Bilancio e prospettive della vicenda polacca

Materiali internazionali - Pubblichiamo il testo dell'intervento introduttivo al dibattito sulla esperienza polacca svolto dalla nostra delegazione alla IV Conferenza Internazionale della Sinistra Comunista, tenutasi a Londra dal 2 al 3 ottobre.

La relazione, che sarà pubblicata insieme a quelle degli altri gruppi partecipanti negli Alti di prossima pubblicazione, espone sinteticamente le posizioni espresse dal nostro partito a partire dall'agosto 1980 a proposito di questa stagione di lotte e dei suoi successivi sviluppi, posizioni che abbiamo avuto sempre cura di sistemare nell'ambito di una complessiva visione dei rapporti di classe e dei rapporti interimperialistici nella presente fase storica del capitalismo. Al ritorno dalla nostra delegazione da Londra le notizie provenienti dalla Polonia confermavano appieno la nostra diagnosi e le nostre previsioni. Lo stato polacco ha definitivamente scelto di mettere fuori legge, sciogliendo gli accordi di Danzica, il “sindacato libero” Solidarnosc. Abbiamo scritto in settembre che era escluso che la violenza statale venisse abbandonata a breve: “Essa dovrà continuare, spinta dalla inesorabilità della crisi, sino alla completa liquidazione dell'avversario”. L'avversario concorrente imperialista è stato ora colpito duramente nelle forze po-Miche di direzione di Solidarnosc. Indirettamente è stata colpita la classe che dietro Solidarnosc si muove. Ma le immense masse proletarie restano e restano tutte le spinte materiali alla Ioro ribellione. Gli insegnamenti che abbiamo tratto valgono ancor più oggi, dunque.

Riportiamo in fondo la bibliografia completa dei nostri scritti sulla vicenda polacca e di alcuni testi di carattere generale a cui fare utile riferimento per un più organico inquadramento del metodo impiegato nell'affrontare i problemi politici connessi.

I grandi moti di classe non avvengono per acquisita coscienza della classe nel suo complesso, ma per necessità contingenti, legate aile condizioni di vita. Il fatto che poi questi possano trascrescere e diventare qualcosa di più (insurrezione o rivoluzione proletaria) è determinato, oltre che da precise condizioni obiettive, dalla presenza dal partito di classe e al suo muoversi per far progredire le lotte dal piano rivendicativo a quello più genuinamente politico e rivoluzionario.

Le ragioni delle grandi lotte nell'agosto 1980 stanno tutte nella crisi che ormai da più di un decennio attanaglia il modo di produzione capitalista e dalla quale questo si difende con misure, ad esso obbligate dalla natura, che incrementano le ragioni stesse della crisi portando miseria, disoccupazione, fame ed oppressione al proletariato.

Non è un caso che sia stata la sezione polacca del proletariato ad aprire drammaticamente la fase di scontri di classe che si profila.

La Polonia è anch'essa, come i più nel mondo, uno stato dipendente. La sopravvivenza della sua borghesia è affidata al suo totale assoggettamento ai meccanismi internazionali del capitalismo le cui fila sono rette or-mai da poche grandi potenze, a loro volta vitali perché parassite del mondo.

È dalla crisi del modo di produzione capitalista che la Polonia è stata determinata ad un folle indebitamento estero ed è dunque dalla crisi generale che è stata determinata ad una politica di attacco feroce del proletariato polacco e alle sue condizioni di vita.

L'apparenza di benessere che sopravvive nell'occidente è legata all'affamamento del proletariato di quei paesi che, come la Polonia, si mostrano come gli anelli più deboli della catena imperialista.

Cosi lo stato polacco decideva di abbassare la spesa volta al contenimento dei prezzi dei beni di consumo che copriva oltre il 40 per cento del suo bilancio, smantellando il sistema di intervento che permetteva la garanzia della distribuzione dei beni di consumo di prima-ria necessità per gli operai a prezzi accessibili. I prezzi di tali beni salivano in tal modo alle stelle, recando un danno irrimediabile alle condizioni di vita dei lavoratori. Da queste condizioni di miseria partivano le lotte operaie, lotte condotte direttamente contro l'apparato centralizzato dello stato nel quale e dietro il quale si nasconde il dominio di una borghesia solo nella forma differente da quella dei paesi a capitalismo “privato” (manager, burocrati di stato e di partito, ecc.).

In tal senso le lotte polacche si configurano corne lotte decisamente improntate ad uno spirito e contenuto classisti che sono state e saranno di esempio agli operai di tutto il mondo che si dovessero mettere in moto contro le stangate prodotte dalla crisi, contro gli attacchi borghesi all'occupazione e al salario.

Altre considerazioni si devono fare sul fatto che proprio in Polonia il proletariato abbia dato un primo segno del suo risveglio:

  1. le lotte degli operai polacchi smascherano ancora una volta la barzelletta del “socialismo reale” e della “dittatura del proletariato” che esisterebbe in tali paesi. Se mai ve ne fosse bisogno, dimostrano proprio il contrario, che ci troviamo cioè in presenza di paesi retti a capitalismo di stato, il quale non attenua lo stato di conflittualità tra lavoro salariato e capitale, fra proletariato e borghesia, fra sfruttati e sfruttatori;
  2. le lotte sono state condotte dalla classe operaia in prima persona, nonostante la forza coercitiva dello stato e la feroce repressione che questi è ed è sempre stato capace di dimostrare (repressione durissima delle lotte operaie del 1980).

Ciò torna a dimostrare una acquisizione fondamentale del marxismo: i moti di classe, le contrapposizioni obiettive della classe borghese al potere non solo non sono superate, corne vorrebbero gli ex-comunisti, oggi socialdemocratici borghesi, ma torneranno a verificarsi ovunque nel momento in cui la crisi del capitale, le sue conseguenti spinte antiproletarie daranno al proletariato, secondo l'espressione di Marx “il biglietto di entrata sul palcoscenico storico”. Non solo, i fatti di Polonia dimostrano anche che quando lo scontro fra le classi è un dato obiettivo della stessa dinamica capitalista e il proletariato non è in grado di scatenare l'offensiva politica, la controrivoluzione si impone e vince con la violenza. E il proletariato polacco non ha saputo-potuto scatenare la sua offensiva.

In primo luogo va notata la totale assenza di un partito rivoluzionario che, se non avrebbe con sicurezza condotto alla rivoluzione, avrebbe sicuramente, per lo meno, tentato di impedire il volgere delle lotte verso soluzioni di cui sono state promotrici le forze borghesi della socialdemocrazia e della chiesa.

Con ciò avrebbe inscritto il luminoso episodio polacco nella marcia del comunismo: traendo per tutta la classe le necessarie lezioni per il futuro.

Ma il partito non c'è, ed è anche questo un dato obiettivo. Non c'è lotta economica che non cerchi e non trovi il suo abito politico. Ove manca la coscienza della necessità del comunismo, ove manchi cioè la operatività del programma comunista, altre classi o frazioni di classe si attaccano al movimento rivestendolo del loro carattere politico, del loro programma e delle loro rivendicazioni. In Polonia al movimento di classe operaia si è sovrapposta la piccola borghesia nazionalista e quegli stessi strati manageriali della borghesia che guardano al modello occidentale come alla propria liberazione dal “comunismo”, dall'impero russo. La medesima istintiva avversione operaia al padrone russo, e la imposta identificazione di questo col comunismo, han-no giocato a favore della borghesia: a favore di un filoccidentalismo, tanto disperato quanto impotente.

V'è infine da considerare la sin troppo nota religiosità del popolo polacco; religiosità che ostacola, in quanto dottrina adeguata all'interclassismo, una rimeditazione dei ruoli sociali all'interno della società. L'oppio accecante di una fede bigotta (e alquanto generalizzata) la quale, pur avendo giustificazioni storiche ben precise, si frappone tra l'attuale livello di coscienza della classe (tradeunionista) e l'approfondimento dei terni rivoluzionari nei settori più sensibili del proletariato. Una religiosità guidata dall'alto (dalla Chiesa) e indirizzata verso soluzioni borghesi: in bilico tra accondiscendenza al sistema e propulsione verso “conquiste politiche” di tipo europeo.

Ragioni, queste, che messe insieme ci danno il quadro delle difficoltà vissute da un proletariato tanto disorientato e confuso quanto disponibile alle più dure forme di lotta contro il proprio sistema borghese: quello in veste di capitalismo di stato della borghesia “rossa” polacca.

Dalle lotte dell'agosto 1980 la rivendicazione più importante fu quella del “sindacato libero”. Quello che per gli operai dell'Europa occidentale è ormai una realtà in via di esautoramento, in Polonia era divenuto il grido di guerra. E sindacato fu. Quanto fosse libero lo sperimenteranno gli stessi operai polacchi in un volgere di tempo quanto mai breve: il sindacato “libero” polacco, Solidarnosc, dovrà bruciare le tappe nel presentarsi per quel che veramente è: il tutore ad oltranza degli interessi operai a parole, meccanismo della produzione capitalistica nei fatti.

La sua stessa pretesa autonomistica rispetto al potere centrale è stata inficiata dalla sua stessa genesi politica durante la quale si assumeva, da subito, delle precise responsabilità chiamando la classe operaia alla corresponsabilizzazione nella gestione della crisi.

E certamente non per perversa volontà o attitudine dei suoi dirigenti, i quali, comunque non sono certo dei santarellini, ma perchè ciò è segnato dalla stessa natura del sindacato. Il sindacato, qualunque sindacato, non può che rimanere nello specifico del terreno borghese, anche quando tenterà di utilizzare gli spazi ristrettissimi entro cui si dovrebbero comporre le vertenze, anche le più modeste, dei lavoratori nella morsa della crisi.

Perché questo? Abbiamo, nelle precedenti conferenze internazionali, avuto modo di esprimerci dettagliatamente a tal riguardo. È comunque bene fare anche qui qualche precisazione di natura generale.

Non c'è bisogno di riferirci ai maestri del comunismo (e in particolar modo a Lenin) per informarci della natura di un organismo quale il sindacato; che non si caratterizza in quanto organo rivoluzionario ma, anche quando si trattasse di un “sindacato veramente classista”, di pura difesa degli interessi immediati del proletariato.

Per sua natura dunque il sindacato è destinato a rispondere a delle necessità che sono di mediazione fra classe operaia e padronato. Ma, abbiamo assistito, dappertutto nel mondo (e in particolar modo nei paesi a capitalismo più avanzato), in concomitanza col divenire del capitalismo verso la sua forma (o fase) imperialistica, ad una progressiva modificazione di tale funzione, già limitante e limitata, dei sindacati: essi sono divenuti, da organismi di classe che erano, dapprima dei patteggiatori nella contrattazione della forza-lavoro, e in seguito istituzioni borghesi al servizio del sistema capitalistico, impegnati a salvaguardare l'economia nazionale e le strutture “democratiche” dello stato borghese. Sono dominati in tutto e per tutto dalle classi dominanti che si sono cosi date degli strumenti di controllo del proletariato e di contenimento di qualsivoglia lotta proletaria all'interno dell'alveo del modo capitalistico di produzione (in Solidarnosc ciò si esprime mediante un incauto ondeggiare verso la forma “liberale” dello stesso modo di produzione capitalistico).

Solidarnosc ha segnato la prima sconfitta del movimento in quanto ha istituzionalizzato la debolezza del proletariato, la sua incapacità ad andare oltre il livello tradeunionistico e la sua disponibilità ad una direzione borghese.

Sempre, nella fase imperialista non è pensabile dai comunisti un recupero dei sindacati o la creazione di nuovi sindacati. Tanto più ciò era valido in Polonia dove il riemergere possente del proletariato era determinato dalle spinte obiettive allo scontro fra le classi.

L'esperienza polacca ha cosi nuovamente e drammaticamente dimostrato che:

  1. il sindacato non consente vittorie (né parziali, né tantomento durature) della classe operaia sul padronato o sullo stato;
  2. il sindacato condanna la classe alla sconfitta in quanto illusa da un impossibile soddisfacimento dei propri interessi mediante l'arma del tradeunionismo.

È necessario spezzare l'egemonia del tradeunionismo e delle trade-unions. È cioè necessario operare perché la generalizzazione dei conflitti di classe si armi delle sue armi politiche: il programma comunista.

Parliamo con ciò dei gruppi di fabbrica comunisti, organizzazioni politiche delle avanguardie operaie attraverso le quali il programma rivoluzionario degli scontri di classe conquista, influenza, organizza il proletariato in movimento.

Se è vero dunque che il sindacato libero Solidarnosc appare come strappato con la forza dagli operai polacchi, è anche vero che il suo contrapporsi al regime non era un contrapporsi al capitale. La conquista di Solidarnosc si inscrive nelle lotte interimperialistiche nelle quali il proletariato è oggetto di storia.

Nelle medesime lotte interimperialistiche si inscrive la sua sconfitta, il suo dissolvimento di fatto sotto i colpi della reazione violenta e armata.

Il proletariato aveva già perso la sua prima battaglia.

E questa sua grande battaglia la combatté, e tornerà a combatterla, in quelle forme di organizzazione spontanea (comitati di lotta con delegati eletti direttamente dalle assemblee generali) che era e rimane la forma più alta di organizzazione dal basso della lotta proletaria.

Essere una forza controrivoluzionaria non vuol dire immediatamente essere una forza ben accetta al regime, soprattutto quando si interpretano interessi imperialistici avversi. Non significa neppure essere capaci di ricomporre la contrapposizione di classe che la crisi ha posto in essere, come fatto materiale (material event).

Mentre il liberismo filoccidentale cavalca la tigre operaia, drogata e incapace di trovare da sola la sua strada, Mosca premeva perché si girasse ulteriormente il torchio da cui spremere agli operai il plusvalore per il capitale finanziario dell'ovest e dell'est. Mosca premeva per una soluzione di forza che ad essa non era direttamente consentita. Il ricorso alla violenza militare, in questo caso interna, è ciò che si impone al capitalismo in simili situazioni. Fu colpo di Stato? Si e no. Fu più semplicemente e significativamente l'assunzione da parte dello stato del suo aspetto reale, della sua più nu-da funzione: l'esercizio violento del dominio sul proletariato. L'esplodere nelle cose della lotta di classe tornava a dimostrare ancora una volta la sua vera natura violenta, la storica realtà del rapporto fra le classi e dunque la via che il proletariato dovrà seguire per la sua emancipazione.

Ultime note riguardo la dinamica interborghese di cui Solidarnosc, insieme alla Chiesa e alle sue diverse ramificazioni, era strumento.

Una visione nettamente discorde ancorché borghese, divide i due contendenti: lo sguardo preferenziale verso soluzioni democraticistiche di Solidarnosc è contrapposto alle esigenze centralistiche dell'apparato statale polacco. Le due visioni che sono espressione ideologica di contrapposti interessi di frazioni e strati borghesi di cui non interessa qui l'esame, si concretizzano nei fatti in due strategie politiche. Queste strategie politiche si rifanno a ben precisi interessi imperialistici nello stesso modo in cui ai diversi e contrapposti interessi imperialistici si rifanno quelli delle frazioni di classe suaccennate.

La piccola borghesia della dirigenza di Solidarnosc aprirebbe all'Europa, rispondendo in termini di alleanza o di integrazione al blocco alla già accentuatissima dipendenza economica. La borghesia più direttamente legata all'apparato di Stato, cosi come si è storicamente configurato, e quindi fedele alla ortodossia del “socialismo reale” opera per contenere repressivamente le spinte centrifughe rispetto all'orbita sovietica.

Cosa rappresenta la Polonia per Mosca? Naturalmente un vero e proprio vassallo sul piano economico, integrato nel sistema di divisione del lavoro del Comecon in modo, tra l'altro, da utilizzare lo stesso import dall'occidente per mantenere l'export verso Mosca (cosi funzionano la fabbrica Ursus come i cantieri di Danzica). Forse principalmente però, la Polonia rappresenta quel bastione militare e territoriale verso l'Europa sul quale la Russia ha sempre fatto conto nelle difese del suo territorio. Da secoli la Polonia sconta col sangue e col servaggio questa funzione di cuscinetto, ciò che tuttora ne fa uno Stato precario fin nella sua entità territoriale.

Di più, la Polonia fu sede di quel patto che mantiene la sua forza d'urto e offensiva fintantoché nessuno dei membri, e tanto meno la Polonia dunque, ne metta in discussione l'omogeneità.

L'URSS non pub fare assolutamente a meno di tale omogeneità dopo le sue numerose perdite di posizioni sullo scacchiere del mondo, Medio Oriente compreso. Lo scivolamento anche parziale della Polonia verso l'altro blocco potrebbe rappresentare una pericolosa svolta e un motivo di contagio per gli altri paesi del Patto di Varsavia (già in fermento e alla ricerca dei mezzi più indolori per allentare la morsa dei tentacoli della “arnica” piovra sovietica).

L'intervento armato diretto dell'URSS non c'è stato per due ragioni essenziali:

  1. l'Unione Sovietica non si ritiene pronta a fronteggiare le reazioni a catena derivanti da un suo eventuale col-po di mano;
  2. l'URSS non teme Solidarnosc in quanto sindacato “libero” poiché conosce perfettamente i limiti obiettivi entro cui esso potrà e dovrà lavorare. Se pericolo di intervento v'è stato, se la paura è circolata all'interno del Cremlino si sarebbero manifestati prima, all'apparire delle grandi lotte operaie, quando cioè non si poteva matematicamente calcolare la direzione che esse avrebbero preso. Allora (at that time) il pericolo di un loro volgere in senso eversivo era ancora una realtà.

L'attuale stato di illegalità di Solidarnosc si inserisce dunque nel quadro dei tesissimi rapporti tra questo e le forze borghesi e imperialiste che rappresenta e il potere centrale dello Stato polacco.

Ma la crisi che ha scatenato il movimento complessivo e il ricorso statale alla violenza è quella stessa crisi che acuisce i contrasti, le contrapposizioni imperialiste che la violenza statale è chiamata a “risolvere”. Ciò esclude che a breve il ricorso alla forza militare venga abbandonato. Esso dovrà continuare, spinto dalla inesorabilità della crisi, sino alla completa liquidazione dell'avversario. Se l'avversario imperialista è facilmente individuabile al poliziesco regime di Jaruzelsky e quindi colpibile, non altrettanto è per le immense masse proletarie. Lo scontro armato ha segnato una prima vittoria al capitale e non poteva essere diversamente, dopo l'onda lunga della controrivoluzione che ha investito e disarmato la classe operaia dell'Ottobre bolscevico, e dei rossi anni venti europei.

Segniamo questa sconfitta per trarne le debite lezioni.

  1. La istintiva reazione generale del proletariato di Polonia alla crisi si è trovata di fronte aile manovre politiche della borghesia e della piccola borghesia, lasciandosi condurre politicamente da queste, perché disarmato del programma comunista e ancora più perché isolato in una Europa ancora drogata dalle vestigia di un benessere imperialista. Il riarmo della classe in Polonia non potrà mai più essere un fatto isolato dal riarmo generale, internazionale, del proletariato.
  2. La ripresa stessa delle forze politiche di classe, il loro organamento al proletariato avverrà nella crisi delle impalcature sovrastrutturali d'Europa, analoghe a quella polacca, alla sola condizione che le esigue minoranze d'oggi abbiano saputo operare in questa prospettiva.

Sta cioè aile esigue minoranze rivoluzionarie di oggi piantare nella classe operaia quei nuclei di rottura della gabbia socialdemocratica e opportunista che consentiranno l'orientamento degli operai verso il polo comunista, unica possibilità per lo svolgimento vittorioso dello scontro fra le classi.

Settembre 1982, Partito Comunista Internazionalista (Battaglia Comunista)

I nostri precedenti scritti sull'argomento

  • Polonia: la lotta operaia non deve cadere in pasto agli sciacalli, Battaglia Comunista n. 9, 1976.
  • Il proletariato polacco in lotta contro “l'equilibrio economico” del capitale, B.C. n. 10-11, 1976.
  • Dalla Polonia un esempio di lotta per il proletariato internazionale, B.C. n. 11. 1980.
  • Il “vento del Baltico” riconferma analisi e prospettive del marxismo, B.C. n. 12, 1980.
  • Polonia: l'apparato accetta Solidarnosc, B.C. n. 14, 1980.
  • Il proletariato polacco nella trappola del nuovo sindacato, Prometeo IV serie, n. 4, dic. 1980.
  • Polonia: il limite del movimento è il sindacato, B.C. n. 3, 1981. Cid che resta del moto polacco è contro il sindacato, B.C. n. 12, 1981.
  • Speciale Polonia, 6 pagine del n. 1-2 di B.C. 1982.
  • Polonia, Italia, mondo: stessa crisi, B.C. n. 3, 1982.
  • Polonia: Otto settimane di assedio e Sulla Polonia opportunisme e menzogne, B.C. n. 4, 1982.
  • Polonia: dopo l'agosto il maggio, B.C. n. 8, 1982.
  • Il proletariato polacco ha bisogno di autonomia. Democratici e falsi sinistri gliela negano, B.C. n. 13, 1982.
  • Manifestazione nazionale per la Polonia: quale solidarietà?, B.C. n. 4, 1982.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.