Il mito idealistico della specie nella concezione del partito

Fino a tutti gli anni 1960 e i primi anni 1970, era convinzione diffusa anche nel nostro partito che, dopo un periodo più o meno lungo di decantazione, la ricomposizione dei diversi tronconi in cui si era divisa, a partire dalla scissione del 1952, l'area internazionalista sarebbe stata, in considerazione di un percorso storico che per la sua gran parte era stato comune, un approdo se non certo, almeno molto probabile.

L'esplosione, agli inizi degli anni 1970, della crisi del ciclo di accumulazione capitalistica avviatosi dopo la seconda guerra mondiale, ci parve l'occasione per tentare una verifica tesa a valutare quale fosse lo spessore reale delle divergenze che dividevano quest'area e quanto di comune era rimasto del patrimonio della Sinistra Italiana a cui essa tutta si richiamava.

I risultati furono deludenti sia perché a percepire il carattere strutturale della crisi, e di conseguenza anche le nuove urgenze politiche che ne derivavano, eravamo in pratica solo noi sia perché fu presto evidente, nonostante che la storia nel frattempo si fosse incaricata di fare chiarezza su alcune delle questioni che erano state all'origine della frattura, quali per esempio la natura dell'Urss o delle cosiddette guerre di liberazione nazionale, che gli strascichi della scissione del 1952 avevano innalzato un muro di incomunicabilità che impediva anche l'avvio di una semplice fase di discussione e di dibattito necessario per una serena valutazione critica del reale spessore delle divergenze.

Nel corso degli anni successivi, apparve poi sempre più evidente che non solo le divergenze di un tempo non erano state superate, ma che a quelle altre se ne erano aggiunte.

Individuo e Specie

Era accaduto che, nel suo tentativo di "restaurazione" del marxismo e di definizione dei tratti fondamentali della società comunista in contrapposizione alle mistificazioni staliniste e al capitalismo di stato russo spacciato per socialismo, Bordiga indagando, sulla base di una lettura forse un po' troppo formale dei Manoscritti del 1844 e dei Gundrisse di Marx, il rapporto tra individuo e specie, era pervenuto alla conclusione che l'approdo alla Gemeinwesen (la comunità) consisteva nel superamento, anzi nel dissolvimento dell'individuo nella specie che pertanto in quanto tappa conclusiva dell'intera vicenda umana assume il carattere di una categoria distinta e autonoma dagli individui che la compongono.

Precisiamo subito che il nostro interesse per tale questione non è di tipo filosofoco-speculativo, ma nasce dal fatto che è proprio dalla errata comprensione del concetto di specie che il bordighismo, in questo in continuità con Bordiga, ha meccanicisticamente dedotto la sua concezione del partito comunista e dello stato proletario e che noi respingiamo perché pur elaborata quasi come l'antidoto contro i processi di degenerazione che avevano travolto l'esperienza russa, finisce per essere una costruzione metafisica che lungi dal raggiungere gli obbiettivi prefissati da il là a una inarrestabile deriva metodologica verso l'idealismo hegeliano.

Nei manoscritti del 1844, Marx è estremamente chiaro:

La vita individuale dell'uomo e la sua vita come essere appartenente ad una specie non differiscono [il corsivo è di Marx ndr] tra loro, nonostante che il modo di esistere della vita individuale sia - e sia necessariamente - un modo più particolare o più universale della vita della specie, e per quanto, e ancor più, la vita nella specie sia una vita individuale più particolare o più universale. (1)

Qui vi è senz'altro in Marx - come rileva O. Damen (2) - una certa influenza hegeliana, ma giusto appunto nella forma espositiva. Nel merito, come si può costatare, è invece negata ogni possibilità di assumere il concetto di specie come una categoria a sé, distinta e autonoma dagli individui in carne ed ossa. Ma anche nei Gundrisse e nell'Ideologia Tedesca, l'assunzione degli individui in una qualsivoglia categoria che li superi è sempre negata salvo che - dice Marx:

... Si considera filosoficamente [il corsivo è di Marx] questo sviluppo degli individui nelle condizioni comuni di esistenza degli ordini e delle classi che si susseguono nella storia, e nelle idee generali che perciò vengono loro imposte, ci si può facilmente immaginare che in questi individui si sia sviluppata la specie o l'uomo, o che essi abbiano sviluppato l'uomo: modo di immaginare che schiaffeggia sonoramente la storia. (3)

Per Bordiga, invece, forse per il prevalere in lui di quella sua - come scrive O. Damen - "metodologia basata sul dato matematico proprio della scienza" (4), gli individui nel loro sviluppo storico tendono proprio a scomparire negli insiemi cui essi danno vita, o sono costretti a dar vita, diventandone una parte, anzi la parte subordinata al tutto. L'insieme, che in realtà esiste soltanto perché individui determinati lo costituiscono e che quindi non può in alcun modo essere distinto e autonomo da essi, viene invece assunto non come una categoria astratta, ma come un nuovo soggetto autonomo rispetto agli elementi che lo compongono e che perciò stanno ad esso come le singole cellule al corpo umano. L'astrazione cioè prende il posto della realtà come è proprio della dialettica hegeliana.

Utilizzando la stessa metodologia, per esempio, alcuni suoi eredi sono pervenuti a teorizzare l'esistenza di una memoria e di un cervello sociali distinti e separati da quelli degli individui:

Seguendo questo filo - essi scrivono - è naturale domandarsi come possa espandersi la capacità di memoria dell'uomo se il cervello biologico non si espande. È chiaro a questo punto che la parola "uomo" assume il significato di specie e che la memoria non solo diventa un fatto sovra-individuale, nel senso che appartiene a più individui, ma che essa nel corso dell'evoluzione si stacca dagli individui stessi per diventare qualcosa di completamente nuovo rispetto al serbatoio cerebrale o alla capacità collettiva di registrazione e trasmissione. (5)

Verrebbe di dire: ecco lo spirito!

Ora, l'astrazione è senza dubbio un mezzo efficace e scientificamente molto utile per approfondire la conoscenza del mondo reale, ma se, a sua volta, viene assunta come reale e come tale operante, il mondo si costella di una sequela infinita di fantasmi a dispetto delle premesse materialistiche da cui ci si muove o si suppone di muoversi. Anche il concetto di classe, per esempio, è un'astrazione che ci consente di capire come gli individui, data la divisione del lavoro e i rapporti di produzione vigenti, si collochino nel processo produttivo e come di conseguenza si relazionino fra loro, ma ciò esclude che gli individui in quanto tali si dissolvano nella classe o che, generazione dopo generazione diano vita a un nuovo soggetto e cessino di esistere come individui, cioè come soggetti determinati per divenire individui-oggetto, parte del nuovo soggetto (la classe) a cui avrebbero dato vita.

I singoli individui - scrive invece Marx - formano una classe solo in quanto debbono condurre una lotta comune contro un'altra classe; per il resto essi stessi si ritrovano l'uno contro all'altro come nemici, nella concorrenza. (6)

Gli individui cioè restano sempre delle unità determinate e distinte le une dalle altre. E il fatto che non scelgano l'appartenenza a una determinata classe, ma vi fanno parte - come dire? - per causa di forza maggiore e che questa condizione gli si contrapponga, non significa che cessino di esistere come tali. Marx parla di individui "sussunti sotto di essa" proprio per sottolineare la subordinazione degli individui a quell'insieme di condizioni materiali che li accomuna in una determinata classe. Si tratta cioè di sottolineare che siamo in presenza di un'imposizione, di una coercizione e non della nascita di un nuovo soggetto frutto della somma dei singoli soggetti quale l' "Operaio-collettivo" o "il Proletariato" o, peggio di una tappa sulla strada del suo superamento. In realtà, solo e in quanto gli individui sono in essa sussunti che...

la classe acquista a sua volta autonomia di contro agli individui, cosicché questi trovano predestinate le loro condizioni di vita, hanno assegnato dalla classe la loro posizione nella vita e con essa il loro sviluppo personale. (7)

Dalla giusta negazione di questo individuo ridotto dal capitale a un semplice ed isolato atomo, Bordiga perviene invece alla negazione dell'individuo in generale. Nella foga di condannare l'individualismo borghese, egli nega l'individuo come unità compiuta e distinta da tutti gli altri individui.

Se la persona è in pericolo, in effetti essa non è che un vaneggiare millenario degli uomini nelle ombre che li dividono dalla loro storia di specie... (8)

La negazione dell'individuo, cioè, è assunta non come la negazione della condizione che gli è propria in quanto sussunto in una classe subalterna, ma come il prodotto di un processo storico il cui approdo dovrà essere il suo superamento nella specie.

In una delle famose cinque lettere, per esempio, Bordiga contesta a Damen la definizione di classe come insieme di individui preferendo a questa quella di "classe-rete" che presuppone - come rileva L. Grilli - "i rapporti sociali di produzione, come se fossero autonomi dagli essere umani" (9). La società cioè è intesa "come oggetto" e il capitale come soggetto.

Per Bordiga l'isolamento in cui il capitale costringe l'individuo, la sua oggettivazione corrisponde in qualche modo anche con la sua fine. Da qui, quindi, la ricerca affannosa di altri soggetti che lo possano sostituire poiché è evidente che se gli individui scompaiono non possono neppure fare la rivoluzione, acquisire una coscienza comunista e tanto meno costruire il socialismo. In quanto massa informe, il proletariato non può avere altri orizzonti che non siano quelli in cui il capitalismo lo costringe.

Il Partito Demiurgo

Ora, soltanto introducendo nella fucina della storia qualche fantasma, un qualche nuovo soggetto che sostituisca gli uomini in carne ed ossa è possibile uscire da questo vero e proprio vicolo cieco. Nella fattispecie, si tratta di introdurvi l'artefice della rivoluzione e chi meglio del Partito può assolvere a questo compito? Ecco quindi: il Partito! Rigorosamente con la P maiuscola e, poi per i suoi epigoni, anche rigorosamente "organico".

Come Platone per ovviare alla imperfezione degli uomini, introduce nella fabbrica del mondo sensibile il Demiurgo; Bordiga per ovviare alla loro reificazione, introduce nella fucina della storia il Partito. E come il demiurgo plasma la materia, collocandosi a metà strada fra essa e il mondo delle idee da cui attinge l'ispirazione creatrice, così il Partito fa la rivoluzione attingendo all'invariante corpo di tesi del marxismo restaurato e utilizzando il materiale umano che la realtà gli mette a disposizione. Il Partito è, dunque, qualcosa di più e di altro che l'organizzazione politica dell'avanguardia della classe. Non è un collettivo di uomini determinati che porta perciò con sé tutti i pregi e difetti degli uomini, ma qualcosa che, grazie alla sua "unitarietà qualitativa universale", li supera e li sovrasta.

... Il Partito che noi siamo sicuri di veder risorgere in un luminoso avvenire sarà costituito da una vigorosa minoranza di proletari e di rivoluzionari anonimi. Che potranno avere differenti funzioni come gli organi di uno stesso essere vivente, ma tutti saranno legati, al centro e alla base, alla norma a tutti sovrastante ed inflessibile di rispetto alla teoria... (10)

Non deve stupire, quindi, che Bordiga sostituisca la dittatura del proletariato con quella del partito. La prima, infatti, è necessaria soltanto se si considerano gli individui come soggetti attivi che una volta che hanno modificato le condizioni materiali della loro esistenza producono una nuova coscienza sociale e poiché ciò può avvenire soltanto mediante "un movimento pratico" (11), necessariamente essi stessi devono esercitare il potere, cosa possibile solo mediante quella particolare forma di stato che è il semi stato proletario.

A filo di materialismo storico, dunque, non può esservi produzione di una coscienza comunista senza la dittatura del proletariato, esercitata dal proletariato stesso.

La seconda, la dittatura del partito, è invece perfettamente coerente con la premessa che neppure a rivoluzione fatta il proletariato-oggetto, immerso nel fango dell'individualismo economico e del corporativismo, potrà pervenire a una autentica coscienza comunista e alla costituzione di una vera comunità di uomini liberi. Questa può essere solo il frutto della dittatura del Partito-demiurgo, di quel partito "in cui vive anticipata la società futura senza classi e senza scambio" (12) e che in quanto tale, cioè depositario della teoria e della coscienza comunista, non ha bisogno né di regole, né di congressi, né di votazioni. Il partito, di fatto, è il suo stesso programma che si sostanzia della teoria sua invariante e indiscutibile e a cui tutti debbono sottostare almeno fino a quando...

in quella costruzione grandiosa [il comunismo] l'individualismo economico viene cancellato ed appare l'Uomo sociale, i cui confini sono gli stessi dell'intera società umana, anzi della sua specie. (13)

Per l'individuo, insomma non c'è scampo: prima oggetto del capitale, poi del partito, infine del fantasma della specie. Per Bordiga, infatti, non ci sono dubbi: il comunismo non è quella comunità in cui finalmente gli individui, prendendo nelle loro mani il loro destino, possano realizzarsi in quanto tali e senza che ciò implichi la subordinazione e lo sfruttamento di altri uomini; ma è il regno della specie.

Altro che marxismo restaurato nella sua interezza! Qui siamo approdati sulla spiaggia affollatissima del più classico idealismo e per certi versi a una sorta di neoplatonismo che con il materialismo storico ha davvero poco a che fare.

Nella comunità - scrive Marx - dei proletari rivoluzionari, invece, i quali prendono sotto il loro controllo le condizioni di esistenza proprie e di tutti i membri della società, è proprio l'opposto: ad essa gli individui prendono parte come individui. È proprio l'unione degli individui (naturalmente nell'ambito del presupposto delle forze produttive attualmente sviluppate) che mette le condizioni del libero sviluppo e del libero movimento degli individui sotto il loro controllo, condizioni che finora erano lasciate al caso e che si erano rese autonome di contro ai singoli individui, attraverso la loro necessaria unione, che era data con la divisione del lavoro ma che per la loro separazione era diventata un vincolo ad essi estraneo. (14)

Come si può vedere non vi è in Marx un solo varco, un solo appiglio che possa giustificare l'idea che nel comunismo l'individuo si dissolva nella specie.

Anzi, ancora nell'Ideologia Tedesca, quasi paventando che qualcuno potesse avanzare simili concezioni, scrive:

Questa concezione può a sua volta essere formulata in maniera speculativo - idealistica, ossia fantasticamente, come "autoproduzione della specie" (la società come oggetto) e quindi la serie susseguentesi di individui che stanno in connessione può essere immaginata come un singolo individuo che compie il mistero di produrre se stesso. Appare qui che gli individui, certo, si fanno l'un l'altro, fisicamente e spiritualmente ma non fanno se stessi, né nel nonsenso di san Bruno né nel senso dell' "unico", dell'uomo. (15)

È nostra profonda convinzione che prima o poi la battaglia per il comunismo si riaccenderà; ma siamo altrettanto profondamente convinti che ciò avverrà soltanto se nella sua realizzazione milioni e milioni di donne e di uomini intravederanno uno soluzione reale e moderna agli altrettanto reali problemi della loro esistenza. La prospettiva di essere sussunti in un'altra astratta categoria e sottomessi a qualche gruppo di dittatorelli sedicenti comunisti - giacché, se attuate, a questo porterebbero queste fantasiose concezioni del comunismo poiché programmi e norme senza gli uomini in carne e ossa che li fanno vivere, li elaborano e li interpretano sono pura fantasia - potrà anche affascinare qualche intellettuale amante della speculazione filosofica, ma non potrà mai costituire una seria alternativa all'attuale marciume borghese.

Giorgio Paolucci

(1) K. Marx - I manoscritti economico-filosofici del 1844 - pag. 114-115 - Ed. Einaudi - 1968.

(2) Vedi: O. Damen - Bordiga - pag. 184 - Ed. Prometeo.

(3) K. Marx - F. Engels - L'Ideologia Tedesca - pag. 63 - Editori Riuniti - Opere Complete Vol. V.

(4) O. Damen - op. cit. pag. 21. Per un approfondimento di questo aspetto rinviamo nello stesso volume alla lettura del capitolo Gli Assoluti del Neo-Idealismo.

(5) Il cervello sociale - N+1 - n. 0 maggio 2000.

(6) K. Marx - Op. cit. - pag. 63.

(7) Ibidem.

(8) Da il Programma Comunista n. 22 - 1958.

(9) A.A. V.V. - Amadeo Bordiga nella storia del comunismo - Edizioni Scientifiche italiane - pag. 338.

(10) Da Il Programma Comunista - cit.

(11) K.Marx op.

(12) Da P.C. cit.

(13) Da A. Bordiga - Testi sul Comunismo Ed. La vecchia Talpa - pag. 26.

(14) K. Marx op. cit. pag. 66.

(15) Ibidem pag.37.

Prometeo

Prometeo - Ricerche e battaglie della rivoluzione socialista. Rivista semestrale (giugno e dicembre) fondata nel 1946.