Implicazioni tattiche: la questione sindacale

Non è un caso se la maggior parte delle lacerazioni avvenute nei gruppi e sottogruppi figliati dal bordighismo, ha quasi sempre trovato la sua prima origine nella questione dei cosiddetti "compiti pratici" del partito (stabiliti e trasmessi a "scatola chiusa" sulle teste della "cirenea base") e quindi della sua concezione, natura e ruolo. Gira e rigira, la bestia nera dei bordighisti finisce col far sempre capo a quelle "dirette e vitali implicazioni tattiche" che dovrebbero legarsi alla corretta "ricostruzione" dei punti teorici. Ma tra una organicità e una invarianza, i conti non sono mai tornati, a cominciare dalla irrisolta questione sindacale. Attorno a quest'ultimo ostacolo, i bordighisti si sono giocati buona parte delle loro "rotture organizzative", e fra le macerie qualcuno di loro ammette di aver dormito a lungo prima di:

risvegliarsi alla coscienza che fra il livello del movimento reale e le parole d'ordine da noi agitate per due o tre anni [e per quelle sostenute nei precedenti anni, silenzio assoluto! - ndr] correva un abisso.

Programma Comunista - 1975

I dubbi sulla irreversibilità o reversibilità del processo di inserimento del sindacato nello Stato capitalista durano da oltre mezzo secolo, sia nel pensiero bordighista che in quello dei suoi epigoni. Questi ultimi forniscono oggi risposte più ambigue; qualcuno ritiene tale processo definitivamente compiuto ma soltanto fino alla vigilia della rivoluzione, quando cioè si invertirà nuovamente a seguito della penetrazione in esso del partito comunista.

Bordiga ha sempre considerato il sindacato quale "organo indispensabile per la mobilitazione della classe sul piano politico e rivoluzionario" (Tesi caratteristiche del 1951). Ammetteva però che il tutto si rendeva impossibile nelle organizzazioni economiche "divenute parte integrante dell'apparato di Stato". Da un lato, dunque, la constatazione che il sindacato - organismo intermedio apolitico - nella fase imperialista viene politicizzato dallo Stato borghese e dai partiti che in esso operano; dall'altro la convinzione che l'organismo intermedio generale è indispensabile al partito di classe. A questo punto della evidente contraddizione in cui si trovava, Bordiga sceglieva una prudente attesa, nella prospettiva di favorire la rifondazione di un altro organismo di forma ancora sindacale, cioè apolitica.

Ripercorrere lo schema proprio alla tradizione classica del movimento operaio diventava una comoda "necessità storica", affinchè il partito potesse svolgere indisturbato il proprio lavoro politico tra le masse. Per il Bordiga 1951, la degenerazione del Sindacato "è un processo che non può essere dichiarato irreversibile. Non è storicamente da escludere il risorgere dei sindacati classisti. Certamente quei sindacati si formerebbero in una situazione di avanzata o di conquista del potere". La questione sindacale veniva così risolta esclusivamente con la riproposizione teorica delle Tesi formulate nella situazione del primo dopoguerra, e nella speranza di un ricostituirsi della "solida base di un inquadramento sindacale operaio veramente autonomo". E anche se al momento il sindacato si presentava "tricolore, sul modello mussoliniano", Bordiga si dichiarava convinto che "l'influenza e l'impiego di inquadrature associazioniste sindacali è stadio indispensabile per ogni movimento rivoluzionario diretto dal partito comunista".

Ci chiedevamo con Damen: perchè mai, in una situazione di avanzata, il raggruppamento delle forze proletarie dovrebbe attendere il ripetersi della prassi tradizionale del sindacato? E rispondevamo: in una tale situazione il raggruppamento rivoluzionario del proletariato avverrà "attraverso nuovi organismi di massa (Consigli di fabbrica, Soviet o altro, come in Russia o in Germania) strutturalmente e politicamente più idonei del sindacato a sentire in concreto, sotto la guida del partito rivoluzionario, i problemi del potere".

Per il Bordiga 1951, invece, le prospettive sindacali erano: o la riconquista interna violenta, "a legnate", delle organizzazioni sindacali; o la formazione di nuovi sindacati. Il sindacato - in piena epoca imperialista - rimaneva un potenziale organo rivoluzionario ("indispensabile per la mobilitazione della classe sul piano politico e rivoluzionario"), stante la presenza e la penetrazione del partito comunista. Questo organismo intermedio continuava a essere considerato (ma ormai solo idealisticamente) come il migliore, in quanto non politico, per funzionare come cinghia di trasmissione tra il partito e la classe. Anche e persino nel caso del sindacato più retrivo; anche quando "la direzione del sindacato cada sotto l'influenza capitalista" (Tesi 1951).

Come mai? La risposta di Bordiga era: "Perchè i sindacati sono composti esclusivamente di lavoratori", indipendentemente dalle loro idee politiche. (A parte il fatto che - trasformatosi il sindacato in un pezzo, in un ingranaggio dell'apparato statale borghese - la sua apoliticità diventa la politicizzazione del rivendicazionismo riformista, del contrattualismo per la conservazione del capitalismo.) La posizione corretta era per noi un'altra: al partito interessano quegli organismi intermedi di lotta economica, per il fatto dei proletari che in essi si trovano. A condizione che la nostra azione critica di rieducazione classista e di orientamento politico abbia gli spazi e le possibilità necessarie.

Da una virata all'altra

Qualche anno più tardi, si verifica una prima clamorosa capriola: i bordighisti passano da un sentimento di schifo verso i sindacati del tricolore alla improvvisa scelta preferenziale della Cgil rispetto a Cisl e Uil. Scelta che - secondo Programma n. 11, 1960 - poggiava su un "elemento discriminativo" di natura storica: l'origine e il passato classista della prima.

La "difesa della Cgil rossa" coincideva con la ripresa delle lotte rivendicative degli anni sessanta; una ripresa che trascinava i programmisti, dopo il pessimistico decennio 1950-60, verso la nuova fase ottimistica di rincorsa al movimento piccolo-borghese del 1968. E la febbre dell'attivismo sindacale era salita in Programma dopo la previsione delle "nuove rivoluzioni che forse non debbono attendere più di un decennio da ora per l'azione sul piano della scena storica". (Bordiga, 1965)

La Cgil diventava il "sindacato operaio tradizionale, che conserva ancora una parvenza di classe", mentre gli altri sono i sindacati bianchi e gialli. Avanti, quindi, con la costituzione di una corrente rivoluzionaria nel seno della Cgil, verso "l'abbattimento violento dell'attuale direzione controrivoluzionaria e opportunista, la sostituzione dei capi traditori con dirigenti fedeli agli interessi operai, per il ritorno a un'unica organizzazione compatta e invincibile". (Programma 1965)

Il centralismo organico consentiva il repentino cambiamento di rotta senza perdite di tempo con superflue giustificazioni del Centro del partito - custode della invarianza del programma - di fronte alla base dell'organizzazione. I militanti bordighisti si iscrivevano alla ritrovata Cgil, eguagliata alla Cgl del 1921, poichè improvvisamente non si trattava più di "una questione di valutazione personale". Sempre scimmiottando il 1921, si formava "l'Ufficio Sindacale Centrale del Partito" e la Frazione sindacale, pronta nel 1969 a "una vita illegale e poi clandestina"...

Mentre Bordiga era impegnato nel commentare "scientificamente" le imprese spaziali di russi e americani (commenti che meriterebbero un capitolo a parte), Programma proclamava: "I comunisti rivoluzionari si astengono da qualsiasi gesto che tenda a dividere l'organizzazione sindacale, di cui eseguono disciplinatamente le disposizioni regolamentari, le agitazioni, le lotte e gli scioperi, nei quali i comunisti sono esempio di combattività operaia" (Programma, n. 13 - 1966).

Contro l'unificazione sindacale con Cisl e Uil si invitavano gli operai a "battersi nel sindacato di classe della Cgil", già sindacato tricolore e ora sindacato potenzialmente "rosso". Infine, nel 1970, si organizzano i "Comitati di difesa della Cgil per la rinascita del sindacato di classe".

Successivamente, e dopo tutta una serie di episodi e prese di posizione quanto meno sconcertanti, si cambia nuovamente rotta: soppressione dell'Ufficio Sindacale Centrale e varo delle nuove Tesi sindacali del 1972. La posizione degli epigoni bordighisti è ora quella di auspicare e seguire il formarsi di "organismi intermedi", non meglio specificati, fra s‚ e la classe, poichè:

il quadro mondiale postbellico dell'associazionismo operaio è dunque quello di sindacati o direttamente inseriti negli ingranaggi statali (blocco orientale) o vitalmente legati a essi per vie tanto più efficaci quanto più ipocritamente sotterranee (blocco occidentale).

Programma, n. 3 - 1972

Un processo, finalmente, riconosciuto come irreversibile dagli epigoni? Si e no, poichè a questo punto e tra le varie giravolte rimane ancora "la certezza della reversibilità del processo", che riguarda però "la separazione della classe dal suo partito". Vi sarà, cioè, la crisi economica e la ripresa della lotta di classe, col ritorno del partito e "la rinascita di organizzazioni di massa, intermedie fra la larga base della classe e il suo organo politico. Queste organizzazioni possono anche non essere i Sindacati - e non lo saranno nella prospettiva di una brusca svolta nel senso dell'assalto rivoluzionario, come non lo furono essi ma i soviet, in una situazione di virtuale dualismo del potere, l'anello di congiunzione fra partito e classe nella rivoluzione russa" (Programma, n. 3 - 1972). La "forma sindacato" dovrà allora risorgere, ma dopo la presa del potere...

Il posto dei militanti bordighisti era ora nella Cgil non perchè questa veniva giudicata "di classe", ma perchè costituiva "il campo specifico di azione del peggiore e principale agente della borghesia, l'arciopportunismo stalinista". Le altre confederazioni - si aggiungeva - sono di origine padronale, mentre la Cgil avrebbe avuto se non altro "una etichetta non ingloriosa, un passato sia pure remoto". Non si puntava più alla "frazione" poichè la "parziale natura classista" del sindacato era improvvisamente scomparsa. E per quanto riguardava l'unificazione sindacale, fin lì contrastata accanitamente, le si riconosceva improvvisamente una possibilità di "influenza positiva", offrendo "argomenti politici possibili di essere utilmente sfruttati" (Programma, n. 3 - 1972).

E qui, al colmo di una confusione decisamente... invariante, passiamo ad altre problematiche del pensiero bordighista.