democratico, questo dipendeva dalle particolarità storiche dell'epoca. Nel periodo dell'imperialismo finanziario, e dove la lotta fra le classi aveva raggiunto il punto culminante, lo stato era portato - dalle nuove circostanze storiche - ad evolvere nel senso totalitario e fascista, e tutte le forze politiche del capitalismo non potevano che favorire e solidalmente concorrere a questo sbocco. Ne risultava quindi che la socialdemocrazia, benché destinata ad essere una delle vittime di questo processo, non poteva essere che un fattore del suo sviluppo mentre solo la classe proletaria ed il suo Partito di classe potevano determinare la rottura di questo corso dello stato capitalista. Corso spiegabile non in funzione dei precedenti storici ma della dialettica della lotta fra le classi nella sua fase più avanzata.

L'Internazionale, fondata per il trionfo della rivoluzione mondiale, stabilisce dunque la "tattica del terzo periodo", che facilita ed affianca il trionfo del nazismo in Germania. Il cammino che aveva avuto inizio nel 1927 prosegue tragicamente e sole restano sulla breccia, a difendere le posizioni marxiste, le sparute pattuglie della sinistra italiana.

Vercesi

(1) Nenni, il "fascista della prima ora" è restato coerente al suo programma del 1919. Egli fu guerrafondaio nel 1914-18, lo resterà nel corso della guerra di Spagna ed in quella mondiale del 1939-45. Togliatti ed i suoi congeneri hanno raggiunto Nenni diventando, se possibile, più guerrafondai di lui per il successo della guerra imperialista in Spagna prima, e nel mondo intero in seguito.

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Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.