Occupazione virtuale e disoccupazione reale

Il lavoro precario, atipico e flessibile, a salario dimezzato, ultima offerta del capitale ai cittadini proletari

Quella del posto fisso è ufficialmente una "abitudine di vita" superata nella metamorfosi subita dal mercato del lavoro in tutti i settori, industriali e amministrativi, pubblici e privati. La borghesia proclama dunque la fine del "mito" del lavoro sicuro, a tempo pieno e indeterminato. Non si tratta più di ipotesi e previsioni prese a tavolino ma di un accelerato processo "evolutivo" in pieno svolgimento, come noi lo abbiamo analizzato e denunciato da tempo.

Il capitale anche in questa situazione ha travolto i limiti, i lacci e lacciuoli che imbrigliavano le sue nuove "necessità", e legalmente va imponendo l'imperativo categorico di un mercato del lavoro libero, cioè flessibile e precario, senza l'impaccio di tutele e garanzie, sia normative che salariali, e con condizioni "personalizzate" secondo le esigenze produttive e competitive delle singole aziende e dei vari settori.

La vecchia occupazione (il lavoro Standard) si sta sgretolando e avanza quella nuova (il lavoro atipico): part-time, job-haring (quelli che lavorano in coppia), in affitto, telelavoro, i servizi ai fastfood e ai call center, eccetera. Ovvero decine di migliaia di momentanee occupazioni attorno alle quali far ruotare, per pochi mesi ciascuno, le centinaia di migliaia di disoccupati cronici e di esuberi annualmente espulsi dai posti fino a ieri considerati fissi. Una emorragia costante che - dati Istat - nel dicembre scorso ha ridotto l'occupazione nell'industria di 21.000 unità e nei servizi di 4.400, con una "flessione media" nel 1999 pari al 3,1% nell'industria e allo 0,4 nei servizi.

La provvisorietà e la bassa remuneratività dei nuovi lavori sostitutivi, se momentaneamente e specie per i giovani possono rappresentare una alternativa al...nulla, diventano un vero e proprio baratro di impoverimento ed emarginazione sociale se misurate sulla scala di una normale sopravvivenza fisica e relative condizioni di vita, tanto individuali che familiari. A proposito: i giovano che oggi "corrono", per esempio, come pony express, che cosa faranno dopo i 30 anni d'età? L'ipocrisia borghese arriva al punto di sostenere che proprio questa è la richiesta, sotto forma di larghi spazi di tempo...libero, proveniente direttamente dai "cittadini" proletari. E si esaltano addirittura i "benefici economici e sociali" del nuovo lavoro precario, andando però immediatamente a sbattere la testa contro il problema dei problemi, ovvero: si riuscirà a creare lavoro salariato, sia pure incerto e a...rate, sufficiente per "accontentare" tutti? (Questo non significa affatto che un esercito proletario di riserva non faccia comodo al capitale nel mercanteggiare ai più bassi livelli il prezzo della forza-lavoro. Si tratta solo di controllare il pericolo di disordini sociali che a lungo andare si va materializzando.)

Ecco quindi la banda dei pifferai borghesi che sale sul palco e intona l'inno del "dinamismo" caratterizzante l'occupazione parziale e flessibile. Pezza d'appoggio: i bassi indici della disoccupazione negli Usa (truccati, su riconoscimento generale!), la centrale dominante dell'imperialismo a cui l'Europa guarda con invidia concorrenziale e insorgenti sentimenti di...vendetta, per il momento commerciale e finanziaria, da parte del capitale in divisa monetaria "euro".

Intanto la quota media europea di lavoro parziale si avvicina al 20% del totale dei lavoratori e quella dei contratti a termine al 15%.

E già nella pur "arretrata" Italia un impiego su cinque non è più fisso, senza contare quelli in nero.

Questa è la via, senza possibilità di ritorno, ufficialmente e definitivamente imboccata dal capitalismo nella sua fase di crisi dell'accumulazione (tendenziale caduta del saggio del profitto). Ed è su questa strada, dove sorgono indubbiamente nuovi ostacoli e si complicano anche i nostri interventi, che va impostata e concretizzata la risposta del proletariato, la classe costretta a pagare il conto salatissimo dell'attacco sferrato dal capitale per la propria conservazione. Diventa perciò di fondamentale importanza il lavoro per la costruzione e il rafforzamento organizzativo del principale strumento di guida teorico-politica, il partito comunista. Senza di esso, concretamente presente ed operante, anche l'auspicata e attesa ripresa di una minima difesa proletaria rischierebbe soltanto di fare da alibi a immobili e contemplative posizioni.

cd

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.