Il pericolo ha un nome: dollaro!

Crescono le tensioni valutarie e si intensificano i venti di guerra - Sia della destra sia della sinistra la finanziaria è sempre una stangata

Lo scorso mese di dicembre, a 5 anni dalla sua entrata in circolazione, l’euro ha scavalcato il dollaro nell’ammontare delle banconote in circolazione. Ad annunciare il sorpasso è stato il Financial Times che in un articolo pubblicato in prima pagina alla fine dello scorso anno ha fornito gli ultimi dati relativi al circolante delle due monete.

Secondo il giornale della City, le monete e banconote in euro che circolano sui mercati sono stati nell’ultimo mese pari a 800 miliardi di dollari (circa 610 miliardi di euro), mentre i biglietti verde emessi dal dipartimento del Tesoro statunitense sono stati 795 miliardi di dollari. Sono sostanzialmente due i motivi tecnici del sorpasso dell’euro nei confronti del dollaro nell’ammontare del circolante:

  1. in primo luogo occorre considerare che la popolazione dei paesi che utilizza la nuova moneta europea è più numerosa rispetto a quella degli Stati Uniti;
  2. inoltre incide in maniera determinante la tendenza degli statunitensi a utilizzare maggiormente la moneta elettronica (carte di credito e di debito) rispetto agli europei.

Si tratta di un sorpasso quasi simbolico da parte della moneta europea, ma sintomatico di un quadro monetario e quindi imperialistico in cui il dollaro è sempre di più in grosse difficoltà nel mantenere quel ruolo dominante nel panorama valutario internazionale.

Secondo molti commentatori borghesi il deprezzamento del biglietto verde è dovuto in massima parte a fattori contingenti, come il fisiologico rallentamento dell’economia e la vittoria dei democratici nelle elezioni di medio termine, che dovrebbero esaurire i propri effetti nel volgere di pochi mesi. Secondo questi osservatori nella seconda metà del 2007 la moneta americana dovrebbe subire un discreto apprezzamento tanto che la sua quotazione potrebbero raggiungere 1,20 dollari per un euro, ossia la stessa che aveva prima dell’inizio dell’attuale discesa.

Se andiamo più nel dettaglio della situazione economica statunitense possiamo invece osservare che il dollaro è ancora, nonostante l’attuale deprezzamento, fortemente sopravvalutato. Se in questi ultimi decenni la moneta americana non ha subito un crollo (svalutazione che sarebbe stata invece più che giustificata dai principali parametri dell’economia statunitense) ciò è dovuto alla forza dell’imperialismo statunitense che trae alimento anche dal ruolo giocato dal dollaro nel sistema monetario internazionale.

Ma alcuni nodi stanno arrivando al classico pettine, e anche per gli Stati Uniti si profilano tempi in cui o si onoranore i debiti o si fallisce. È non sono debiti da poco visto che solo quello con l’estero supera del 30% il valore del prodotto interno lordo statunitense; tradotto in numeri significa che la più grande economia al mondo ha contratto con gli altri paesi debiti per un ammontare superiore a 10 mila miliardi di dollari, una vera e propria montagna che rischia di franare e travolgere l’economia americana e con un effetto domino anche quella mondiale. Se al debito estero aggiungiamo il disavanzo commerciale, che negli ultimi tre mesi ha fatto registrare passivi record, possiamo ben capire come la situazione per l’economia statunitense e per il dollaro non sia proprio delle migliori. I due deficit gemelli sono stati finora finanziati grazie al flusso costante di capitali provenienti dall’estero. In maniera particolare il Giappone e la Cina sono i paesi che più di ogni altro hanno contribuito a finanziare i due deficit, esportando negli Stati Uniti merci ed acquistando titoli di stato, obbligazioni o semplicemente investendo sulla piazza finanziaria di New York.

Il potere del dollaro sui mercati valutari è anche determinato dal fatto di rappresentare la moneta più importante nelle riserve delle banche centrali di tutti i paesi del pianeta. Oltre il 65% delle riserve valutarie è denominato in dollari; tutto questo si traduce per gli Stati Uniti nella possibilità di ricevere merci e capitali semplicemente stampando dollari. Negli ultimi anni il peso del dollaro nelle riserve valutarie delle varie banche centrali è rimasto tutto sommato costante, anche se l’euro ha aumentato la propria quota in questi ultimi 5 anni passando dal 18% al 25%, con un’ascesa costante a scapito di altre monete come lo yen o il franco svizzero.

Ma è il rapporto con il prezzo del petrolio che ha contribuito in questi ultimi decenni a conferire al dollaro quello status di dominatore incontrastato nel sistema monetario internazionale. Il dollaro è riuscito a mantenere il proprio valore anche grazie all’alto prezzo del petrolio di questi ultimi anni, e non è un caso che da quando è finita la speculazione sul prezzo del greggio in questi ultimi mesi il valore del dollaro è inesorabilmente sceso.

Se il dollaro è stato il principale strumento attraverso il quale gli Stati Uniti hanno imposto, e tuttora impongono, al resto del mondo il proprio dominio imperialistico, un ridimensionamento del suo costituisce un enorme pericolo per gli interessi statunitensi e la loro supremazia.

Come spesso accade nella storia le potenze imperiali in crisi, pur avendoi motivi della loro crisi origine interna, sono destinate a crollare o quantomeno a ridimensionarsi sotto il colpo di grazia inflitto loro da altre potenze cocnorrenti. Se consideriamo ora la situazione degli Usa e della propria moneta possiamo agevolmente osservare come su scala mondiale stiano maturando tutta una serie di condizioni affinché il dollaro sia scalzato dal suo ruolo dominante, o quanto meno subisca un ridimensionamento tale da mettere in pericolo gli interessi imperialistici degli Stati Uniti. Un primo segnale in tal senso arriva proprio dalla Cina, il paese con le maggiori riserve valutarie in dollari al mondo. Pochi mesi fa e la sua banca centrale ha annunciato che intende riconvertire in euro una quota importante di esse e su questa scia della Cina si sono accodati anche altri paesi, tra i quali il Giappone.

L’altro fronte è quello del petrolio. Sono sempre più insistenti le pressioni di alcuni paesi esportatori di petrolio che esigono di essere pagati in euro anziché in dollari e l’Iran è il capofila di questa cordata che, così facendo, minaccia di rompere l’egemonia del dollaro negli scambi internazionali.

Riduzione delle riserve valutarie e fine del monopolio del dollaro nel commercio internazionale e del petrolioin particolare sono due fattori che rischiano di mettere in fortissimo rischio tutto il meccanismo di appropriazione della gigantesca rendita finaziaria su cui si basa il dominio imperialistico statunitense. Prevenire questo rischio è dunque per gli Usa, che restano pur sempre la maggiore potenza militare del mondo, di vitale importanza pertanto non è difficile prevedere che con il crescere delle tensioni monetarie spireranno sempre più forti anche i venti di guerra e che a farne le speses saranno come sempre i proletari, vittime sacrificali sull’altare del dio profitto.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.