Omicidio Biagi - Il terrorismo di nuovo alla ribalta

Ancora una volta il cronometro della provocazione ha scandito i tempi e i modi del confronto sociale. Ancora una volta i voli degli avvoltoi si stringono attorno ad un cadavere poco eccellente ma sufficientemente importante da scatenare le solite, odiose, strumentalizzazioni. Il Governo inveisce contro la "sinistra" rea di evocare, con il suo comportamento, lo spauracchio del terrorismo, la "sinistra" in veste sindacale, lamenta di essere sempre stata la vittima principale del terrorismo.

Successo il fattaccio, come recita un vecchio e ormai obsoleto copione, ma evidentemente sempre riproponibile perché efficace o semplicemente perché si difetta di fantasia, si scatena il gioco delle parti. Le lotte e le mobilitazioni latitavano da anni, da quando cioè i vari Governi di centro sinistra erano riusciti a far passare di tutto contro la forza lavoro senza riempire le piazze di manifestati. Questo era il loro compito e a questo sono egregiamente serviti. Lo stesso compito deve ora essere ultimato dal Governo di centro destra ma le piazze ribollono, la gestione sociale diventa più difficile e l'atto terroristico giunge puntuale a calmierare la situazione, da qualunque parte provenga, e chiunque ne sia direttamente o indirettamente il responsabile. Le coincidenze cronologiche e di ambiente politico sono così legate da rapporti di causa ed effetto da non poter essere considerate accidentali nemmeno da chi vive con i piedi su Marte e la testa nella Luna.

Che in circolazione ci siano personaggi politici che confondono il terrorismo con la lotta di classe, che concepiscono "l'atto esemplare" come innesco delle lotte nel più ottuso e idealistico dei progetti politici, è possibile. Ma è anche verosimile, ammesso che le cose stiano in questi termini, che i Servizi Segreti "deviati" (quando mai, hanno sempre fatto il loro sporco lavoro al meglio e al servizio del potere politico di turno) abbiano chiuso non uno ma cento occhi. Marco Biagi era nel mirino delle presunte Br da almeno un paio di anni, aveva ricevuto recentemente minacce di morte, le informative del caso erano giunte agli organi di Governo competenti, nulla è stato fatto se non prendere la decisione di togliergli la scorta.

Non sta certamente a noi commentare le decisioni prese e le ragioni che le sottendono, non c'interessa nemmeno spendere due parole in più rispetto alla presunta o reale rinascita delle Br e di quell'arcipelago terroristico figlio dello stalinismo e della storica sconfitta proletaria nazionale e internazionale, illusa prima dalle sirene del falso comunismo e, dopo il suo crollo, gettata nelle mani di un imbelle riformismo, sia nella conservatrice versione di D'Alema e soci, sia in quella impraticabile del radicalismo no global. Ma una cosa è certa: l'anomalia dell'uccisione di Biagi.

La prima anomalia consiste nel fatto che l'atto di uccisione di un collaboratore del Governo (Biagi) che lavorava sulla ridefinizione dei rapporti tra capitale e forza lavoro, non avviene quando è in atto un accordo tra le parti (Governo e opposizione) ma, al contrario, quando il conflitto è aperto. Non succedeva come all'interno del Governo D'Alema (D'Antona) quando le riforme contro i lavoratori trovavano consenziente il Sindacato, ma avviene a termini rovesciati. Prima di questa situazione politica aveva la scorta, dopo le reiterate minacce di morte ricevute, gliela hanno tolta. Il Ministro degli Interni Scajola ha scaricato la responsabilità sul prefetto, il quale, a sua volta, ha detto di aver rispettato gli ordini provenienti dal Ministero. Il capo della Polizia De Gennaro si è giustificato dicendo che le scorte non servono a risolvere il problema del terrorismo, per ciò sono inutili. Se è mancata l'analisi della situazione, o se la vicenda si configuri come una voluta e studiata negligenza nei confronti di un collaboratore dello stato nell'esercizio delle sue funzioni, che proprio per questo, prima è stato lungamente minacciato e poi ucciso, non cambia di molto le cose. Anche perché, se così fosse, la confezione e l'esecuzione dell'omicidio avrebbero più mani, quelle rozze del terrorismo nella seconda fase, quelle più affusolate, da scrivania, nella prima.

Mani a parte la situazione è grave. È grave che l'omicidio si collochi nel bel mezzo dell'attacco alle condizioni di vita e di lavoro del proletariato. È ancora più grave che nel momento in cui qualcosa si muove nella direzione contraria alle aspettative della borghesia, la bomba, l'attentato o il morto come in questo caso, puntualmente si presentino. È gravissimo che una possibile ripresa della lotta di classe venga soffocata sul nascere da terrorismi che se fossero veri farebbero solo del male al già martoriato proletariato, e che se fossero inventati o guidati, al danno aggiungerebbero la beffa.

I percorsi della ripresa della lotta di classe devono partire da lontano, dai luoghi di lavoro, dalla coscienza di essere degli sfruttati e quindi antagonisti al capitale, alle sue leggi economiche e alle sue necessità di sopravvivenza concorrenziale. Deve riempire le piazze contro l'imbelle riformismo della "sinistra" ufficiale che tutto ciò ha avallato e giustificato. Deve guardarsi dalle sirene del radical riformismo che pretende di ottenere dal capitalismo comportamenti che non gli sono propri, illudendola che sia possibile riformare la società capitalistica senza intaccare i rapporti di produzione capitalistici. Deve crescere nella prospettiva di dare un'alternativa ad un mondo che le offre soltanto incertezze economiche e sociali. Le uniche certezze sono il maggior sfruttamento, la precarietà del lavoro, ed in prospettiva, maggiore miseria e minore sicurezza sociale. Proprio per questo la ripresa della lotta di classe non deve essere incanalata contro un fantomatico terrorismo, causa di tutti i mali sociali, per fare quadrato attorno alle solite istituzioni democratiche. Il gioco è vecchio, risale agli anni settanta, quando la lotta al terrorismo è servita a mascherare le prime politiche dei sacrifici, per convincere i proletari a subirle in nome della difesa della società e dei suoi valori e per denunciare come collusi al terrorismo tutti quei proletari che nei posti di lavoro tentavano di resistere all'attacco del capitale. Altra è la strada, non bisogna ricadere nel solito tranello. In questo difficile percorso ci si deve anche guardare da tutti quegli ostacoli che l'avversario di classe metterà in campo ogni volta che si oserà alzare la testa, anche se solo per rivendicare un minimo miglioramento o per resistere ad una palese ingiustizia. Questo di Biagi ne è uno, due con quello di D'Antona, ma non saranno gli unici né i più gravi. Più si estenderà l'opposizione, più dovesse crescere una lotta di classe forte e determinata e più saremo costretti a vederne delle belle. Ancora una volta l'immaginazione è destinata ad essere superata dalla realtà.

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Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.