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Home ›Risoluzione 1511: Onu, Europa e Usa alla ricerca di un compromesso che non arriva
La montagna ha partorito il topolino. Il dopo guerra iracheno sembra essere ancora più conflittuale del periodo che l'ha preceduto, sia nel territorio occupato dalle milizie anglo americane che in ambito internazionale per quanto riguarda i futuri aspetti economici e strategici dell'Iraq. Nonostante l'Onu abbia approvato all'unanimità la risoluzione 1511 con la quale si è arrivati a un precario compromesso tra gli Usa, alcuni paesi europei del fronte del No alla guerra e la stessa Onu che dalla guerra era stata esautorata sia militarmente che politicamente, il clima di conflittualità non si è abbassato. In termini semplici, la risoluzione 1511 recita che l'Onu riacquista formalmente un ruolo nella gestione post bellica dell'Iraq: amministrerà la questione umanitaria, gestirà congiuntamente alla Banca Mondiale un'Agenzia di fondi provenienti dai paesi donatori per la ricostruzione economica e per le infrastrutture del paese. Poco, certo, ma in confronto all'umiliante nulla di prima, sembrerebbe una piccola rivincita se non addirittura una vittoria. In compenso, al mercato delle vacche, l'Onu concede l'imprimatur e la copertura sul piano del diritto internazionale agli Usa, conferendo quell'autorità e quel diritto di rimanere in territorio iracheno che, prima e durante la guerra, erano stati loro negati. In più si consente agli Usa di amministrare attraverso l'Autorità Provvisoria, in altre parole il Governo Chalabi filo americano, il Fondo per lo sviluppo, finanziato con la vendita del petrolio iracheno, i fondi provenienti dallo Stato e dalle imprese americane e, manco a dirlo, tutti i diritti di prelazione della complessa questione petrolifera, sempre che le cose si mettano nel giusto verso.
Anche Francia, Germania e Russia hanno apposto la loro firma in calce alla risoluzione 1511, tutto bene? No, nemmeno per sogno. I tre maggiori paesi europei del Fronte del No hanno seguito il sentiero del compromesso precario e contraddittorio per tamponare una situazione di fatto che li vedeva completamente esclusi da qualsiasi ruolo nella ricostruzione e nello sfruttamento del petrolio iracheno. Contribuendo a dare un briciolo di ruolo e d'autorità all'Onu hanno inteso tamponare lo strapotere americano nell'area e, pur firmando, si sono rifiutati di concedere anche un solo centesimo al Fondo per lo sviluppo, e soprattutto, hanno dichiarato di non inviare un solo uomo a sostegno dell'armata internazionale che dovrebbe consentire al governo Usa di spendere di meno e di ottenere i suoi risultati con l'aiuto degli alleati concorrenti. Non un soldo, non un uomo, si al reingresso dell'Onu in Iraq nella speranza di trovare quegli spazi d'intervento politico e di presenza economica finora assolutamente inibiti dall'arroganza americana.
Tutto come prima o quasi, come inalterati sono rimasti i contrasti d'interessi che sono stati alla base dello scontro tra Usa e i maggiori paesi europei, non tanto sulla guerra al regime di Saddam Hussein, quanto sull'aspetto unilaterale della guerra al di fuori e contro l'Onu, ovvero al di fuori e contro gli interessi di tutti gli altri più importanti segmenti capitalistici del mercato internazionale. Per gli Usa, in recessione economica, indebitati sino al collo su tutti fronti, la risoluzione 1511 può essere il mezzo per perseguire i propri interessi di egemonia sul terreno petrolifero, sulla rendita parassitaria legata alla supremazia del dollaro, sulla questione strategica di controllo dello spazio euro asiatico e di accerchiamento della Cina, con spese più contenute e con un uso più modesto di truppe. In contropartita sono disposti a dare un piccolo ruolo all'Onu e le briciole dell'OIL business a qualche partner più difficilmente addomesticabile. Per il Fronte del No l'aver riportato l'Onu sulla scena irachena, anche se in veste ridotta, è interpretato come una piccola breccia praticata nel muro d'egoismo dell'imperialismo americano, nella speranza di riaprire la partita rinegoziando, magari con accordi bilaterali, sotterranei o addirittura segreti, i termini della ricostruzione economica, dei futuri assetti istituzionali e delle spartizioni degli appalti e concessioni del petrolio iracheno e, perché no, giocare anche la partita tra euro e dollaro quale forma di pagamento delle forniture energetiche. La risoluzione 1511 è una ma almeno due sono le letture che se ne fanno dai fronti imperialistici opposti. Intanto chi paga il conto è la popolazione irachena sulla quale si sono abbattute le conseguenze della guerra e del dopo guerra e che quotidianamente versa il suo contributo di fame e di miseria ai giochi delle grandi potenze imperialistiche mondiali.
fdBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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