Bologna la rossa... Ma quando mai!

Cade il mito (falso) di Bologna rossa, la crisi avanza e la sedicente sinistra non sa che pesci pigliare

Si è conclusa anche questa tornata elettorale che ha registrato, sostanzialmente, un arretramento della sinistra tanto nelle elezioni europee quanto in quelle provinciali e comunali.

In particolare sulla stampa borghese ha avuto grande risalto la sconfitta della sinistra (DS in particolare) nella roccaforte rossa d'Italia: Bologna.

Da questo risultato che sicuramente non ci fa cadere nello sconforto, al contrario di molti alternativi che giocano a fare i rivoluzionari e, da dopo le elezioni, non hanno ancora smesso di piangersi addosso, dobbiamo trarre le dovute conseguenze: Innanzi tutto dare un eccessivo risalto alla vittoria di Guazzaloca è fuorviante, infatti, analizzando i risultati in maniera seria, rapportandoli cioè all'insieme degli aventi diritto e non solo ai votanti, possiamo dire che la destra ha vinto con il 33,7% dei voti, la Bartolini ne ha avuti il 32,8%, mentre le astensioni sono state il 33,5 (comprendendo schede nulle e bianche) dato tanto più significativo in quanto Bologna si è sempre distinta per l'alta affluenza alle urne.

Anche a Bologna, Pci-Pds-Ds paga in casa sua i costi della crisi economica che investe globalmente il sistema capitalista e che si fa avvertire localmente nei tagli all'assistenza di competenza comunale, all'avvio di privatizzazioni, all'intensificazione dello sfruttamento agevolando il padronato e le imprese e non facendo parola della tutela dei lavoratori per quanto riguarda salario, stabilità dell'impiego, ritmi di lavoro e assistenza. Infatti oltre alle tante belle parole e promesse di rito, nessuno parla della guerra che si è appena conclusa, nessuno parla della sicurezza sul lavoro (sono stati 140 nel '98 i morti sul lavoro in regione, 24 più del '97), nessuno parla di creazione di posti di lavoro veri, ossia che durino più di alcuni mesi (contratti a termine) e che possano permettere, per esempio, a un giovane di avere una vita indipendente con un salario decente, invece dell'ultra sfruttamento delle cooperative o del continuo precariato delle agenzie di lavoro interinale (forma di lavoro che si sta affermando in tutta Italia ed in particolare proprio a Bologna).

Nessuno parla di legalizzare le centinaia di occupazioni in nero di lavoratori immigrati e non, che oltre a subire super sfruttamento a salari da fame vengono sgomberati, nonostante mogli e bambini piccoli, solo perché il comune preferisce speculare sugli alloggi piuttosto che affittarli, nessuno parla del degrado dell'assistenza pubblica... E di quante altre cose non parlano! Non parlano dell'inasprimento delle condizioni di vita (economico e sociale) di chi deve lavorare per vivere, di chi è costretto a spaccarsi la schiena per studiare o fare studiare i figli. Non parlano dell'Atc che denuncia suoi dipendenti solo perché espongono un manifesto contro la guerra sull'autobus. Non parlano di questo; ma parlano di aumentare vigili e poliziotti (che vengono pagati con le tasse prese dalle buste paghe dei lavoratori...).

Sì perché oltre a non parlare di certe cose utilizzano anche strani metri di misura: agli industriali, imprenditori, capitalisti, vogliono regalare denaro, ai proletari invece lo vogliono togliere (lo chiamano, sostegno alle imprese, solo che le imprese non investono assumendo nuovi lavoratori ma investono comprando macchinari che utilizzano meno lavoratori o nella speculazione finanziaria) Allora il Pci-Pds-Ds paga con la sconfitta elettorale, anche se di misura, l'impossibilità di mantenere quei "privilegi" e quel minimo di benessere economico della classe lavoratrice elargiti in cambio della pace sociale in una fase di espansione economica.

Negli ultimi anni c'è stato un lento, ma deciso, imborghesimento della popolazione del centro cittadino: i proletari sono, in buona parte, emigrati verso i paesi della cintura dove si è spostata la produzione, innescando quel fenomeno di invecchiamento della popolazione della periferia (in gran parte pensionati) e lasciando spazio nel centro cittadino ad una popolazione in gran parte agiata e benestante, che vota in gran parte a destra.

Così la Bologna operaia si è decisamente ridimensionata per lasciare spazio a banche, gioiellerie e appartamenti di lusso. La fine di Bologna la rossa si colloca quindi nel quadro della crisi della crisi del capitalismo che negli ultimi anni ha dimostrato di essere irrefrenabile trascinando con sé tutte le illusioni create dalla sinistra borghese di poter costruire a suon di riforme se non proprio il socialismo una società perennemente tesa allo sviluppo e a una maggiore giustizia sociale. Caduta l'illusione era ovvio che prima o poi cadesse anche chi nel corso del tempo aveva provveduto scientificamente ad alimentarla e Bologna, che rossa non è mai stata, ma che dell'illusione riformista era il simbolo per eccellenza non poteva non fare altrettanto.

L&T

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.