Sullo sciopero della scuola del 17 febbraio

Ai "trionfi" del riformismo corporativo bisogna opporre la lotta e l'unità di classe

"Un trionfo!". Così i Cobas della scuola, nel loro comunicato ufficiale (vedi il Manifesto del 18/2 e la rete telematica), hanno commentato lo sciopero del 17 febbraio, da essi stessi indetto assieme ad altri sindacatini similari.

In effetti, probabilmente non si è mai registrata un'astensione dal lavoro così alta da parte dei lavoratori della scuola, e il corteo di Roma era indubbiamente gremito di insegnanti, giustamente indignati contro il cosiddetto concorsaccio che doveva mettere in pratica il famigerato art. 29 del contratto, quello che prevede la differenziazione dei docenti in base a funzioni e stipendi "maggiorati". A parte però la spudorata esagerazione dei dati riguardanti lo sciopero - si parla addirittura dell'80% di scioperanti e di 100.000 persone in manifestazione - il che la dice lunga sul metodo dei nostri "antagonisti" che, come i più consumati politicanti, ingannano il "popolo bue" per conquistarne un facile e passivo consenso, ciò che forse colpisce maggiormente è che i Cobas sono ulteriormente sprofondati nella palude della demagogia e del corporativismo interclassisti. Né prima, né durante, né tanto meno dopo la "lotta" si è mai fatto il men che minimo accenno al ruolo comunque di classe della scuola - sia essa pubblica o privata, con o senza finanziamenti statali - e all'attacco complessivo che la borghesia sta portando al mondo del lavoro salariato/dipendente, dunque alla necessità ineludibile di legare su un unico terreno di lotta anticapitalista tutti i lavoratori. Inoltre, i Cobas, secondo la loro natura contrattualistico-corporativa, hanno accettato la stessa logica della sedicente professionalità di governo, confederali e SNALS ossia il principio dell'obbligatorietà del famigerato aggiornamento, alzando però demagogicamente la posta in gioco, riproponendo obiettivi che per essere raggiunti necessitano di ben altro che qualche sciopero sporadico, indetto - particolare non trascurabile - nel pieno rispetto delle concertate e parafasciste leggi antisciopero. È molto facile, infatti, reclamare a gran voce un anno di congedo interamente pagato (anno sabbatico) per "aggiornarsi"; è ancor più facile esigere uno stipendio europeo, vale a dire aumenti molto consistenti. Meno facile, invece, anzi inconcepibile e impossibile per questi demagoghi dichiarare onestamente che queste richieste vanno esattamente nella direzione opposta di quella intrapresa dal capitale oggi, tutta volta a tagliare salari e stipendi diretti e indiretti (lo stato sociale), a ridurre l'occupazione per recuperare "competitività" (profitti) a precarizzare a tal punto i lavoratori da metterli in totale balìa dei padroni o "di chi ne fa le veci" (i presidi-manager). Non per rassegnarsi a tutto ciò, ma, al contrario, per puntare obbligatoriamente a quell'unità di classe di cui abbiamo parlato. Ma l'onestà, non diciamo politica, bensì anche solo intellettuale, è, come si diceva, merce rara nel variegato eppure unitario mondo del sindacalismo sedicente di base. Nel trionfalistico comunicato dei Cobas, infatti, oltre alle "sparate" già rilevate, non ci si fa scrupolo di giocare ambiguamente con le parole per affermare che la "giornata storica" del 17 ha "seppellito definitivamente ogni ipotesi di concorsaccio a premi e l'art. 29", quando la realtà è ben diversa. Infatti, se è vero che il concorso è stato annullato, è però altrettanto vero che né Berlinguer né i suoi complici sindacali hanno la benché minima intenzione di abolire l'articolo in questione, cioè di rinunciare alla filosofia stessa del contratto nazionale, che mira - come è stato detto molte volte sulla nostra stampa - ad aziendalizzare l'istituzione scolastica, compreso, naturalmente, il personale docente e non docente. Non c'è intervista o dichiarazione in cui il ministro non ribadisca (al pari dei suoi degni compari sindacali) la ferma intenzione di dare corpo a quanto contenuto nell'art.29, se mai riconoscendo strumentalmente l'errore di aver concepito un meccanismo di selezione che umiliava la categoria insegnante. Una categoria che, nonostante il sussulto di metà febbraio, rimane ancora pesantemente intrisa di aspirazioni corporative di cui, e siamo sempre lì, i Cobas si fanno ampiamente carico. Non è un caso, infatti, che lo sciopero abbia visto la partecipazione - per certi versi imprevista - di molti insegnanti dichiaratamente di destra, confortati dal fatto che parecchi deputati del Polo, per motivi di bottega, si erano espressi contro il concorsaccio e che al sit-in della GILDA davanti al ministero (incomparabilmente meno affollato del corteo) Fini abbia potuto tranquillamente tenervi un comizio. Ma ai Cobas, che sono di bocca buona interclassista, tutto questo non interessa, cioè non interessa fare chiarezza politica e ancor meno indicare ai lavoratori in lotta (o agitazione) discriminanti e prospettive antiborghesi che li elevino dal puro e semplice - nonché gretto e corporativo - rivendicazionismo. Allora è del tutto normale esultare perché gli insegnanti della GILDA si sono uniti "festosamente ai Cobas [...] sotto il Ministero" senza prendere almeno le distanze dall'atteggiamento acquiescente dimostrato dagli insegnanti suddetti di fronte allo strumentale show di uno dei più biechi rappresentanti del circo parlamentare.

Dunque, se il 17 febbraio è stata senza dubbio una data importante, è ancora troppo poco per poter affermare che i lavoratori della scuola sono usciti dall'apatia e dalla passività e ancor meno che tutto questo possa trascrescere su di un terreno di classe - anzi!; di certo c'è che una volta di più gli "eroi" del 17 febbraio hanno confermato il loro ruolo di estremo argine sinistro di contenimento delle spinte dei lavoratori, ruolo di cui chiedono un riconoscimento ufficiale da parte del ministero.

Ma di certo c'è anche che da parte nostra non ci stancheremo di indicare nella ripresa delle lotte vere, dal basso, autenticamente autorganizzate in una prospettiva anticapitalista, l'unica strada per poter rialzare la testa, oltre e contro i fumi velenosi di qualunque sindacalismo, nel cielo pulito della lotta di classe!

Appendice

Sul Manifesto del 13 febbraio, il capo dei Cobas - Bernocchi - evidentemente in preda a un riformistico delirio di onnipotenza, dichiarava che gli insegnanti sono "stati protagonisti della lotta contro il finanziamento della scuola privata, che infatti non è passato". Ancora una volta la realtà si è incaricata di smentire le sbruffonate di questi "cacciaballe": venerdì 3 marzo è stata definitivamente approvata la legge sulla parità scolastica che, oltre al finanziamento delle scuole private, introduce legalmente la possibilità di abbassare del 25% lo stipendio attraverso la prestazione di lavoro "volontario". Purtroppo, finora, il personale scolastico non sembra aver dato segnali di ribellione...

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.