Forza, violenza, dittatura nella lotta di classe

Postilla - Vedi N. 2, 4, 5, 8, 9 di Prometeo

Il lavoro pubblicato in cinque puntate col titolo sopra riportato aveva per oggetto la quistione dell’impiego della forza nei rapporti sociali e dei caratteri della dittatura rivoluzionaria rettamente intesi secondo il metodo marxista. Non toccava di proposito le quistioni di organizzazione di classe e di partito, ma vi fu condotto direttamente nella parte conclusiva dalla discussione sulle cause di degenerazione della dittatura, attribuite da molti in modo preponderante ad errori di organizzazione interna e alla violazione di una prassi democratica ed elettiva nel seno del partito e degli altri organi di classe.

Nella confutazione di questa tesi abbiamo tuttavia commessa una omissione non ricordando una importante polemica svoltasi nell’Internazionale Comunista nel 1925-26 a proposito della trasformazione della base organizzativa dei partiti comunisti secondo le cellule o nuclei di azienda. Quasi sola la sinistra italiana si oppose decisamente e sostenne che la base di organizzazione doveva restare quella per circoscrizioni territoriali.

L’argomento fu sviscerato ampiamente ma il punto centrale era questo. Se la funzione organica del partito, non sostituibile in essa da alcun altro organo, è lo svolgimento dalle singole lotte economiche di categoria e locali alla unità della lotta generale della classe proletaria sul piano sociale è politico, nessuna eco di tale compito può seriamente aversi in una riunione in cui figurano soltanto lavoratori di una stessa categoria professionale e di una stessa azienda di produzione. Tale ambiente sentirà solo esigenze circoscritte e corporative, l’espressione della direttiva unitaria di partito vi scenderà solo dall’alto e come cosa estranea; il funzionario di partito non si incontrerà mai su un piano di parità coi singoli iscritti della base, in un certo senso egli non farà più parte del partito non appartenendo a nessuna azienda economica.

Nel gruppo territoriale invece sono posti in partenza sul medesimo piano i lavoratori di ogni mestiere e dipendenti da svariatissimi padroni, e con essi tutti gli altri militanti di categorie sociali non strettamente proletarie che il partito dichiaratamente ammette come gregari, e deve in ogni caso ricevere come tali e se occorre tenerli in maggiori quarantene, prima di chiamarli, ove ne sia il caso, a cariche di organizzazione.

Mostrammo allora che la concezione delle cellule, malgrado la pretesa di attuare la stretta adesione dell’organismo di partito alle più larghe masse, conteneva gli stessi difetti opportunistici e demagogici dell’operaismo e laburismo di destra e contrapponeva i quadri alla base, in una vera caricatura del concetto di Lenin sui rivoluzionari professionali.

Le vedute della sinistra sull’organizzazione di partito, se sostituiscono allo stupido criterio maggioritario scimmiottato dalla democrazia borghese un ben più alto criterio dialettico che fa dipendere tutto dal solido legame di militanti e dirigenti con la impegnativa severa continuità di teoria di programma e di tattica, e se depongono ogni velleità di corteggiamento demagogico a troppo larghi e quindi più facilmente manovrabili strati della classe lavoratrice, in realtà sono le sole che meglio si conciliano con una profilassi contro la degenerazione burocratica dei quadri del partito e la sopraffazione della base da parte di essi, che si risolve sempre con un ritorno di disastrose influenze della classe nemica.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.