Postilla sulla crisi interna

Ti accludo la comunicazione mandata al C.E. che pone il problema della crisi al vertice del partito nei suoi termini reali. Non consentiamo esperimenti la cui giustificazione teorica ha provocato la mia uscita dal C.E. e poi quella del compagno Bottaioli; la questione che ci divideva e ci divide è sempre quella della difesa della linea politica prevalente a Firenze, votazione o no. Ora se il centro continua ad essere di altro avviso e ritiene che si possa ulteriormente ingannare la organizzazione, mi pare sia giunto il momento di porre il problema concreto della difesa attiva di tale linea politica applicandola dove materialmente sarà possibile, consenziente o no il C.E. e che grosso modo può essere così sintetizzata:

  1. Respingere apertamente ogni atteggiamento che indichi nella uscita dai sindacati e nel boicottaggio di questi organismi e delle agitazioni la politica attuale del partito.
  2. Partecipare alle battaglie politiche per la Comm. In. con fisionomia propria e propria lista in quei posti di lavoro in cui una manifestazione delle nostre forze sia materialmente possibile e senza l'accettazione dei seggi eventualmente conquistati.
  3. Respingere senza ipocrisia la politica che minimizza i compiti presenti e futuri del partito e restringe la cerchia delle sue attività possibili in obbedienza a preoccupazioni che non si conciliano in nessun modo con una milizia rivoluzionaria.
  4. Riattivare la vita organizzativa e politica del partito partendo dal presupposto che questo si abilita alla lotta rivoluzionaria non sfuggendo alle responsabilità di questa lotta ma affrontando, adeguatamente alle possibilità obiettive, situazioni e forze politiche nemiche quali sono state dialetticamente espresse dalla dinamica del conflitto di classe.

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14 marzo 1951