La linea proletaria oggi

Appare dunque chiaro che l’illusione di una fantomatica promozione sociale, la selettività e la meritocrazia, in quanto connaturate con la scuola di classe, non potranno essere combattute da tentativi di riforma, intesi sostanzialmente a raggiungere una maggiore efficienza e quindi a lasciare inalterato alle sue radici il sistema borghese e i valori culturali che esso esprime.

Non è un caso infatti che nessun insegnante "di buona volontà" riesca a indicare una reale via di uscita dalle contraddizioni che si evidenziano all’interno della struttura scolastica. Per "risolvere" la crisi della scuola occorre ribaltare l’impostazione in base alla quale la categoria insegnante, anche se riformista e illuminata, tende a operare, dimostrando ampiamente la sua incapacità di comprendere, se non di superare, il proprio condizionamento sociale che le impone in ogni caso, nonostante le migliori intenzioni, lo svolgimento di un ruolo sostanzialmente reazionario.

Lasciamo quindi le riforme ai ministri e ai loro accoliti allevati per l’appunto per la conservazione del sistema, dato che la scuola di classe non potrà avere termine se non insieme alla società di classe, e cioè con l’abbattimento del sistema economico e sociale attuale. In questa visuale, lotta nella scuola e lotta operaia non sono che due aspetti di una stessa linea di azione rivoluzionaria e di classe.

La linea proletaria nel rapporto docente-discenti

Per non restare nel campo strettamente teorico, è opportuno chiarire quale può e deve essere lo scopo preciso della lotta degli insegnanti e degli studenti rivoluzionari nella scuola. Con buona pace dei sindacalisti (CGIL si intende) che si chiedono "Cultura proletaria? Ma chi e quando ne ha parlato?" e dei gruppuscoli che ne hanno distorto il significato fino alla nausea portando il loro contributo massiccio alla confusione e alla superficialità (gabellata per semplicità proletaria), vale la pena riprenderne il senso originario secondo l’impostazione di Lenin:

La cultura proletaria deve consistere nello sviluppo sistematico di tutto il sapere che l’umanità ha elaborato sotto il giogo della società capitalistica. Tutte queste strade conducono alla cultura proletaria come la economia politica elaborata da Marx ha indicato il passaggio alla lotta di classe.

Ciò significa innanzitutto che la cultura nella sua globalità non va buttata a mare per se stessa o per il fatto che si tratta di una sovrastruttura del sistema borghese. L’errore sarebbe grave: non è il sapere attuale che va gettato a mare quanto i modi in cui il sapere è utilizzato e le forme in cui esso viene presentato alla massa della popolazione. In altri termini noi non siamo certo contro la scienza fisica, siamo bensì nemici del concetto che la borghesia se ne fa e che vuole conculcare nelle giovani generazioni, e combattiamo l’uso che del sapere in campo fisico fanno le centrali scientifiche e tecniche della borghesia (vale la pena di parlare della bomba H in relazione con le possibilità di utilizzo dell’energia nucleare nell’alimentazione di centrali di dissalazione delle regioni aride, per esempio?)

Parimenti non siamo contro le sviluppo del sapere; ne denunciamo, bensì, la impossibilità attuale, il freno che sia le esigenze direttamente economiche della borghesia sia la impostazione culturale impone. Abbiamo già trattato della interdisciplinarietà e abbiamo detto che cosa intendiamo con ciò. Ripetiamo adesso che compito dei rivoluzionari è anticipare nella funzione docente la applicazione di un metodo interdisciplinare che ritrova il momento unificante non in astratte teorie teistiche e immanentistiche, quanto nel vivo dello scontro fra le classi, nel muoversi tormentato degli interessi. Non pretendiamo che tali anticipazioni siano generalizzabili. Saranno opera delle avanguardie coscienti e assumeranno un significato solo quando inserite in una visione complessiva del piano strategico rivoluzionario, solo quindi se strettamente connesse con l’attività di propaganda, proselitismo e organizzazione che il partito conduce nella classe.

Né commettiamo l’errore di pensare che il modello di interdisciplinarietà che proponiamo come unico oggi realmente possibile sia un eterno assoluto: nella misura in cui la rivoluzione comunista realizzerà la società senza classi ed eliminerà quindi dalla scena quei contrasti di classe, unificando la specie, si svilupperanno liberamente sia il sapere naturalistico sia il reale appropriarsi di esso da parte della collettività, in forme sempre nuove, liberate dai condizionamenti di classe.

Oggi dunque chiarezza di classe innanzitutto. Da tale chiarezza deriveranno tensioni che, soprattutto nella scuola dell’obbligo, saranno primitive prese di coscienza e forme di analisi della realtà. Su quelle primitive prese di coscienza la realtà esterna alla scuola le lotte del movimento operaio e le indicazioni rivoluzionarie che in esse il partito di classe agita potranno operare nel senso di una effettiva crescita, soprattutto nel senso della lenta ma pur imprescindibile maturazione delle condizioni soggettive della rivoluzione.

Una simile azione da parte dei rivoluzionari deve partire dalle condizioni immediate degli studenti, dalla loro sensibile realtà, a prescindere da esigenze di programma. La nostra proposta vuole essere un pressante invito agli insegnanti che vogliono dirsi "dalla parte della classe operaia" a svincolarsi dal pedissequo rispetto dei programmi ministeriali. Persino la costituzione repubblicana (che non è certo il nostro idolo) riconosce la liberà di insegnamento e teoricamente consente quindi di introdurre modifiche che tengano conto della preminenza di interessi della classe operaia, seguendo criteri didattici che possono variare da situazione a situazione.

La opposizione che l’opera dei rivoluzionari immancabilmente troverà dovrà essere una ragione di più per la critica alla scuola borghese e al suo preteso liberalismo e un motivo di più di aggancio con i discenti che si troveranno di fronte alla evidente contrapposizione fra il metodo borghese di far scuola e la "collaborazione sulla strada del vero sapere" che i rivoluzionari offrono.

Sul tema della meritocrazia e della selezione i rivoluzionari sono per la lotta a fondo e incondizionata: la scuola deve garantire il sapere, non può permettersi dunque il lusso di scaricare sugli allievi i suoi fallimenti. La base rivendicativa su cui i rivoluzionari si muovono resta quella uscita dalla prima ondata contestativa del 1968: abolizione dei voti e degli esami e scuola a tempo pieno. Da una parte tali rivendicazioni, se raggiunte nel concreto, difendono nell’immediato dagli attacchi più duri che la borghesia rivolge al diritto allo studio; dall’altra, se non soddisfatte, si prestano a efficace momento di agitazione sulla necessità dell’intervento rivoluzionario del proletariato sul corpo ormai fradicio del sistema.

La linea proletaria nel rapporto fra docenti

Fissato che non è possibile ipotizzare lo spostamento della categoria in quanto tale sul piano di classe per le ragioni ampiamente viste, ci si pone il problema di come è possibile la conduzione di una politica rivoluzionaria fra gli insegnanti. Va detto subito che lo scopo del lavoro dei rivoluzionari è lo scavo e l’approfondimento del solco di classe che attraversa la categoria medesima. Tale solco di classe passa attraverso il piano ideologico e politico. Rifiutiamo ogni ipotesi tendente a gabellare come potenzialmente in atto una "proletarizzazione" della categoria; rifiutiamo ogni romanticheria sul "siamo tutti lavoratori".

i rivoluzionari si occupano dei problemi categoriali nella sola misura in cui è possibile usarli come argomento sul piano della propaganda politica allo scopo di strappare quanto è più possibile dalla loro matrice piccolo borghese e trasformarli in “transfughi della classe dominante” che aderiscono in toto al programma rivoluzionario.

Ciò che va fatto è la incessante denuncia, la critica continua del ruolo istituzionalmente reazionario della categoria: a questa opera critica di denuncia e propaganda si deve informare l’intervento di tipo “sindacale”. Va affermato a chiare lettere che nel momento dell’assalto, la categoria sarà divisa in due nette parti schierate su fronti contrapposti: da una parte gli insegnanti fedeli al loro ruolo e alla loro matrice di classe e culturale, dall’altra i transfughi, i disertori della borghesia, implacabili nemici dei primi.

Tale contrapposizione non si realizza sulla base delle spinte provenienti direttamente dalla base di determinazione e quindi nel momento in cui la rivoluzione pone i termini concreti della soluzione di classe alla crisi borghese, bensì si realizza in un processo svolgentesi tutto nell’ambito della sovrastruttura e per il quale i riferimenti di tipo sindacale sono pertanto semplici strumenti complementari. Ben indietro, nel processo di preparazione prerivoluzionaria, deve avvenire lo schierarsi degli insegnati con la classe operaia e i suoi interessi storici. Gli insegnanti riformisti non sono operai ingabbiati temporaneamente nella rete della socialdemocrazia oggi imperante, sono bensì agenti consapevoli o meno della conservazione, agenti attivi cioè strumenti reali dell’opera controrivoluzionari della borghesia. A essi dunque - lo ripetiamo - ci si deve opporre con estrema chiarezza e determinazione: per smascherarli come tali, per costringerli a scoprire il gioco antirivoluzionario della classe loro padrona.

L’evidenziazione del solco di classe, di più, è un importante momento di evidenziazione delle contraddizioni capitalistiche agli occhi dei proletari sfruttati e dei loro figli imboniti. È dunque un elemento in più dell’azione di propaganda che i rivoluzionari compiono sul piano generale per la preparazione delle condizioni soggettive dell’assalto.

Nella scuola, come visto, si pongono problemi seri e concreti della classe. Solitamente si tende a far si che la risposta del corpo insegnante appaia unitaria, come risposta cioè della categoria.

In tale manovra risulta sempre emergente la linea conservativa della borghesia.

L’unità ricercata sul concretismo e sul tecnicismo scolastico è di fatto la riproposizione dei meccanismi e dei criteri propri alle strutture della scuola borghese, checché ne dicano i “democratici”.

Le famiglie, i comitati, i genitori vengono intelligentemente abituati a valutare i problemi tenendo in gran conto quella impostazione, dimenticando perciò gli interessi proprie di lavoratori sfruttati.

Questa unitarietà deve essere spezzata.

I rivoluzionari devono battersi perché risulti chiara anche nella problematica della scuola la contrapposizione di interessi fra le classi.

I rivoluzionari pongono i problemi del proletariato: ogniqualvolta i “democratici” sfuggiranno alle loro responsabilità di "amici degli operai" andranno posti innanzitutto al solo vero dilemma e smascherati.

Solo quest’opera implacabile di critica di classe potrà smuoverne alcuni fino alla diserzione. Ma un’opera di questo genere e di questa portata rimarrebbe priva di senso e di reale incidenza se restasse isolata alle singole esperienze.

Poiché lo scopo essenziale che si vuole raggiungere, l’unico valido dal punto di vista strategico comunista, è di operare sulle contraddizioni del sistema capitalista per evidenziarle, per portarle all’esasperazione nei loro aspetti sovrastrutturali, è necessario evitare l’isolamento dei militanti, che verrebbero facilmente e inesorabilmente emarginati e frustrati nella loro azione.

Perciò questa deve essere coordinata, organica: ci si deve muovere per dare un senso concreto alla presenza di una linea rivoluzionaria nella scuola.

Fedeli a tale linea, abbiamo qui di seguito steso una piattaforma di azione in cui vengono individuati i più immediati e pressanti bisogni della classe nella scuola.

Programma per una azione di classe nella scuola

Gli insegnanti e studenti internazionalisti intendono tradurre in iniziative di lavoro concreto sui temi specifici le indicazioni generali del documento dell’aprile 1974.

L’andamento della crisi del sistema produttivo capitalista apertasi nel 1971 non fa che aggravare i problemi e le contraddizioni in cui si dibattono le istituzioni e le forze politiche della borghesia.

L’orientamento generale a sinistra, mentre da una parte obbedisce alla tendenza alla socialdemocratizzazione della società, mirante a imbrigliare la classe operaia sotto il giogo della crisi, d’altra parte non riesce a risolvere i problemi di fondo del capitalismo. L’aumento della disoccupazione, il selvaggio attacco al salario operaio, l’indiscriminato aumento dei prezzi impongono oggi ai militanti coscienti della classe operaia un forte impegno in difesa degli interessi esclusivi della classe che la socialdemocrazia vorrebbe invece identificare con gli interessi dell’economia nazionale da salvare.

Dietro a questa volgare mistificazione si nasconde e neppure molto bene, la ferma volontà dello schieramento socialdemocratico di irretire i proletari nella manovra di compressione delle loro condizioni di vita. Tale manovra, secondo le esigenze di fondo del bilancio statale, indebolito dal selvaggio corso speculativo avviatosi con la crisi, secondo la logica propria al sistema economico borghese, si svolge su tutti i fronti.

Il proletariato viene preso di mira anche sul piano scolastico; da una parte con il tentativo di corresponsabilizzarlo nella gestione di questo istituto, dall’altra riducendo le spese che si volevano indirizzate verso lo smussamento delle punte più acute delle contraddizioni vissute dalla scuola borghese.

Le ultime circolari Malfatti sono chiaramente indicative della volontà borghese di comprimere le spese dello stato a favore di migliori condizioni di vita nella scuola, allo scopo di risparmiare soldi destinati a sorreggere l’apparato produttivo in crisi e il bilancio pericoloso dello stato medesimo.

Gli internazionalisti affermano, contro tutti coloro che pongono l’economia nazionale al di sopra delle classi e delle loro lotte, che l’economia nazionale essendo capitalista è oggetto delle cure e delle preoccupazioni dei capitalisti; la sua sorte non riguarda i proletari, che da essa non traggono che sfruttamento e crisi affamatrici e che dalle sue crisi traggono i motivi per distruggere il capitalismo e costruire una società a misura d’uomo.

Compito dei rivoluzionari che operano nella scuola e dunque quello di opporsi a tali manovre anti-operaie:

  • denunciando la vera natura reazionaria dei provvedimenti che lo stato prende sul piano economico e politico;
  • organizzandosi concretamente per la lotta anticapitalista sul fronte della scuola;
  • organizzandosi dentro e fuori il sindacato per aggregare tutte le forze decise alla difesa a oltranza della classe operaia su una piattaforma politica e su un programma di lotta valido alla crescita delle forze rivoluzionarie.

Fra i temi più importanti e della maggior rilevanza su cui è necessario sviluppare da subito un preciso lavoro di denuncia e di organizzazione è l’introduzione dei decreti delegati.

Indicazioni pratiche per un primo intervento di classe

In tema di decreti delegati il problema apparentemente più scottante è quello degli organi di gestione e della loro elezione. Sia il sindacato che i vari raggruppamenti più o meno socialdemocratici agenti nella scuola operano perché l’attenzione si appunti sui meccanismi elettivi e sulla partecipazione agli organi di gestione. In realtà il problema essenziale sta nel come valutare tali organi. Dalle diverse valutazioni infatti discendono poi le indicazioni concrete di azione.

Gli organi di gestione democratica della scuola nei fatti non sono che la riproposizione in sedicesimo degli strumenti di cui lo stato democratico si serve per condurre quell’opera di compressione e corruzione delle classi sfruttate fintatantoché riesce a mistificare le leggi reali del suo proprio sistema di sfruttamento.

Dello strumento democratico il proletariato non si può servire per modificare le leggi che regolano il sistema. Lo stato si regge democraticamente finché tutte le forze che si muovono all’interno dei suoi istituti sono disposte ad accettare i criteri della sua continuità. La gestione democratica della scuola, parimenti, si garantisce sulla base dell’accettazione da parte di tutte le forze che in essa si muovono dei criteri fondamentali della scuola borghese. A riprova di ciò è il fatto, fra gli altri, che il compito di tali organismo è gestire e assicurare l’efficienza della scuola secondo i principi che la informano e gli scopi ai quali è preposta. Tali organismi avranno dunque la funzione di mediare le spinte in realtà contrastanti che sorgono dallo stato da una parte, dagli insegnanti dall’altra e dai genitori, o utenti, dall’altra ancora.

Le direzioni sindacali, nel dare l’indicazione di una massiccia partecipazione agli organi di gestione sulla base di una valutazione del tutto positiva degli stessi, si mostrano per quelli che in realtà sono: organi di conservazione del sistema operanti sul piano del coinvolgimento dei lavoratori in problematiche del tutto estranee agli interessi del proletariato. La manovra è chiara: il sindacato vuole entrare anche nella scuola da cui era di fatto e fino a oggi escluso. La funzione che intende esercitare ed eserciterà sarà proprio quella di portare avanti il programma socialdemocratico della corresponsabilizzazione della classe operaia alle manovre borghesi.

Non altrimenti si spiega il giudizio positivo che dei decreti delegati dà è il fatto che esso stesso li ha chiesti e contrattati. Va inoltre aspramente criticato il comportamento dei gruppi della sinistra extraparlamentare che da posizioni di "contestazione radicale" della scuola borghese passano oggi, con giustificazioni tatticistiche, su un piano obiettivamente codista alla politica sindacale. Non ha significato criticare i decreti delegati e contemporaneamente evitare di attaccare i sindacati per quello che essi sono, all’interno dei sindacati stessi. Ciò è frutto di un malinteso partecipazionismo rivoluzionario al sindacato stesso.

I rivoluzionari lavorano nel sindacato su una piattaforma rivoluzionaria che in quanto tale è critica del sindacato stesso. Non si può fare la polemica quantitativa con i vertici confederali senza essere da questi sconfitti proprio sul terreno sindacale. Non si può cioè polemizzare con il sindacato soltanto sulla modalità delle elezioni, poiché ciò facendo, se ne accettano di fatto le motivazioni politiche.

Premessi tali motivi, il sindacato è unicamente conseguente.

Il problema dei rivoluzionari è invece quello di attaccare i decreti delegati e gli organi di gestione conducendo fino in fondo tale battaglia. Ciò in concreto significa che la indicazione non può che essere di attacco alle elezioni degli organi di gestione e conseguente astensione. Contemporaneamente si dovranno organizzare le forme di lotta per proseguire nell’opera di smascheramento di quegli stessi organi borghesi. Va portato avanti un programma di lotta valido a quest’opera e alla delineazione di una corrente di classe nel settore scuola.

Nell’immediato, tale programma può essere sintetizzato nei seguenti punti che poniamo a base della nostra lotta immediata:

  1. Abolizione dei libri di testo indipendentemente dalla possibilità che la scuola funzioni efficientemente o meno: i costi della scuola dell’obbligo non devono gravare sugli utenti. Lo stato deve garantire quell’efficienza che richiede e di cui è da ritenersi in pieno il responsabile.
  2. Estensione del tempo pieno in quanto libera le famiglie proletarie dalla preoccupazione di controllare fisicamente i propri ragazzi e poiché apre ulteriori spazi alla lotta contro la selettività, l’autoritarismo e tutti i caratteri borghesi della scuola stessa.
  3. Organizzazione della lotta perché lo stato fornisca alle scuole tutti i mezzi didattici e ricreativi e tutte le infrastrutture necessarie perché la scuola funzioni da centro sociale aperto alla popolazione del quartiere nel quale si trova.
  4. Organizzazione della lotta per l’unificazione dei ruoli.
  5. Organizzazione della lotta contro i criteri borghesi della cogestione: in pratica si tratterà di condurre una costante opera di propaganda, di critica e di stimolo perché i genitori e le loro associazioni si pongano sul piano della difesa dei propri interessi in quanto utenza sociale, interessi mai mediabili con quelli dell’efficientismo dell’istituto scolastico nei termini imposti dallo stato.
  6. Denuncia di tutti i meccanismi attraverso i quali si attua il potere repressivo della scuola sui figli di proletari e sugli insegnanti che contro quei meccanismi si battono.
  7. Denuncia della natura borghese dell’organizzazione scolastica in quanto preposta alla formazione di automi da inserire nella produzione con lo scopo esclusivo di estorcere loro plusvalore o di utilizzarli comunque in funzione del meccanismo di sfruttamento e non invece servizio sociale per lo sviluppo dell’individuo nell’ambito delle sue possibilità e delle sue aspirazioni.

Dall’impegno quotidiano su questi temi dovrà uscire costantemente l’insegnamento che la scuola borghese è inconciliabile con gli interessi proletari e che la lotta al suo interno non può essere scissa dalla lotta politica generale contro il sistema capitalista e dunque dalla politica che condurrà all’assalto rivoluzionario alle istituzioni.

Nessuna deroga è concessa a questa impostazione, pena lo scivolamento più o meno cosciente su di un terreno opportunistico coincidenti con i criteri borghesi della cogestione. Non è ammissibile la dichiarazione di "impossibilità" ad agire, perché la difesa dei principi e dei punti programmatici su esposti è sempre possibile, anche nel caso in cui non si possa tradurre immediatamente in una effettiva pratica di lotta e di organizzazione.

Nel lavoro all’interno dei sindacati i compagni si regoleranno secondo quello stesso programma e in difesa di esso. Ma relativamente a questo punto è necessario individuare quei temi su cui da subito deve svolgersi l’intervento dei rivoluzionari nella scuola.

Il concorsone e i corsi abilitanti. Le confederazioni sindacali, pur criticando a parole l’istituzione e l’inizio del concorsone, non hanno mosso un dito per impedirlo sebbene sia universalmente riconosciuto che ne avrebbero avuto la forza e la possibilità concreta. Già nel 1972 dovevano svolgersi i corsi abilitanti normali e tuttavia, a due anni di distanza ci si ritrova ancora a un nuovo corso abilitante speciale da iniziare.

Stante la forza organizzativa dei sindacati, è evidente una loro precisa corresponsabilità nel ritardo, dovuta alla non volontà di innescare processi evidentemente ritenuti pericolosi per la tranquillità e la stabilità dello stato borghese.

D’altra parte questo tipo di comportamento del sindacato scuola risponde perfettamente alla logica collaborazionista delle direzioni confederali e al ruolo che il sindacato ha assunto di quinta colonna della conservazione borghese.

Nella fase imperialista del capitalismo e tanto più nei suoi momenti di profonda crisi come l’attuale, il necessario accentramento politico, il necessario imbonimento delle masse lavoratrici perché sopportino i danni che derivano dalla selvaggia spinta concentrazionistica e dall’imperversare della crisi economica non si rendono possibili allo stato borghese se non grazie alla fattiva collaborazione dei sindacati che riuniscono le grandi masse dei lavoratori.

Il ruolo che il sindacato si è assunto, in altri termini, obbedisce alla logica della dinamica capitalista. Il sindacato, da mediatore che era nella fase ascensiva del capitalismo degli interessi proletari con la controparte padronale, si è di fatto trasformato in sostenitore della controparte, in sincronia con l’ingigantirsi delle contraddizioni di classe.

Questo ruolo si manifesta su tutti i fronti di azione dei sindacati:

  • Nell’industria, ignorando i reali interessi della classe operaia, dilazionando e diluendo le lotte che sono costretti a intraprendere e spostando addirittura gli obiettivi delle lotte stesse su un terreno riformistico (oggi per di più fallimentare e di fatto collaborazionista).
  • Nella scuola e negli altri settori dei servizi, cercando di appianare al massimo le contraddizioni di interessi emergenti a danno sempre degli interessi e delle categorie lavoratrici e della utenza.

Contro questa prassi costante dei vertici confederali deve essere avviata una profonda azione critica dall’interno, valida a un corretto orientamento della base e all’indicazione della corretta pratica di classe. I punti di lavoro risultano quindi essere:

  • boicottaggio dei concorsi tradizionali;
  • lotta contro l’esame finale dei corsi abilitanti e intrapresa di concrete azioni di boicottaggio.

Quest’ultimo punto apre un problema che i sindacati definiscono estremamente delicato, quello delle graduatorie, che sono ancora basate sui punti di merito di corsi o concorsi.

È evidente che non è accettabile la tesi secondo cui la lotta va bloccata o deviata di fronte a quel problema. È questo un altro esempio di cosa significhi lasciare allo stato borghese i problemi dello stato borghese. Non sono cioè i lavoratori a doversi occupare dei problemi tecnici che un certo tipo di organizzazione dello stato borghese pone a questo stesso. La lotta contro gli esami e i concorsi rientra nella lotta più generale contro la selezione, risponde agli interessi dei lavoratori della scuola e della stessa utenza, intacca un tabù della organizzazione scolastica italiana, quello appunto delle graduatorie di merito.

Ciò è sufficiente perché sia interesse dei lavoratori intraprendere e sviluppare la battaglia per i corsi abilitanti subito e senza esame finale.

Riteniamo sia essenziale condurre la battaglia su queste posizioni nella consapevolezza che da essa può e deve scaturire una maturazione politica rivoluzionaria. Nel momento in cui la lotta si scontra con le reali e insuperabili resistenze dello stato borghese, si pone il problema della sua incapacità storica a gestire situazioni da esso stesso create. Si pone quindi il problema dell’organizzazione politica generale, del collegamento cioè a una piattaforma e a un programma complessivo del proletariato, incarnato dal partito di classe, che anche in quelle lotte trova dunque il terreno concreto per la sua crescita e la sua affermazione nel senso stesso del proletariato.

Su queste posizioni e con questo programma di azione siamo pronti alle più ampie convergenze e chiamiamo alla lotta tutti gli operatori della scuola che si vogliono decisamente schierare dalla parte della classe operaia.

Scuola e politica rivoluzionaria

Per una impostazione di classe del problema scuola - Per una azione di classe nella scuola - 1a edizione 1975

Gruppi sindacali internazionalisti (settore pubblico-scuola)