Lo scontro borghese strazia la Russia - Terrore armato e terrore sociale sul proletariato

L'articolo che segue era stato scritto prima della strage di Breslan, ma questo tragico evento non fa che confermare quanto andiamo dicendo

Ancora una volta centinaia di persone inermi, e in maggioranza bambini, sono state letteralmente utilizzate come carne da macello nella lotta tra opposte fazioni borghesi.

Il terrorismo islamico si nutre della ferocia e della disperazione sparse a piene mani dai generali russi in Cecenia, ma è sempre stato finanziato da questa o quella banda di oligarchi russi nella reciproca lotta per il potere politico, nonché per il controllo del petrolio e del relativo prezzo, a cui non sono certo disinteressati petrolieri arabi e yankees...

Ma c'è un altro elemento ancora. Oggi, in Russia, si gioca probabilmente un atto decisivo della partita tra due schieramenti borghesi mortalmente nemici. Da una parte, la grande borghesia che vorrebbe continuare nella pura e semplice spoliazione delle risorse economiche del paese, come nell'epoca del "Far West" eltsiniano, per la quale l'unico orizzonte possibile sono la speculazione finanziaria pura e l'esportazione delle materie prime (petrolio, in primis). Dall'altra, la grande borghesia, di cui Putin è espressione, che cerca faticosamente di ricostituire le basi economiche, e quindi industriali, del paese, cosciente che lo strapotere degli oligarchi è diventato un ostacolo per una non più rinviabile stabilizzazione del sistema capitalistico nel suo insieme. "Nuova" borghesia del Kremlino, petrolieri russi, arabi ed americani, signori della guerra allevati dai servizi segreti sono impegnati in una lotta spietata, che non si ferma davanti a nulla, come i corpi martoriati delle vittime di Breslan stanno a dimostrare.

I tragici fatti di sangue che in Russia periodicamente si abbattono sulla popolazione, hanno come effetto "collaterale" quello di monopolizzare l'attenzione dell'opinione pubblica, mettendo in ombra tanto le vere radici del terrorismo quanto le catastrofiche condizioni sociali del proletariato di quel paese. Ma le cose sono strettamente intrecciate. L'infinita guerra in Cecenia alimenta con i suoi orrori la manovalanza del terrore, ma il regista o, meglio, i registi non sono solo tra le montagne del Caucaso, anzi: bisogna cercarli tra le grandi compagnie petrolifere, a Riad, a Washington e, naturalmente, a Mosca. La classe dirigente russa ha messo a ferro e fuoco la piccola repubblica caucasica sia per cercare di anticipare a proprio favore le mosse dell'imperialismo statunitense (e dei loro protetti locali) nel controllo del petrolio e degli oleodotti della regione, sia per distogliere l'attenzione dai gravissimi problemi interni. Patriottismo e lotta al terrorismo servono anche, beninteso, per dare un ulteriore giro di vite alle pallide "libertà democratiche" di cui gode (si fa per dire) la Russia. È risaputo che quando la patria chiama ogni discordia deve cessare e tutti sono chiamati a stringersi attorno alla bandiera, anche se costi e benefici della ritrovata armonia non sono mai ugualmente spartiti: agli uni stringere la cinghia, agli altri riempirsi il portafoglio. Fuor di metafora, il conflitto contro i signori della guerra ceceni contribuisce fortemente a destabilizzare le già disastrate finanze statali, fornendo un pretesto in più alla famelica classe politica per dare gli ultimi colpi di piccone a quel poco che rimane del fu "socialismo reale" ossia dello stato sociale in versione russa.

È noto che con il crollo del "comunismo", cioè del capitalismo di stato, la vecchia classe dirigente è rimasta sostanzialmente al suo posto, dopo essersi convertita con la rapidità del fulmine al dogma neoliberista, privatizzando l'economia e smantellando via via la struttura, forse meno brillante rispetto a quella occidentale, ma capillarmente diffusa, del welfare state. Si è trattato di un immenso saccheggio della ricchezza nazionale a favore di un'estrema minoranza della popolazione: pochi, pochissimi oligarchi - miliardari provenienti dal vecchio apparato politico-amministrativo dell'ex URSS - della classe politica che controlla i governi centrale e regionali e, infine, della medio/alta borghesia, la cui origine non è per niente diversa da quella degli oligarchi.

È altrettanto noto che tutto questo è stato accompagnato da una caduta verticale dei salari e dal dilagare della disoccupazione, solo in parte attenuata dalla diffusione della sottoccupazione e del lavoro nero. In poche parole, una catastrofe sociale che ha investito il proletariato dell'ex Unione Sovietica, rapinato sia del salario diretto (tra l'altro, frequentissimi sono i casi i cui i lavoratori non vengono pagati o solamente dopo diversi mesi) che di quello indiretto e differito: lo stato sociale, appunto.

Nel mese di agosto la borghesia russa ha fatto un altro passo in quella direzione: i due rami del parlamento hanno approvato una serie di misure talmente drastiche che alcuni (vedi il manifesto del 3 luglio e 20 agosto) parlano di genocidio sociale. L'infamia di queste leggi è evidente da sé, visto che vanno a colpire in primo luogo i settori più deboli della popolazione: pensionati, veterani, invalidi saranno privati di una serie di facilitazioni che permettevano loro la sopravvivenza; basta dunque con medicine, protesi, trasporti, casa gratis o quasi. D'ora in avanti riceveranno un assegno fisso mensile - oltre alla pensione - che va dai 550 ai 990 rubli (da 8 a 15 euro!) coi quali dovranno pagarsi le cure mediche, i medicinali e via dicendo. Se la cosa non fosse drammatica, si potrebbe scambiarla per una farsa e per parecchi motivi. Uno è che i medicinali costano troppo, un altro che il corrottissimo apparto burocratico scatenerà la sua fantasia per deviare e stornare a proprio vantaggio quei fondi, un altro ancora che l'inflazione farà un solo boccone di quel miserabile assegno mensile. Si parla di trenta milioni di persone toccate da questi specifici provvedimenti, ma sono molto di più i "cittadini" travolti dall'intero pacchetto di riforme, circa l'80% della popolazione, vale a dire tutto il proletariato. Sanità, scuola, alloggio, pensioni: non c'è settore che non venga violentato in nome del mercato, della mercificazione totale dei servizi sociali, di una presunta efficienza aziendalistica che dovrebbe migliorare le prestazioni dei servizi sociali, liberando risorse per lo sviluppo e la crescita. Per fare un altro esempio, se non è stata alzata l'età pensionabile (com'era stato ipotizzato), in compenso sono stati abbassati i contributi pensionistici versati dai padroni e altre imposte a carico delle imprese, così che le pensioni saranno letteralmente da fame per chi va in pensione prima dei 65-70 anni; ma oggi, in Russia, l'aspettativa media di vita è al di sotto del sessant'anni (Messager Syndical n.27).

La logica che guida questo attacco a tutto campo al proletariato russo è identica a quella delle "riforme" messe in atto da qualunque governo in ogni angolo del pianeta, perché il capitalismo è un sistema economico-sociale generalizzato, così com'è generalizzata la crisi che lo corrode da qualche decennio. L'unica differenza è che nel "Sud" o nell' "Est" del mondo l'attacco è più diretto e violento, perché lì le borghesie hanno meno risorse con cui amministrare la crisi e il proletariato meno "riserve" a cui attingere per ammortizzare le stangate. Ma l'obiettivo è il medesimo: estorcere quanto più plusvalore possibile dalla forza-lavoro nel processo lavorativo, rapinare fino all'ultimo centesimo e oltre il salario indiretto e differito, attraverso la coercizione dello stato e la speculazione finanziaria. Se questo non basta - e non basta - ci sono la guerra, il terrorismo, le stragi di civili inermi, nella lotta mortale tra imperialismo nemici.

Bombardamento della popolazione cecena, bombardamento della popolazione russa, "bombardamento" sociale del proletariato: la Russia è l'anteprima di un comune futuro già fin troppo presente; e tuttavia non ineluttabile. Come tutto ciò che è opera dell'uomo, può essere cambiato, ma solo se il proletariato e il partito rivoluzionario riusciranno nuovamente a saldarsi dopo decenni di drammatica separazione.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.