Il congresso dei DS: una veloce corsa verso il liberismo

Si è svolto a Pesaro, dal 16 al 18 novembre, il 2° congresso dei Democratici di sinistra. I delegati erano, per l'occasione, divisi in tre mozioni: quella di Fassino, che ha ottenuto la maggioranza dei consensi (62 per cento), quella di Giovanni Berlinguer (34 per cento), detta il "correntone" per la sua corposa composizione includente la sinistra Ds, alcuni centristi e alcuni veltroniani e quella del liberal Morando (4 per cento). La linea di Fassino e d'Alema si orienta più decisamente su un terreno che non è neanche a parole riformista, vuole cioè indirizzare la sua politica ai fini di ottenere consensi nei settori del lavoro indipendente e della borghesia industriale e finanziaria. Ribadisce e accelera cioè la via produttivistica e competitiva, di subordinazione del lavoro ai criteri dell'accumulazione capitalistica. Invece il correntone di Berlinguer, Tortorella, Folena e Bassolino, Salvi, punta a riequilibrare il partito sui temi formali dei diritti dei lavoratori e dei ceti deboli, appoggiato fortemente da Cofferati e dalla CGIL notevolmente spiazzata, nel suo ruolo di contenimento della rabbia operaia nei canali istituzionali, dai duri attacchi del padronato e dunque costretta a criticare i nuovi provvedimenti del governo di centrodestra in materia di flessibilità del lavoro e di contratti. La sinistra Ds ha in mente un assetto interno federativo proprio per allargare l'unità del partito, nel senso del pluralismo e di una maggiore articolazione del dibattito interno e del consenso su temi scottanti, come la guerra, che possono creare problemi di indirizzo unitario in Parlamento e fughe a sinistra. Quindi la rottura del centralismo "socialdemocratico" dei Ds va nella direzione di coordinare meglio le proprie componenti e gli interventi nella società, soprattutto verso il movimento no-global e i metalmeccanici che sono scesi in sciopero e hanno manifestato il 16 novembre. Difatti il "correntone" vuole riaprire i contatti della Quercia con l'esterno, cioè valorizzare l'esperienza di iscritti e simpatizzanti che operano nei settori dell'associazionismo, della cooperazione, dei movimenti, della scuola e della cultura. Ovviamente la maggioranza, trasportata dalla vittoria della sua linea e forte del suo potere avrebbe voluto lo scioglimento della componente di sinistra, perciò D'Alema, appena eletto presidente del partito, è subito partito all'attacco specialmente sulla linea di politica estera e l'appoggio alla guerra che, secondo la maggioranza, va sostenuta senza condizioni, non va in alcun modo contrastata, pena la non sintonia con gli altri paesi europei e la perdita di credibilità internazionale. Il neosegretario eletto Fassino ha tuttavia apprezzato il forte spirito unitario di Berlinguer, il quale ha posto tiepidamente anche alcune riserve sulle aperture nei confronti di Amato e i socialisti (ma, ci chiediamo, i Ds non sono già nella Internazionale socialista?), ma ha prontamente ribadito di non aver alcuna intenzione di separarsi e di non volersi affatto ritirare a vita privata, come a fare intendere il carattere di manovra puramente tattica ed elettorale dell'intera operazione.

La logica stessa delle mozioni, non trattandosi affatto di scontro tra rivoluzionari e riformisti, ma di due modi differenti di interpretare la sconfitta elettorale, in ultima istanza non fa che tendere a rafforzare, attraverso il pluralismo, il partito stesso e la sua linea politica fortemente orientata al sostegno dell'imperialismo europeo, da un lato e, dall'altro, all'abbattimento dei costi nei settori sociali della sanità, pensioni, lavoro, scuola. L'approdo neoliberista è così salvaguardato e consolidato con una copertura a sinistra utile a contrastare quell'emorragia di voti di lavoratori che sempre più massicciamente si rifugiano nell'astensionismo. Proprio per garantire la riuscita di una operazione di rilancio di immagine, innovativa, efficiente, scaltra e manageriale, nel mercato della politica per riconquistare il governo del paese. Tali alchimie politiciste, tipiche della politica odierna della classe dominante, servono solo a mascherare gli imbrogli dell'opportunismo socialdemocratico e/o stalinista e caratterizzano la svolta "modernizzatrice" di Fassino come nettamente e cinicamente antioperaia. Con l'intento infatti di conquistare i ceti medi e i gruppi emergenti i Ds approdano definitivamente sulla sponda del più bieco servilismo piccolo-borghese.

sb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.