Siamo tutti anticapitalisti?

Le dimostrazioni contro la Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale negli ultimi mesi sono il segno che il sistema capitalista non è la “fine della storia”. Ma per quanto importanti siano state queste dimostrazioni, hanno anche mostrato quanto sia difficile la strada verso la rivoluzione.

Innanzi tutto non sarà attraverso le manifestazioni, per quanto attraenti siano, che porremo seri ostacoli al capitalismo. Questo può essere fatto esclusivamente fatto nella situazione nella quale i profitti capitalistici sono prodotti. E qui è solo la classe lavoratrice che produce i profitti stessi che può porre ostacoli, agendo collettivamente. Solo paralizzando il sistema di produzione lo potremo abbattere.

Ma a Washington si è evidenziato un altro inciampo per la classe operaia. Gli operai organizzati dai sindacati partecipanti alla manifestazione non solo sono stati trascinati via dai riformisti vari, che chiedevano che la Banca Mondiale, il FMI la OMC diventino... più democratici. Sono stati anche esposti alla xenofobia anti-cinese dei boss sindacali del settore pubblico (SEIU) che reclamavano che la Cina sia bandita dalla OMC perché è “il lavoro a basso costo cinese che porta via posti di lavoro negli Usa”. Questo equivale al nazionalismo reazionario al quale sono stati soggetti gli operai inglesi di fronte alla chiusura della Rover e gli operai italiani in tante simili occasioni.

L’oscenità del sistema capitalista, che rich iede che la metà del mondo sia alla fame per mantenere alti i profitti e basso il costo del lavoro in giro per il pianeta, gradualmente sta presentandosi anche nelle metropoli. Tuttavia essere “anticapitalisti” è una cosa. Altra cosa è capire quale sia l’alternativa. Il capitalismo “riformato” è sempre capitalismo. Si ripresenterebbero sempre gli stessi problemi dello sfruttamento, dell’affamamento e delle guerre imperialiste. La storia non presenta mille e una soluzione. L’unica alternativa al capitalismo è una società dove la produzione è fatta per i bisogni, e non per il profitto; dove moneta, guerre e frontiere nazionali siano state abolite. È la medesima società concepita da K. Marx 150 anni fa. Ma per giungere al comunismo i lavoratori devono adottare il programma comunista e creare le proprie organizzazioni di classe. Questo è il significato del manifesto per il Primo Maggio che ripubblichiamo in questa edizione internazionale di Aurora.

Fogli operai

//Aurora// è il "//Foglio internazionale di intervento operaio//" che, per iniziativa del BIPR, viene prodotto e diffuso (identico nella prima pagina) nelle fabbriche e nei quartieri proletari di Italia, Gran Bretagna, Francia, Usa, Canada, Colombia.

Esso concretizza la unitarietà e omogeneità politica delle avanguardie rivoluzionarie a scala internazionale e per questo si caratterizza come un passo avanti, seppur piccolo, nel processo di costituzione del partito internazionale al quale puntano i compagni che lo producono e diffondono.

In Gran Bretagna sostituisce nelle sue funzioni la testata //Workers' Voice//: la agitazione all’interno della classe operaia, a partire dai problemi concreti e immediati del proletariato, delle indicazioni politiche di classe e rivoluzionarie. Negli altri paesi funge da primo organo di intervento unitario dei gruppi e compagni simpatizzanti del BIPR.

Invitiamo tutti i lettori simpatizzanti, anche isolati, a richiederne copie alle nostre sedi o alla amministrazione centrale, per aiutare l’organizzazione nella diffusione negli ambienti proletari.

Oltre ad //Aurora// il PCint pubblica e diffonde nelle fabbriche e sui posti di lavoro //Lotta di classe//.

Edizioni in lingue diverse dall'italiano sono disponibili nelle [[/ | altre sezioni del sito]].