Le periferie francesi bruciano - Responsabile e' il capitalismo!

In Francia - ma il capitalismo si è da gran tempo... globalizzato e le "preoccupazioni" aumentano ovunque! - vengono al pettine i nodi delle drammatiche condizioni sociali in cui sono costretti milioni di proletari e sottoproletari. Precarizzazione, disoccupazione e miseria sono le uniche prospettive che il capitalismo (statale o neoliberista che sia) è in grado di offrire soprattutto alle giovani generazioni. L'emarginazione, economica e culturale, avanza ovunque nelle periferie delle metropoli, mentre nei "quartieri alti" l'accumulo di ricchezza e l'esibizione di lussi sfrenati reclamano un radicale cambiamento di questa assurda società dove l'astratta "equaglianza dei diritti" tenta di mascherare la realtà della divisione dei "cittadini" in sfruttati e sfruttatori. I ricchi sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri.

Siamo di fronte ad episodi di rivolta, a forme di una ribellione purtroppo cieca e indiscriminata, in qualche caso anche organizzata in "bande", là dove il degrado sociale è di casa, là dove il presente è fatto solo di quotidiane angherie poliziesche e il futuro non è che un buco nero.

Chiaramente, non si può - come il fronte dei "benpensanti" va blaterando - ridurre il tutto ad un movimento di "teppaglie" o di "delinquenti comuni" che fanno della violenza l'unico fine, bruciando ciò che bene o male viene utilizzato dai medesimi proletari e dalle loro famiglie, dalle scuole agli asili e alle automobili degli abitanti del quartiere (ammesso che sia tutto vero e non si tratti anche di azioni di provocatori). Ma anche se oggi i giovani proletari delle periferie francesi danno sfogo alla loro pur sacrosanta rabbia limitandosi ad un'opera di distruzione per la distruzione, neppure mirata verso chi e che cosa andrebbe veramente colpito (il sistema capitalistico), ciò nonostante diventano ripugnanti le ipocrite lezioni di "senso civico" e le poliziesche accuse di "gentaglia" e "delinquenti"

Ciò che si deve rilevare è ancora una volta la mancanza di un riferimento politico di classe, cioè di una organizzazione politica d'avanguardia, il partito, già radicato - anche in misura minima - nel proletariato. Si tratterebbe di quell'indispensabile punto di riferimento politico in grado di indicare e di sostenere i veri obiettivi della lotta di classe.

Altrimenti non possiamo farci illusioni: gli episodi di disperata ribellione rischiano solo di aumentare la confusione tra i proletari, portando alcuni persino a condividere le misure repressive dell'"ordine" borghese. Con la inevitabile conclusione che hanno avuto altre rivolte urbane, e con il perfezionamento delle misure repressive che la borghesia, facendo il proprio mestiere, si prepara ad usare per ogni evenienza; soprattutto in vista di una eventuale ripresa della vera lotta di classe, oggi messa in atto dalla sola classe borghese, da anni all'attacco contro un proletariato disorientato e senza guida.

Ma la repressione non fa che riproporre le condizioni che determinano le rivolte, in presenza della grave crisi che attanaglia il capitalismo. Anzi, diventa sempre più ingannevole l'opera di un riformismo addomesticatore della protesta sociale poiché le risorse disponibili per gettare fumo negli occhi e calmare gli animi diminuiscono costantemente.

Gli interventi cosiddetti sociali si stanno ovunque riducendo all'osso. Non c'è più carne per il proletariato poiché la crisi avanza inesorabilmente. Oggi, al posto degli interventi "sociali" c'è l'impiego sempre più frequente dell'esercito con funzioni di polizia (vedi, per es., New Orleans), la militarizzazione del territorio e le condanne al carcere senza processi e senza appello.

È più che mai urgente rilanciare un moderno progetto politico di vera alternativa al capitalismo, in una parola il comunismo, che sappia superare tutte le contraddizioni di questa irrazionale società. Per questo occorre ricostruire l'organizzazione politica internazionale della classe operaia, di tutto il proletariato, occupati e disoccupati, capace di unificare le diverse lotte e incanalare nel giusto binario dell'anticapitalismo la rabbia e la disperazione di sempre più vasti strati del proletariato mondiale.

Ogni scusante e rinuncia in tal senso - fra quanti pur mostrano la loro attenzione verso questi episodi - rischia di diventare un atto delittuoso verso il proletariato e verso l'obiettivo della sua totale e definitiva emancipazione.

Comunismo o barbarie, non ci sono alternative!

PCInt