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Home ›Germania: il ritorno del plusvalore assoluto
Ancora un attacco alla forza lavoro con l'allungamento della giornata lavorativa.
Il fenomeno non è solo tedesco, in tutto il mondo sono all'ordine del giorno l'aumento della giornata lavorativa el'intensificazione dei saggi di sfruttamento in nome della produttività e della concorrenza.
Anche la grande Germania, per decenni punta avanzata del capitalismo europeo, accelera l'attacco alle condizioni di vita e sociali della sua forza lavoro a colpi di contenimento dei salari, di smantellamento dello stato sociale e d'allungamento della giornata lavorativa. Che ad amministrare il processo sia il governo Schroder è solo un dettaglio, la stessa cosa l'avrebbe fatta un qualsiasi altro governo che avesse avuto il compito di gestire le vicende del capitalismo tedesco.
La giustificazione che il governo di Berlino propone a piene mani è la stessa che si sente negli Usa, in Italia o in qualsiasi paese capitalistico avanzato: la concorrenza. Per resistere sul mercato, si dice, occorre essere competitivi, e perché ciò avvenga necessitano investimenti ad alto contenuto tecnologico, maggiore produttività e contenimento del costo del lavoro, altrimenti si soccombe, si entra nella fascia grigia della recessione con tanto di chiusure di fabbriche, licenziamenti ecc. Sarebbe come affermare che i sacrifici che il mondo del lavoro deve sopportare sono necessari e indispensabili agli stessi lavoratori, altrimenti le cose sarebbero ancora peggiori.
Ben detto signor Schoder: questo è il capitalismo, ma con alcune precisazioni. Il moderno capitalismo non può che intensificare e esasperare i meccanismi di sfruttamento. La sua non è una scelta bensì una necessità di sopravvivenza. L'obiettivo non è quello di salvaguardare in qualche modo il mondo del lavoro, pur penalizzandolo, ma di consentire al sistema produttivo di proporsi in termini concorrenziali sul mercato internazionale a spese del proprio proletariato, estorcendo il massimo del pluslavoro possibile.
In regime capitalistico la tecnologia, pur abbassando costi e tempi di produzione, non crea tempo libero per chi lavora, ma lo costringe a ritmi più intensi e a giornate lavorative più lunghe. La maggiore produttività non determina maggiore ricchezza per chi lavora, al contrario aumenta la povertà relativa e quella assoluta. Non crea nuovi posti di lavoro in rapporto all'aumento della produzione, ma, al contrario, impone disoccupazione, flessibilità e precarietà dei posti di lavoro.
La concorrenza, ben lungi dall'essere quel vivido meccanismo di progresso sociale tanto acclamato, rappresenta lo strumento necessario ai vari segmenti del capitale internazionale per imporre il proprio interesse di mercato. L'ultima considerazione riguarda il fatto che il capitalismo tedesco, al pari di quello internazionale, soffre del problema di saggi del profitto sempre più ristretti che esasperano tutti i meccanismi di valorizzazione del capitale.
La difficoltà di ottenere saggi di profitto sufficientemente remunerativi per i capitali investiti costringe il sistema economico ad attaccare la forza lavoro sia sul salario diretto, sia su quello indiretto, con il progressivo smantellamento dello stato sociale, nelle voci della sanità e delle pensioni e con l'allungamento della giornata lavorativa.
In Germania, il contestatissimo governo Schoder ha dato il via ad una serie di misure che vanno in questa direzione su tutto il territorio nazionale, ma con un particolare riguardo ai lavoratori dell'est.
A partire dal prossimo gennaio,1,5 milioni di disoccupati di lungo periodo, che precedentemente percepivano un sussidio proporzionato all'ultimo stipendio, dovranno accontentarsi di un assegno sociale minimo pari a 331 euro. Il passo successivo consiste nell'obbligo per tutti i disoccupati di accettare qualsiasi tipo di lavoro anche se pagato il 30% in meno. Per quelli che non hanno la fortuna di entrare in questa categoria, ci sono i cosiddetti lavori socialmente utili, pagati la bellezza di un euro l'ora. Come se non bastasse, procede speditamente la riforma delle pensioni, si chiudono scuole e asili nido e ci sono sempre meno risorse per l'assistenza sociale.
I bassi saggi di profitto esasperano la concorrenza, che a sua volta impone un'intensificazione dello sfruttamento della forza lavoro in termini d'allungamento della giornata lavorativa.
Sempre nella grande Germania di Shroder, la proposta di alcuni settori della borghesia industriale è quella di sancire, attraverso contratti generali, il passaggio dalle 35-38 alle 40 ore lavorative per settimana. Qualora l'orario fosse già a quei livelli, la richiesta sarebbe di portare il numero di ore lavorative a 42. I settori interessati sono quelli trainanti come la Siemens, l'Opel e la Daimler-Chrysler. Con gli straordinari e la turnificazione dei sabati si arriverebbe a sfiorare le 50 ore settimanali, riportando così l'orario effettivo di lavoro agli anni dell'immediato dopoguerra e oltre.
Per i capitali ad investimento produttivo che operano nel mercato tedesco, al pari di quello internazionale, non è più sufficiente estorcere pluslavoro solo attraverso l'impiego di nuove tecnologie, che, a parità di salario o ad aumenti salariali inferiori all'aumento della produttività, aumentano la massa dei profitti, ma ne deprimono il saggio. Ora è necessario allungare anche la giornata lavorativa con salari in aumento programmato ben al di sotto dell'incremento produttività, con salari fermi o addirittura diminuiti, per tentare di recuperare quei margini di profitto che da decenni minano il sistema produttivo capitalistico.
Al plusvalore relativo si deve aggiungere il plusvalore assoluto per la salvezza del capitalismo. Chi paga è sempre il proletariato, il quale si trova nell'assurda posizione sociale di produrre sempre di più, a costi sempre minori e di vedersi progressivamente limitare l'accesso ai consumi di merci e servizi. In compenso, subisce ritmi di sfruttamento più intensi con giornate lavorative più lunghe per ricevere in cambio disoccupazione e precarietà lavorativa.
Anche i Sindacati, come al solito responsabilmente attenti alle compatibilità del sistema, si sono fatti carico delle necessità del capitalismo.
L'Ig Metal ha già firmato accordi che prevedono consistenti tagli alle tredicesime, l'allungamento dell'orario di lavoro settimanale sino a 47 ore e nessun aumento in busta paga. In Europa non si è da meno; ad esempio, in Olanda, il ministro dell'economia ha auspicato il ritorno ad un minimo di 40 ore. In Belgio, nel settore delle fonderie, la proposta è quella di salire dalle attuali 36 alle 40 ore. La stessa cosa succede in Svezia, Francia e Norvegia. Per il momento in Italia la questione latita, anche se in nuovo presidente della Confindustria, Montezemolo, ha già dichiarato che occorre ripristinare i livelli di competitività, per i quali la questione dell'orario è fondamentale, attraverso la concertazione con i Sindacati. Lo slogan che la borghesia internazionale propone al mondo del lavoro suona in questi termini: lavorare in pochi, molto più a lungo e a salari più bassi. Questo è quanto il capitalismo può dare nella fase attuale; e pensare che ci avevano raccontato che con l'avvento del computer e della rivoluzione tecnologica ci sarebbero state ricchezza e prosperità per tutti.
fdBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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